Italia, l’ultima trincea dei comics

Nel nostro Paese la cultura per il fumetto popolare è la più sviluppata del mondo. Personaggi come Tex e Diabolik continuano ad appassionare il pubblico da oltre 40 anni e a vendere più di quanto faccia Spiderman in Usa. Eppure i fumetti sono un media in crisi

Se vi recate in una qualsiasi delle 35 mila edicole italiane, vi accorgerete senz’altro della corposa sezione dedicata ai fumetti. Ci sono quelli americani, da Superman a L’Uomo Ragno e Topolino, i manga giapponesi come Dragonball, e, soprattutto, gli italiani, dagli storici Lanciostory, Diabolik, Alan Ford e Tex, passando per Dylan Dog e Martin Mystere, fino ai più recenti e meno noti Jonathan Steele o John Doe.Ebbene, sappiate che in nessun altro Paese al mondo esiste un’attenzione così sviluppata per il fumetto popolare e che in quanto a vendite, anche gli americani ci fanno un baffo. Il leader incontrastato da oltre mezzo secolo è Tex con 240 mila copie al mese, seguito da Dylan Dog (200 mila) e Diabolik (130 mila). Sapete, invece, quanto vende Spider-Man in Usa, supportato anche da film campioni di incassi? A dicembre 2006, per esempio, ha fatto “appena” 76 mila copie posizionandosi al 22esimo posto in classifica (al primo c’è Justice League of America con 136 mila copie – Fonte: Diamond Comic Distributors).In Italia L’Uomo Ragno vende circa 25 mila copie, ma solo perché oggi il fumetto è in crisi e siamo lontani dai fasti degli anni ‘70 e ‘80. «Tex è arrivato a vendere più di 500 mila copie» testimonia, infatti, Sergio Bonelli, titolare dell’omonima casa editrice. «Continua a essere il leader delle vendite italiane e credo perfino del mondo per quanto riguarda un fumetto popolare seriale. Magari Asterix vende un milione di copie, ma non è mensile». Lanciostory, un settimanale che raccoglie diverse storie, negli anni ‘70 vendeva 400 mila copie alla settimana, oggi si festeggia per un decimo. E L’Uomo Ragno? La punta più alta la raggiunse negli anni ‘80 quando andò in Tv nella trasmissione “Supergulp, i fumetti in Tv”: 100 mila copie. Per Mario Gomboli, direttore generale di Astorina, la casa editrice di Diabolik, «i primi anni ‘70 sono stati quelli con le vendite più alte con 300 mila copie al mese. Negli anni ‘90 c’è stato un tracollo e testate come Il Monello e L’intrepido, che prima vendevano 700 mila copie alla settimana, hanno chiuso. Topolino era arrivato al milione di copie ed è precipitato. L’avvento delle tv private e poi del Vhs ha stroncato completamente il mercato di certi fumetti di evasione. Quel tipo di soddisfazione è stato sostituito dalle telenovelas. Tutto quello che era il mercato degli erotici a fumetti (c’erano più di 40 testate nel nostro Paese), è morto dall’oggi al domani con l’avvento del Vhs. Vendevano ancora in caserma, giusto perché non c’era la tv».

Edizioni da libreria

Il mercato delle graphic novel, edizioni da libreria, è cresciuto del 200% negli ultimi 3 anni. E in Paesi come la Francia queste sono le uniche forme editoriali dei fumetti. Sergio Bonelli pubblicò dei prodotti simili negli anni’70 con la serie Un Uomo Un’avventura.

