La strada delle donne nel vino. Intervista a Daniela Mastroberardino

Il punto di vista della presidente dell'associazione Le Donne del Vino

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L’intervista a Daniela Mastroberardino è parte di 

Donne e vino: un binomio sempre più vincente


Discende da una delle famiglie del vino italiano, che fa questo mestiere da fine ‘700. Stiamo parlando di Daniela Mastroberardino, neo presidente dell’associazione Le Donne del Vino e amministratore ed export manager di TerredoraDi Paolo, realtà protagonista del rinascimento vitivinicolo campano. Ecco che cosa ci ha raccontato a proposito del binomio donne e vino.

La sua passione era scritta nel Dna, ma è stato comunque difficile affermarsi in quanto donna?
Il vino è senza dubbio nel mio Dna. La mia storia imprenditoriale è, però, lontana dalle cantine dove correvo da bambina perché, circa una trentina d’anni fa, con mio padre e i miei fratelli decidemmo di intraprendere un nuovo percorso, fondato sulla centralità delle nostre vigne. Il mio è stato un percorso tortuoso, ma ricco di sfide da cogliere, compresa quella di farsi riconoscere in quanto donna. Ecco, non sarebbe molto sincero dire che non ci siano state difficoltà. Ho sempre lavorato e lavoro al fianco di tanti uomini, ma ho avuto anche la fortuna di incrociare lungo il mio cammino persone che mi hanno trasmesso tanto del loro sapere in quell’ideale staffetta che dovrebbe esserci sempre fra generazioni. Comunque, se hai chiari gli obiettivi, non demordi, l’impegno quotidiano alla fine paga.

Quali sono gli ostacoli che dobbiamo affrontare per entrare in questo mondo sia come sommelier, che enologhe o produttrici?
Gli ostacoli per le donne non ci sono, oggi, nell’accesso. Guardate le foto degli eventi e vedete come siamo ormai tantissime. La vera sfida è conquistare i ruoli apicali, per raggiungere i quali occorre più tempo e grosso dispendio di energie. La percentuale di donne alla guida di grandi aziende, sia nel commercio che nella produzione, è ancora la metà di quelle a capo dell’aziende dimensionalmente più piccole. Non è un caso, a mio parere, che l’identikit delle imprenditrici è, molto spesso, quello di provenire da famiglie dell’agroalimentare e di aver maturato, nel tempo, la scelta di lavorare in proprio, realizzando così il desiderio d’indipendenza.

Lei è spesso in viaggio. Qual è la situazione delle professioniste in altri Paesi?
Guardando al rapporto tra donne e vino all’esterno, non mancano scenari dove il loro protagonismo è realtà. In Asia, per esempio sono le buyer a dominare il mercato. Ho riscontrato molto interesse per le donne produttrici anche in contesti anglofoni, specie negli Stati Uniti, con piccoli grandi cambiamenti anche nell’organizzazione degli scaffali dove iniziano a vedersi sezioni a loro dedicate. Un altro dato che mi colpisce è l’aumento, quasi quadruplicato negli ultimi cinquant’anni, delle diplomate dai corsi The Wine & Spirit Education Trust (Wset), notoriamente l’organizzazione più accredita a livello internazionale nella formazione dei buyer del vino.

Secondo lei, quali benefici possiamo apportare a questo settore?
Tanti! Formare diplomate e laureate per poi dare loro mansioni subalterne oppure lasciarle a casa è un errore che si paga caro e gli italiani cominciano a percepirlo come tale (89% secondo il Rapporto Coop 2021). Le donne devono poter dare il loro contributo alla crescita del nostro Paese, sono la risorsa da mettere in campo. L’agricoltura lo sa bene se consideriamo il valore del PIL agricolo delle aziende a conduzione femminile. Come è possibile? È grazie alla più spiccata propensione alla diversificazione produttiva e all’accettazione del nuovo che le aziende agricole al femminile hanno dimostrato maggiore resilienza nei tempi bui. Lo stile di comando delle donne è, dunque, più moderno e corale.

Da gennaio è presidente dell’associazione Le Donne Del vino. Come è nata?
Nel 1988 quando la produttrice Elisabetta Tognana fondò l’associazione per promuovere il ruolo delle donne nel comparto vitivinicolo tutti pensarono che avrebbe avuto vita breve. Invece oggi siamo ancora qui e siamo l’associazione più grande e organizzata a livello internazionale. Ecco perché abbiamo deciso di costituire un network con altre 11 associazioni di donne del vino nel mondo.

Che cosa si sente di consigliare alle ragazze e alle donne che sognano di intraprendere una carriera in questo settore?
Di non arrendersi mai. Può sembrare una risposta banale, ma è la grammatica della vita per donne e uomini, aggiungerei. Ci sprona a guardare avanti, a costruire il nostro futuro. È questa la forza, la linfa della vita.

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