Zuckerberg a Roma: “Fare l’imprenditore significa saper imparare”

Ospite alla Luiss, il fondatore di Facebook spiega il proprio modello di imprenditoria ricordando l’importanza di compiere errori. Critiche per la sua scelta di donare 500 mila euro in Adv alla Croce Rossa

Imprenditoria, relazioni umani, la sfida dell’editoria e l’emergenza terremoto: sono questi i temi che Mark Zuckerberg, fondatore e Ceo di Facebook, ha affrontato nel corso del suo incontro a Roma, con gli studenti dell’università Luiss. Zuckerberg ha esordito con una captatio benevolentiae, sottolineando il suo amore per l’Italia e la storia romana: «Ho studiato latino e storia romana al liceo, perché sono un disastro con le lingue e – ha aggiunto, scherzando – il latino ha il pregio che non si deve parlare. Adoro questa città. E la amo così tanto che quando mi sono sposato sono venuto qui in viaggio di nozze. Mi moglie scherzando mi ha detto che eravamo in tre: io, lei e le statue di Augusto». Poi però la discussione è entrata nel vivo.

ENEA E L’IMPRENDITORIA. Grazie a Zuckerberg, oggi un abitante su quattro della Terra è approdato su Facebook. Così, gli studenti della Luiss hanno (giustamente) pensato di chiedergli quale fosse il modello vincente di imprenditoria. La risposta non si è fatta attendere: «Per costruire un’impresa serve imparare quanto più possibile, il più velocemente possibile», per poi aggiungere: «Quando abbiamo incominciato nessuno credeva che avremmo avuto successo: c’erano i grandi della tecnologia da una parte, e poi noi, dei ragazzi del college con un’idea. Ce l’abbiamo fatta, e ora tutti hanno gli strumenti per riuscirci. Ma ricordate, l’idea di fare tutto da solo è sbagliata, niente di grande è stato mai costruito da una sola persona. E non è vero che le grandi iniziative nascono già perfettamente formate, le cose iniziano e poi si sviluppano, cambiano e crescono piano». Gli errori, insomma, non solo sarebbero inevitabili ma anche costruttivi. «Nessuno infatti è giudicato alla fine dai fallimenti, ma da quanto riesce a cambiare il mondo. Una delle mio storie preferite è l’autobiografia di Albert Einstein. Lui credeva fosse necessario fare molti errori. Ma nessuno se li ricorda, si parla solo dei suoi successi perché sono costruiti su quegli sbagli». Per rendere ancora più chiaro il messaggio, Zuckerberg ha addirittura scomodato il mito di Enea: l’eroe ha dovuto affrontare prima la distruzione di Troia e poi una bufera in mare aperto. «Enea non si arrende mai, ma va avanti: missione, team, perseveranza, nella sua storia ci sono tutti gli elementi».

Il video dell’intervento è presente in fondo all’articolo

UN LIKE NON VALE UN SORRISO. A chi gli chiede se i social come Facebook abbiano finito per danneggiare i rapporti umani, Zuckerberg ricorda che un like non potrà mai sostituire un sorriso. Tuttavia difende la bontà del suo progetti (come è ovvio che sia): «Se avessi pensato che roviniamo la comunicazione, avrei cambiato il prodotto. La maggior parte delle persone non usa Facebook come sostituto della comunicazione reale, nulla sostituisce la realtà ma Facebook dà la possibilità di comunicare a chi normalmente non lo farebbe».

MEZZO MILIONE ALLA CROCE ROSSA (IN PUBBLICITÀ). A riprova del potenziale positivo della piattaforma, Zuckerberg sottolinea anche il proprio impegno per i terremotati italiani. «Quando ho saputo, mi sono subito chiesto cosa Facebook potesse fare. Una delle cose di cui vado fiero è il Safety Check di Facebook: ogni volta che c’è un disastro, il nostro social network chiede conferma in automatico a chi è nella zona se sta bene. Ha permesso a 50 milioni di persone di dire alla famiglia che stavano bene. Ma vogliamo fare di più». Da qui, l’annuncio di aver donato mezzo milione di euro alla Croce Rossa, in pubblicità per promuovere le attività di cui c’è maggiore bisogno: ricerca di volontari, richiesta di donazione di sangue, mettersi in contatto per le persone che hanno bisogno di un posto in cui stare. Una scelta criticata da diverse persone, che avrebbero preferito una donazione in denaro. «In occasioni come questa», ha affermato il Ceo di Facebook, «c’è molta attenzione da parte dei media, ma per poco tempo: una buona organizzazione come la Croce Rossa sarà invece attenta ai bisogni della gente molto a lungo».

EDITORE? NO GRAZIE. C’è poi stato anche lo spazio per parlare dei piani futuri di Facebook. Uno studente, per esempio, ha chiesto se il social ambisse a diventare anche un editore. «No, siamo un’azienda tecnologica, non una media company. Produciamo strumenti e non contenuti. Una volta ognuno attingeva le notizie alla sua fonte preferita, ignorando le altre, ma con il Newsfeed di Facebook vediamo anche i contenuti dei nostri amici, che sono molto diversi da quello che sceglieremo noi, e questo apre la possibilità di discussioni e scambi di idee». Infine, al momento Zuckerberg non sembra temere la concorrenza di giochi, a metà tra reale e virtuale, come Pokémon Go. «In realtà sono venuto a Roma per cercare i Pokemon», scherza. «Se non sarà Pokémon Go, vedremo molte cosi simili in futuro, la realtà digitale aggiunta a quella reale. Ma tra cinque anni useremo tutti la realtà virtuale per comunicare, ti fa sentire come se fossi davvero accanto alle persone care».

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