Nessun limite tra fisso e mobile

Il 5G sta dando vita a un cambiamento epocale, che permetterà di eliminare una volta per tutte l’Italia a due velocità. Lo assicura Alberto Calcagno, amministratore delegato di Fastweb

È la società che per prima in Italia e in Europa ha portato la fibra ottica fino alla soglia di casa e ora punta tutto sulla tecnologia 5G. Fastweb, 1,58 miliardi di ricavi e 2,6 milioni di clienti, coprirà il 90% della popolazione grazie a un accordo con WindTre, abilitando la trasformazione digitale in svariati settori produttivi, dalle smart city all’industria 4.0. Ma c’è anche la modalità Fixed Wireless Access: dove non arriva la fibra in casa arriva la rete mobile, con le stesse prestazioni. Sono 8 milioni le case raggiunte nelle aree grigie e 4 milioni in quelle bianche, entrambe prive, fino a ora, di reti ultrabroadband. È così che si cancella il digital divide, dice a Business People l’amministratore delegato, Alberto Calcagno, e i primi servizi partiranno a breve.

Quali sono gli obiettivi di Fastweb sul 5G e, in generale, gli investimenti previsti nelle nuove tecnologie? Fastweb è la società che per prima ha sviluppato una rete FTTH in Italia e in Europa. Siamo stati i pionieri in questo senso, ma mai dogmatici. Per questo abbiamo creduto da subito nelle reti 5G, una tecnologia che unisce la potenza della fibra alla facilità d’accesso del mobile. Sarà un cambio di paradigma epocale, nel quale la distinzione tra fisso e mobile scomparirà e la performance a 1 Giga sarà la chiave per eliminare una volta per tutte l’Italia a due velocità. Dal 2016 abbiamo avviato un percorso per diventare protagonisti anche di questa avventura tecnologica. Abbiamo acquisito lo spettro, siamo diventati un operatore mobile a tutti gli effetti e stiamo realizzando in partnership con WindTre una rete mobile che coprirà il 90% della popolazione, ma che soprattutto abiliterà la trasformazione digitale di tutti i settori produttivi, dalle smart city all’industria 4.0. Subito dopo siamo passati a ragionare sul 5G nella modalità Fixed Wireless Access e abbiamo capito che anche questa tecnologia aveva delle potenzialità enormi: dove non arriviamo con la fibra in casa, questa rete ci consente di portare prestazioni assolutamente analoghe in modo molto più rapido ed efficiente. Abbiamo quindi raggiunto un accordo con Linkem per fare sinergia e accelerare il deployment di questa tecnologia nelle città medio-piccole.

A che punto è il progetto di coprire 8 milioni di case grazie alla tecnologia 5G FWA? È un progetto in cui crediamo molto e che abbiamo appena rilanciato. L’accordo originario con Linkem dello scorso dicembre prevedeva la copertura di 8 milioni di case nelle aree grigie con reti 5G FWA. Ci crediamo così tanto che ad agosto abbiamo alzato la posta in gioco: oltre agli 8 milioni di case nelle aree grigie, già in fase di realizzazione, copriremo anche 4 milioni di case nelle aree bianche, quelle in digital divide. Siamo perfettamente in linea con le previsioni, nonostante l’emergenza Covid, e lanceremo a breve i primi servizi.

Come giudica la tenuta delle reti di telecomunicazione durante il lockdown? Quali criticità sono emerse e come si superano? Durante il lockdown le reti di telecomunicazione sono diventate il tessuto connettivo del Paese, consentendo a tutti noi di continuare a lavorare, studiare, mantenere rapporti familiari e sociali. Per noi è stata una grande prova di responsabilità: nonostante i fortissimi picchi di traffico le reti hanno mostrato di saper reggere l’urto. L’emergenza però ha messo anche in evidenza le debolezze persistenti del sistema: disuguaglianze digitali, carenza di skill. La grave situazione che stiamo vivendo può diventare, però, un’opportunità per accelerare la digitalizzazione del Paese, a condizione che imprese e istituzioni si focalizzino sul tema delle competenze digitali e non solo sulle infrastrutture. Come dico sempre: le autostrade digitali ci sono, adesso bisogna fare in modo che ci siano le patenti.

Lo smart working ha messo anche a dura prova la maturità digitale di istituzioni, aziende, scuole e pubblica amministrazione. Cosa è mancato? È solo una questione di hardware e software o culturale? Sicuramente la gestione dell’emergenza ha accelerato il processo di digitalizzazione delle imprese, ma ha anche evidenziato la criticità di alcuni modelli organizzativi. A inizio marzo, da un giorno all’altro, un numero enorme di persone si è trovato a lavorare da remoto. Ma non è un processo che si improvvisa. In Fastweb facciamo smart working da anni ed eravamo preparati al lavoro agile, che non significa semplicemente dare un computer ai dipendenti, ma organizzare il lavoro per obiettivi, dimostrare fiducia ai collaboratori e investirli di crescenti responsabilità. Questo, credo, sia mancato in alcuni settori che non hanno avuto modo di prepararsi per tempo, per carenza di skill e cultura aziendale più che di strumenti software e hardware.

Lei spesso parla della necessità di una leadership digitale, può spiegarci meglio cosa intende?Vuol dire mettere l’uomo al centro di tutti i processi e dell’organizzazione aziendale, creando e alimentando un rapporto di fiducia che è il vero motivatore delle persone dentro e fuori i luoghi di lavoro. Questo approccio è stato fondamentale nel periodo di lockdown in cui la nostra azienda, come tante, è stata di fatto dematerializzata. Con il 100% dei dipendenti, me compreso, che da mesi lavorano a distanza, è stato critico rafforzare i legami di fiducia e mettere in campo gli strumenti per continuare a far sentire tutti parte dello stesso progetto. In questi mesi non ho solo avuto il ruolo di leader della strategia dell’azienda, ma anche quello di collante tra le varie anime, di comunicatore, di motivatore. Gli strumenti digitali hanno aiutato, ma alla fine quello che conta è la capacità di tenere tutti coinvolti e di rafforzare il senso di appartenenza nell’organizzazione.

Intervista pubblicata su Business People, ottobre 2020

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