Lebu, formare i manager è un gioco

Giancarlo Novara, che è da sempre un appassionato di videogame, lo sa bene. Non c’è leva più potente del divertimento per sentirsi coinvolti. Ecco perché – spiega il ceo di Lebu, piattaforma di social learning – se tali elementi vengono applicati a un ambito aziendale e declinati in chiave social, possono diventare un incisivo strumento di edutainment

Un mercato globale che, tra cinque anni, potrebbe valere 10,2 mi­liardi di dollari. È la ghiotta prospettiva che attende, secondo recen­ti previsioni degli analisti, il settore della gamification, ovvero l’utiliz­zo di dinamiche ed elementi tipici dei videogiochi, applicati in con­testi formali (siano essi la selezione del personale piuttosto che pro­cessi produttivi, in ambito aziendale). Obiettivi principali: promuove­re lo scambio, la partecipazione e l’interazione social tra i partecipanti.Ecco il meccanismo vivace e dinamico che sta alla base delle attività di Lebu, società che fa parte del Gruppo Singularity e spin off di Cesim, multinazionale specializzata nella progettazione ed erogazione di iniziative di sviluppo manageriale e comunicazione, at­traverso l’utilizzo di Computer-Based Simulations ed Xperience-Based Simulations come motori di apprendimento. Lebu, acronimo di “Learning Business”, contiene già nel nome la sua mission: si tratta di un sistema di social learning che offre alle imprese la possibilità di formare i dipendenti all’interno di una piattaforma, in cui essi possano entrare in contatto con una community di utenti, provenienti anche da altre aziende, intervenendo su vari ar­gomenti e attivando sinergie. Importan­te filone cavalcato dalla start up è, in par­ticolare, quello del training aziendale ba­sato sul social gaming, in quanto «il di­vertimento è la leva più forte per moti­vare», come sottolinea il Ceo Giancarlo Novara, classe 1982, che a Business Peo­ple illustra traguardi e progetti futuri della giovane impresa hi tech.

Lebu è stata lanciata a fine 2014. Un bi­lancio dei primi passi mossi finora?Siamo soddisfatti, abbiamo stretto diver­si accordi e vogliamo crescere ancora at­traverso nuove partnership. Al momen­to contiamo almeno dieci aziende nel nostro portfolio – realtà piuttosto gros­se come Unicredit, per esempio – e sti­miamo di superare i 15 clienti entro di­cembre. Sia i nostri referenti b2b, inter­ni a questi gruppi, che i professionisti che partecipano ai nostri corsi esprimono un buon livello di gradimento. Anzi, spes­so gli utenti provano stupore e dichiara­no di aver compreso davvero le notevo­li potenzialità dello strumento solo dopo averlo sperimentato in prima persona. Questo per noi è molto importante, visto che la formula dell’edutainment, declina­ta in chiave social, fresca e agile, punta a coinvolgere attivamente il singolo, stimo­landone la motivazione.

Attualmente quali categorie di lavoratori rispondono meglio alla vostra offerta?Trattandosi di un prodotto dinamico e smart, si sposa molto bene con i talen­ts. Un’impresa che investe molto sui gio­vani emergenti è di solito anche propen­sa a offrire loro questo tipo di formazio­ne, che presenta un tipo di apprendimen­to leggero, veloce, efficace. Riscuotiamo inoltre un interesse crescente da parte dei venditori, un target già di per sé pragma­tico, pratico e competitivo, che si sen­te ulteriormente spronato dall’aspetto lu­dico del social learning – nel loro caso, focalizzato non tanto sulla formazione aziendale, quanto sui metodi per miglio­rare le performance commerciali – così come dall’elemento di challenge al suo interno.

E quali altre, invece, sono nel vostro mi­rino?Stiamo lavorando per coinvolgere mag­­giormente una fascia manageriale più alta – sia in termini di età media che di impostazione culturale – che necessita di contenuti più strutturati di quelli attual­mente disponibili e che, forse, è meno predisposta a tematiche quali la sociali­tà e il gioco online. Quindi, di primo ac­chito, potrebbe essere meno portata a co­gliere l’aspetto innovativo della nostra proposta, pensando erroneamente che si tratti del “solito” sistema di e-learning, presentato in altre vesti.

° Aumento della motivazione° Raggiungimento degli obiettivi° Maggiore misurabilità dei progressi° Training più efficace° Utilizzo di una narrazione più coinvolgente° Feedback più chiari° Miglioramento generale della comunicazione interna° Team building

* secondo statistiche Lebu

Prossimi piani?Anche in virtù di queste considerazio­ni, miriamo a ottenere una differenzia­zione di contenuto, offrendo, accanto a un livello basilare, anche uno premium ed executive, associato a servizi di coa­ching. Secondariamente, potenzieremo ancora di più la leva tecnologica. Voglia­mo continuare a distinguerci sul mercato: siamo la prima piattaforma italiana Mooc (Massive Open Online Courses, ovvero Corsi massivi aperti a tutti) che unisce ga­mification, socialità e linguaggio azienda­le. Stiamo sviluppando una release, pre­vista per fine anno, in cui andremo a raf­forzare proprio questi elementi.

Come spin off di Cesim – a sua volta par­te del Gruppo Singularity – che tipo di struttura vi caratterizza?Si tratta di un assetto flessibile e dinami­co, in linea con il nostro Dna. Attualmen­te siamo circa una decina di persone fis­se, con diversi under 30; in più ci avva­liamo di una rete di freelance e trainer che collaborano con noi occasionalmen­te. Le competenze tecniche sono impor­tanti, ma non prioritarie: è fondamentale che una persona si mostri aperta, curiosa, proattiva, con un forte desiderio di speri­mentare e volontà di impegnarsi. Io stes­so, all’epoca, sono stato scelto per guida­re il team più sulla base di aspetti valo­riali – interessi personali, uniti al deside­rio che avevo espresso di cimentarmi in un nuovo progetto – piuttosto che a fron­te di esperienze o conoscenze partico­lari. La verità è che non si smette mai di imparare.

Si è laureato in Economia all’Università Cattolica di Milano con una tesi sull’uso dei Business Game in ambito politico, come supporto dei governi all’interno di un’unione monetaria. A sua volta ama, quindi, il gaming? I suoi titoli preferiti?Sono sempre stato attratto dalla dimen­sione ludica e dalle sue potenzialità. Ri­tengo che il gioco possa essere un modo per farci vedere aspetti di una determi­nata realtà che altrimenti non coglie­remmo, magari perché troppo immer­si al suo interno. Suo pregio è di regalar­ci un punto di vista differente. Due se­rie che porto nel cuore sono una ever­green come Pro Evolution Soccer – ricor­do che, da ragazzo, dedicavo ore e ore a personalizzare squadre e calciatori – e poi Assassin’s Creed, in cui si fondono curiosità storiche, passione per l’avven­tura e gusto dell’esplorazione.

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