Inconfondibile, Hugo Pratt. Con la sua matita meravigliosa e uno stile narrativo singolare ha incantato e continua a incantare generazioni di lettori. Il suo principale alleato nel gioco è Corto Maltese, il suo personaggio più noto: con quel fare intrigante e fascinoso che hanno solo i migliori attori di cinema (e in effetti è dichiaratamente ispirato da Burt Lancaster), ha sedotto lettori (e lettrici).
Hugo Pratt (1927-1984) è l’unico romanziere (sì, i suoi sono veri e propri romanzi illustrati: ormai lo dicono anche gli accademici), che ha disegnato le sue storie usando linee semplici (tanto bianco e nero, oltre ad acquarelli dai colori tenui) riuscendo a esplorare un universo vasto, in un viaggio fisico e mentale complesso. È riuscito, con Corto Maltese ma anche con altri personaggi, a farci partire, sfogliano le sue pagine, verso una nuvoa “Isola-che-non-c’è”, libera da pregiudizi, schemi e confini.
Il suo è uno di quei talenti difficili da incasellare. Un po’ è colpa della sua vita errabonda: nasce per caso a Rimini, ma i genitori sono veneziani e il padre di ascendenza inglese. È un cittadino del mondo fin nel Dna: un nonno ha origini anglo-francesi, una nonna è turca, un altro nonno ancora è un ebreo sefardita emigrato dalla Spagna. Da quest’ultimo, di professione podologo ma appassionato di poesia, Pratt eredita la passione per i versi e per la cura delle parola: «Nella letteratura quello che mi tocca maggiormente è la poesia. La poesia è sintetica e procede per immagini», dirà in un’intervista. Anche mamma Evelina è fondamentale nell’educazione di Pratt: appassionata di carte, tarocchi, Cabala e Opera, instilla nel figlio la passione per tutto ciò che è esotico e misterioso. L’avventura poi, complice il destino, bussa a casa Pratt: Hugo, a soli dieci anni, va in Africa, dove il padre è ufficiale dell’esercito coloniale italiano in Etiopia. Dal ’37 al ’43 Pratt, con i soldati inglesi e le truppe locali, scopre la magia del deserto e delle oasi, il silenzio e i tamburi tribali, i primi amori e il grande dolore della prigionia e morte del padre.
Il rientro a Venezia è burrascoso e Pratt adolescente, appassionato di disegno e con immagini indelebili nella mente, deve sfogare tutto ciò che ha dentro: comincia a scrivere storie a fumetti, ispirandosi ai maestri americani che venera (Milton Caniff su tutti) e al cinema dell’epoca.
Nasce così Asso di picche, il suo primo lavoro. Ma Pratt è uno che fermo non ci sa stare e così, con un gruppo di amici, se ne va più lontano che si può: in Argentina. Tra tango, biliardo, jazz, amori “libertini” (da cui nascono i primi figli: Lucas e Marina), incontra il grande Hector Oesterheld, noto sceneggiatore: sono gli anni della pubblicazione di Sgt Kirk, l’“amico degli indiani” e Tinconderoga, epopea sui nativi americani. Pratt si abbevera ai giganti della letteratura sudamericana (Borges) e viaggia, viaggia, viaggia: riesce a mantenersi con il suo lavoro, è soddisfatto. La devastante crisi economica dell’Argentina arresta però la sua permanenza a Buenos Aires: Hugo Pratt è costretto a tornare in Italia, si adatta a lavorare al Corriere dei Piccoli ed è dalla nostalgia della pampas e della libertà del Paese tanto amato (dove tornerà e avrà altri due figli: Salvina e Jonas) che nel ’67 nasce l’idea per Corto Maltese, suo innegabile alter ego.
Chi non ha sognato, con le sue avventure di carta tra le mani, di partire con questo eroe sui generis? Tutto comincia con Una Ballata del Mare Salato, uno dei pochi volumi di graphic novel che continua a essere rieditato e tradotto in mezzo mondo. Nata come opera unica e compiuta, ricevette subito un tale riscontro di pubblico e critica da spingere Pratt a ideare sempre nuove avventure: diventeranno 29 in 25 anni di onorato servizio al tavolo di disegno. Un record che nemmeno Pratt si aspettava. Nel giro di poco tempo, Corto Maltese si trasforma in un cult e in un fenomeno culturale: piace ai lettori raffinati e conquista i giovani, uomini e donne, assetati di liberà e anticonformismo. Il marinaio-corsaro Corto (e Pratt con lui) gira praticamente ovunque: dall’Oceania, alle riserve indiane d’America, dalla Siberia alla Cina, passando per l’Isola di Pasqua, l’Africa, il Sudamerica. Intanto lo scrittore, la cui fama è ormai planetaria, si trasferisce a Parigi per tutti gli anni ‘70: la Ville Lumiere lo coccola e lo seduce. Affamato ancora di storie e di vita, a metà degli anni ‘80 si ritira in Svizzera, vicino a Losanna, dove morirà nel ’95, lasciando un archivio-atelier infarcito di disegni, appunti, fotografie, oggetti, ispirazioni dai viaggi reali e da quelli fantastici.
Sulla sua eredità sono stati fatti alcuni pasticci (come sarebbe potuto essere altrimenti, con due compagne, numerosi figli e un lascito notevole?), ma questo è il lato più noioso della storia. Ancora oggi, chi lo ha conosciuto, lo ricorda come una personalità instancabile, un gran viveur, un appassionato di cinema (era molto amico di Federico Fellini e divorava le produzioni hollywoodiane), un profondo conoscitore della fotografia contemporanea, un vorace lettore.
Michel Pierre, storico francese esperto di colonialismo, ha a lungo viaggiato con Pratt e, a oggi, è una delle persone che meglio può interpretare il suo genio. Si deve al suo impegno la realizzazione, a Lione, nell’affascinante Musée des Confluences che ha da poco inaugurato in città, la mostra Hugo Pratt. Linee d’orizzonte (conclusasi a fine marzo, il catalogo è edito da Rizzoli Lizard), una delle più ampie e complete mostre dedicate al grande illustratore italiano.
Allestimento suggestivo, 130 tavole originali (alcune le vedete in queste pagine) e poi acquarelli e un centinaio di oggetti “etnici” provenienti dalla collezione del museo francese e da altre importanti istituzioni prestatrici per farci “toccare” il mondo che Pratt ha visto e poi messo su tavola, per la gioia dei nostri avidi occhi di lettori. La mostra è ben riuscita, ed estremante seduttiva: in Francia Pratt è amatissimo e ancora molto letto e venduto (mentre da noi meriterebbe forse ancor maggior considerazione).
Bene ha fatto dunque Rizzoli Lizard a pubblicare in questi mesi Donne d’avventura, una mini-enciclopedia di signore e signorine, spie e piratesse, selvagge e nobili, pericolose e materne, che sono state co-protagoniste delle avventure di Corto. Si tratta di un omaggio alla sensibilità di Pratt: «È grazie al mio lavoro», ha detto Pratt, «che le donne che ho amato continueranno a vivere, fissate per sempre, belle prigioniere nelle vignette delle mie storie, fino a quando qualcuno aprirà l’album e allora andranno vagabondando nella fantasia del lettore». È vero: Hugo Pratt non c’è più (e trovare oggi un erede all’altezza è impresa ardua), ma la sua arte, un misto di colore, disegno, poesia e avventura, continua a nutrire i sogni dei lettori, ciascuno dei quali alla ricerca della propria isola…
© Riproduzione riservata