DALL’EDICOLA ALLE FUMETTERIELa crisi del fumetto popolare, però, non è solo colpa della Tv, ma anche delle dinamiche della distribuzione, almeno a livello mondiale. Le edicole in Usa, per esempio, non esistono come le intendiamo noi e i periodici si vendono in librerie, drugstore, centri commerciali e supermercati, che però hanno smesso di trattare il fumetto alla fine degli anni ‘80, causando una grave crisi nel settore. D’altronde per quel tipo di negozi non aveva senso tenere 200 referenze a 75 cents. Gli editori allora si sono rifugiati nelle librerie cambiando anche il format, da albi di 32 pagine alle graphic novel, ovvero volumi più corposi con copertina rigida. «Il mercato delle graphic novel è esploso negli ultimi tre anni con crescite del 100-200%», ci spiega infatti Marco Marcello Lupoi, publishing e licensing director di Panini Comics, che pubblica Marvel (la casa editrice de L’Uomo Ragno) in Italia. «La graphic novel è una seconda vita del fumetto che prima esce in albetto e poi viene subito raccolto in libro. Questa prassi ha cambiato il modo di scrivere le storie, che oggi vengono pensate come qualcosa che deve essere leggibile in 5 o 6 capitoli a sé stanti. Qualcuno pensa che forse bisognerebbe fare direttamente le graphic novel». Che è quello che succede, per esempio in Francia, dove sono spariti i piccoli formati e i fumetti si trovano solo in libreria con personaggi come Asterix, Largo Winch e XIII che vendono centinaia di migliaia di copie.Una strada che Sergio Bonelli anticipò circa trent’anni fa, pubblicando la serie Un uomo Un’avventura, edizioni lussuose con firme dei più noti autori italiani (Toppi, Pratt, D’Antonio, Crepax, solo per citarne alcuni) che raccontavano storie a sé stanti. «Ne abbiamo fatti 30 e sono rimasti scolpiti nella mente dei lettori», ricorda Bonelli. «In Italia non c’è più spazio per iniziative di questo genere. Le edizioni francesi che vendono 500 mila copie, qui ne fanno 3 mila». Insomma, mentre il mondo si muove verso le edizioni da libreria, in Italia succede il contrario e continua a vendere il fumetto popolare in edicola.«Oggi il fatturato della Marvel viene diviso al 50% tra le edizioni da libreria e gli albetti», aggiunge Lupoi. «Questa evoluzione è dettata dalla configurazione della distribuzione del fumetto, che in Usa è affidata da circa 15 anni quasi esclusivamente al circuito di circa 3.000 comics shop specializzati».Anche in Italia ci sono le fumetterie e Nessim Vaturi, titolare della Borsa del Fumetto di Milano, il primo comics shop nostrano nato nel 1976, ne conta tra le 250 e le 600: «Alla fine degli anni ‘70 Alessandro Distribuzione replicò in Italia quello che stava succedendo in Usa, ovvero avviò una distribuzione alternativa alle edicole. Questo sviluppò anche la nascita delle fumetterie e da lì nasce il modo di lavorare tutto particolare che adottiamo, perché non abbiamo il reso come edicole e librerie, ma possiamo contare su delle condizioni economiche leggermente più favorevoli. Proprio per questo chi apre una fumetteria deve stare molto attento, perché il rischio imprenditoriale è altissimo».

La travagliata storia italiana de L’Uomo Ragno

I supereroi Marvel sono sbarcati in Italia nel 1970, cioè nove anni dopo il loro lancio negli Usa. Fu l’Editoriale Corno di Milano di Luciano Secchi, il papà di Kriminal, Satanik e Alan Ford, che molto coraggiosamente ci credette e costruì in un decennio abbondante un vero e proprio fenomeno editoriale. All’inizio uscirono due personaggi urbani, L’Uomo Ragno e Devil, poi seguirono l’anno dopo I Fantastici 4, I vendicatori, Thor, Capitan America, gli X-men.«Il formato con cui venivano importati non era la replica degli albi americani» spiega Marco Marcello Lupoi, publishing e licensing director di Panini Comics, che pubblica Marvel in Italia. «In Usa erano albi con 20 pagine di fumetto e 10-12 di pubblicità, un concetto per noi nuovo. Quindi si fece un formato di 48 pagine in cui c’era spazio per due storie e mezza. Questa è una formula che continua ancora: oggi pubblichiamo albi da 80 pagine che raccolgono al loro interno più di un numero statunitense. È anche un problema di distribuzione. In Usa Marvel ha 100 testate, da noi sarebbe impensabile. Per cui Corno pubblicò tutto il panorama Marvel in 6-7 pubblicazioni che avevano all’interno tutti i personaggi».L’avventura Corno terminò nel 1984 e i personaggi Marvel furono assenti dal mercato italiano fino al 1987 quando la Starcomics di Perugia rilanciò L’Uomo Ragno che ebbe successo tanto da diventare quindicinale. Nel 1994 Marvel riprende tutti i suoi diritti e lancia una filiale italiana che a fine ‘94 compra Panini. All’inizio del 2000 Marvel vende Panini e nasce il nome Panini Comics che oggi pubblica i fumetti Marvel su licenza. «L’Uomo Ragno è sempre stato il personaggio di punta in Italia», conclude Lupoi, «mentre in altri Paesi, come la Spagna, gli X-men vendono 10 volte di più».

