Brexit, lo stop dell’Alta Corte inglese: “Deve votare il Parlamento”

Il voto dello scorso giugno è stato solo una perdita di tempo? No, ma la sentenza dell’Arta Corte britannica ostacola il processo e fa volare la sterlina. Resta l’insicurezza dei mercati

La Gran Bretagna fuori dall’Unione europea? Lo scorso giugno il voto popolare, seppur di poco, aveva sancito la volontà degli inglesi di abbandonare l’Ue. Ma la tanto temuta Brexit – che ha portato anche a un repentino cambio al vertice del governo inglese – potrebbe richiedere molto più tempo del previsto. La sentenza dall’Alta Corte inglese ha infatti stabilito che il governo non può dare il via libera al processo di uscita dall’Unione senza il via libera del Parlamento (secondo il premier Theresa May il diritto esclusivo di attivazione dell’Articolo 50 del Trattato di Lisbona, che dà il via a due anni di negoziati formali, spettava esclusivamente all’esecutivo).

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La sentenza dell’Alta Corte, come riportato in un articolo pubblicato da La Stampa, non blocca la Brexit, né ribalta l’esito del referendum del 23 giugno: i deputati non possono, e non vogliono, ignorare il voto di 17 milioni di concittadini. Ma certamente il pronunciamento rende più incerto e più complicato il cammino verso il divorzio da Bruxelles. Probabilmente rallenterà le procedure e potrebbe costringere May a un compromesso e, forse, a una Brexit più soft. A ogni modo il governo ha fatto sapere che andrà avanti con i piani e che farà ricorso alla Corte Suprema. Il governo spera di confermare la tabella di marcia prevista e avviare le procedure entro fine marzo.

La decisione ha fatto scattare il rialzo della sterlina, mentre il governatore della Banca di Inghilterra Mark Carney, nell’annunciare che i tassi sarebbero rimasti invariati, ha spiegato che la sentenza è «un esempio dell’incertezza che caratterizzerà questo processo». Stessa incertezza avvertita anche a Bruxelles. La sentenza rischia di trasformare un caso già senza precedenti in una disputa legale prolungata e, nel frattempo, di tenere in ostaggio l’Ue a tempo indeterminato.

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