UN PUBBLICO ETEROGENEOVisto i prezzi contenuti e la distribuzione, potrebbe sembrare che da noi i fumetti li leggano solo i giovani, ma non è affatto così. «Il pubblico di Tex non è sicuramente quello dei ragazzini, ma di persone dai 20 anni in su» analizza Bonelli. «Sono soprattutto adulti, molti dei quali sono addirittura gli stessi che lo compravano fin da piccoli e quindi lettori che hanno anche 50 o 60 anni». Anche per Diabolik i “vecchi” lettori continuano a essere lo zoccolo duro, ma un 15% ha meno di 20 anni.Per Lorenzo Bartoli, responsabile testi e sceneggiatore di Euraeditoriale, «i lettori di Lanciostory e Skorpio sono rimasti quelli degli anni ‘70 che sono cresciuti con noi. Essendo settimanali non collezionabili, sono letture usa e getta e per questo inseriamo sempre delle storie che chiamiamo “liberi”, che iniziano e finiscono all’interno della rivista dedicate ai lettori occasionali, che possono essere di qualsiasi età». Sembrano meno adulti gli appassionati de L’Uomo Ragno & Co. che continuano a seguirne le avventure. Proprio per questo Marvel pubblica una serie di collane denominate Ultimate, che rinarrano le gesta degli eroi principali da zero in una chiave più giovanile. «Il fumetto Marvel è molto articolato con un sacco di personaggi e per la sua complessità si inizia a godere bene oltre le scuole medie», spiega Lupoi. «Tuttavia le nuove generazioni non sono così nutrite come il pubblico che si sta lanciando sui fumetti giapponesi». Il cliente tipo della Borsa del Fumetto invece non esiste. «Ho il ragazzino distratto e curioso di 10 anni, ma anche il collezionista pignolo e rompiscatole, magari di 90 anni» testimonia Vaturi. «Cambia l’età e anche all’interno della stessa età ci sono differenze evidenti. Con una costante: nel corso degli anni il pubblico si è specializzato. Quando ho iniziato la gente tendeva ad acquistare di più e a sperimentare, mentre oggi sanno quali sono i fumetti che gli interessano. Purtroppo molto spesso tendono ad avere i paraocchi e quindi qualunque cosa esca minimamente da quelli che sono i loro interessi precisi non viene più presa in considerazione».

Le sorelle diabolike

La nascita di Diabolik è datata 1962 e si deve ad Angela Giussani. Era la moglie di Gino Sansoni, titolare della casa editrice Astoria che aveva tra le sue pubblicazioni anche Forza Milan. Angela collaborava col marito ma a un certo punto le venne l’idea di fare un fumetto “per adulti”. «Abitando in piazza Cadorna a Milano davanti alla stazione Nord, Angela vedeva i pendolari che compravano i gialli Mondadori o altre letture “da treno”» racconta Mario Gomboli, direttore generale di Astorina, la casa editrice di Diabolik. «Però non tutti erano abbastanza acculturati da leggersi un romanzo, mentre il fumetto è uno strumento di comunicazione molto più popolare e più semplice. Diabolik, quindi, nacque pensando a un target ben preciso e l’idea originale era quella di avere un eroe negativo vincente. Narra la leggenda che Angela abbia proposto questa idea al marito il quale disse: “figurati se una donna mai nella vita potrà avere un’idea buona”». Quindi Angela si licenziò e con i soldi presi dalla liquidazione aprì una piccola casa editrice, Astorina. Nacque come bimestrale ma all’inizio non andò bene. Cominciò a vendere quando si scatenò l’ira dei benpensanti e quotidiani come il Corriere della Sera misero all’indice il fumetto dicendo che incitava a delinquere e corrompeva i giovani. A quel punto erano al numero 3 e la sorella Luciana la raggiunse per aiutarla.«Diabolik ebbe successo grazie alla grinta delle sorelle Giussani» spiega Gomboli. «Basti pensare che Angela è stata una delle prime donne in Italia a prendere il brevetto di pilota di aereo. Inoltre erano bellissime, tanto che Angela fece anche la fotomodella per il sapone Lux».

L’IDENTIKIT DELL’EROEChi sono questi eroi dei fumetti che da oltre mezzo secolo intrattengono il pubblico? Qual è il segreto del loro successo e in che modo sono cambiati con il passare degli anni? Tex Willer, per esempio, è sempre lo stesso ranger del 1948, amico degli indiani e a caccia di fuorilegge, affiancato dal partner Kit Karson: il primo sempre pronto a menare le mani, il secondo sempre in cerca di qualcosa da mettere in pancia, possibilmente bistecca e patate arrosto. «Il pubblico che lo legge lo vorrebbe sempre uguale» spiega Bonelli «ma Tex è un po’ cambiato, involontariamente, passando da uno sceneggiatore a un altro: è diventato meno violento e più indagatore».Anche Diabolik è rimasto il ladro/assassino di un tempo, sebbene le storie non siano più semplicemente basate sul format “colpo e fuga”, perché oggi il pubblico è più esigente. Inoltre all’inizio i suoi bersagli erano i nobili più o meno decaduti con la loro collezione di gioielli di famiglia mentre «qualcuno lo accusa di buonismo, perché oggi ruba essenzialmente a persone scorrette», rivela Gomboli. «In effetti oggi chi è che ha in casa un bottino che può interessare un ladro? Chi ha in casa enormi somme in contanti o dei diamanti? Sono le persone disoneste».Pare, insomma, che nel mondo del fumetto l’idea vincente duri a lungo. Solo in Italia, però, perché gli eroi nostrani, pur essendo venduti anche fuori dall’Italia, non hanno lo stesso successo. «All’estero siamo rassegnati a vendere pochissimo perché il fumetto è proprio al ribasso da tutte le parti» ammette Bonelli. «In Brasile, che conta 140 milioni di abitanti, Tex esce da 30 anni ed è il leader del mercato con appena 25 mila copie. Vendiamo anche in Croazia, Finlandia, Norvegia, Turchia. In Francia non lo vogliono neanche gratis. In Usa non è mai arrivato perché il west è scomparso da 20 anni e lì sopravvivono solo i fumetti dei supereroi». Diabolik è stato pubblicato un po’ in tutto il mondo e ha avuto un certo successo in Brasile e soprattutto in Francia, dove è uscito per 20 anni. «Al momento» spiega Gomboli, «ho fermato i contratti di licenza con l’estero perché siamo in attesa del secondo film di Diabolik (il primo è del ‘67) in uscita verso fine 2008 inizio 2009».Se da una parte non riusciamo a esportare, dall’altra, invece, riusciamo a importare artisti stranieri che altrimenti non avrebbero sbocco. È questa almeno l’idea da cui nasce Euraeditoriale che nel 1975 pubblica il settimanale Lanciostory e l’anno successivo Skorpio. Si tratta di riviste contenitore che offrono diverse storie a fumetti, la maggior parte delle quali di autori sudamericani. «Questi fumetti escono solo in Italia» spiega Lorenzo Bartoli, responsabile testi e sceneggiatore di Euraeditoriale. «E alcuni personaggi hanno tanto appassionato il pubblico da essersi meritati delle testate tutte loro, come è successo con Dago, un fumetto “storico” ambientato nel 1500».Il mondo italiano del fumetto è davvero ricco di autori ed editori che continuano a investire nel media. Sebbene si continuino a vendere centinaia di migliaia di copie, le vendite sono 1/3 di quelle di 20 anni fa e nel settore si parla apertamente di crisi. Sono comprensibili, quindi, le parole di Sergio Bonelli quando dice che «il mondo si sta schierando chiaramente contro i fumetti» e che «l’Italia è l’ultima trincea del fumetto, ma purtroppo è un media che non interessa più di tanto». Eppure sono in molti a sperare che quello spazio dedicato ai fumetti che tanto caratterizza le edicole italiane alla fine non sparisca mai.

“PUTTANA EVA” CHE LICENSING!

Sembra ovvio che personaggi così forti vengano sfruttati in licenza per altri prodotti, proprio come avviene con i supereroi Usa, che oggi hanno successo al cinema grazie ai kolossal hollywoodiani e che sostengono un’industria di magliette, pupazzi, tazze, ecc. Eppure in Italia questo aspetto non ha mai attecchito più di tanto. Sergio Bonelli ne è contento: «Vuol dire che gli italiani non sono così “stupidi”. Se vuoi dei jeans perché mai dovresti prendere quelli di Tex? Il merchandising in Italia dai lettori di fumetti è sempre stato rifiutato. L’unico che ha avuto un momento in cui davvero il merchandising è stato importante, è Silver con Lupo Alberto, un personaggio che si presta particolarmente a questo genere di operazioni».Per Diabolik, invece, il discorso è diverso e Mario Gomboli, direttore generale di Astorina, sta cercando di attivare partnership con licenziatari, come è successo per esempio con Renault per la pubblicità della “diabolika Twingo”.«Abbiamo registrato come marchio anche gli occhi di Diabolik perché ci sono in giro imitazioni e tarocchi, una particolarmente simpatica: una maglietta che vendono a Roma allo stadio con gli occhi di Diabolik e la scritta “Puttana Eva”».

Articolo pubblicato sul mensile Business People di maggio 2007 e riproposto on line oggi, lunedì 26 settembre 2011, in ricordo dell’editore Sergio Bonelli

L’impero di Sergio Bonelli in un appartamento

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