Axpo Italia: puntiamo sullo smart training

Insieme al lavoro, anche la formazione ha intrapreso la via del digitale e, salvo alcune eccezioni, non tornerà indietro. Parola di Massimiliano Coppa, Hr Director, che assicura: «È un benefit essenziale per attrarre talenti»

Persone, pianeta e prosperità: sono i tre pilastri del primo Profilo di sostenibilità presentato, alla fine del 2021, da Axpo Italia. Un documento che ha messo nero su bianco gli impegni per il futuro della quarta azienda energetica del mercato libero del nostro Paese. Impegni che confermano la direzione intrapresa già negli anni passati, oltre che per la tutela dell’ambiente, anche per la crescita dei propri dipendenti, come spiega il suo HR Director, Massimiliano Coppa: «Competitor e sfide del mercato ci sollecitano in continuazione, perciò avevamo già una forte attenzione per i nostri collaboratori. Certo si deve sempre migliorare e per questo stiamo già lavorando. La formazione rappresenta un pilastro ineludibile per raggiungere non solo gli obiettivi professionali dei dipendenti, ma anche i target aziendali, che sono a essi collegati». La conferma arriva dai numeri. Nell’ultimo anno Axpo Italia ha investito in formazione circa 250 mila euro, per un totale di 8 mila ore erogate, incluse le iniziative interne portate avanti con l’aiuto dei dipendenti per i nuovi arrivati o coloro che hanno gap tecnici da colmare.

Di fronte a questi numeri la domanda sorge spontanea: ma i lavoratori apprezzano davvero questo impegno? Mi sento di dire di sì. Certo, a volte finisce che i dipendenti di lunga data lo diano un po’ per scontato, ma è anche vero che se per caso diminuissimo un po’ in “intensità formativa’”, ce lo farebbero subito notare. Per questo siamo stimolati nell’essere creativi e a mettere in piedi progetti sempre più innovativi e interessanti. Non nascondo poi che, quando in fase di selezione di nuovi talenti da assumere, illustriamo le nostre politiche e i nostri investimenti in formazione, riscontriamo quanto questo sia ritenuto un plus decisivo per le nuove assunzioni.

Questa intervista è tratta da Formazione permanente, inserto di Business People dedicato al life long learning . Puoi leggere l’inserto sul numero di maggio 2022 o in versione digitale (iOs e Android)

Può farci qualche esempio del tipo di formazione che proponete?Inizio col sottolineare che tutti hanno la possibilità di accedere a corsi di formazione, se ne hanno bisogno. Lavoriamo, quindi, senza sosta e su un’ampia varietà di contenuti, tecnici, linguistici, esperenziali etc.. In più ci sono anche iniziative trasversali che vanno a interessare determinate fette di popolazione. Per esempio, il nostro talent management, ossia un continuo impegno per l’individuazione dei talenti interni su cui si va a lavorare anche in termini formativi. Per noi è estremamente importante per due ragioni. Da un lato eroghiamo una formazione “di accompagnamento”, ossia che contribuisce a colmare eventuali gap per permettere ai talenti di seguire progetti importanti; dall’altro si tratta anche di una formazione “anticipatoria”; ovvero riteniamo fondamentale che le nostre migliori risorse abbiano una formazione specifica che le prepari a diventare i manager di domani. A completamento abbiamo, inoltre, programmi di coaching, che si avvalgono di esperti esterni, e di mentoring, individuando all’interno di Axpo dei mentor che possano fornire supporto a fi gure professionalmente più “giovani” qualora ne sentano il bisogno. Infine, anche se non è un’iniziativa dell’HR, ma curata soprattutto dai settori marketing e comunicazione, vorrei citare i cosiddetti Digital Friday, che hanno riscosso e riscuotono ancora molto successo. Le definirei delle “pillole formative” diffuse ogni venerdì, che portano testimonianze di amministratori delegati di altre imprese o comunque di personaggi che abbiano qualcosa di interessante da condividere. Si sono rivelate un momento importante per la crescita dei nostri dipendenti, soprattutto durante i primi tempi della pandemia, ma anche di sviluppo in termini di innovazione, creatività e competenze digitali.

La pandemia ha rallentato i vostri progetti in questo campo? Ammetto che un primo momento di rallentamento c’è stato, ma è durato veramente pochi giorni. Abbiamo avuto il vantaggio di essere già abituati al lavoro agile, quindi tutti i nostri dipendenti erano dotati delle piattaforme informatiche necessarie sia per lavorare, sia ovviamente per proseguire con la formazione in chiave digitale. Certo, se parliamo di formazione esperienziale o legata alle soft skill, certamente è preferibile trovarsi in presenza, ma non ci siamo mai fermati. Oggi parliamo di smart training e in buona parte non credo che in futuro torneremo indietro: un buon 60-70% delle iniziative continuerà a sfruttare i sistemi informatici, anche in ottica di limitazione degli spostamenti e, quindi, di sostenibilità. Penso, per esempio, ai corsi linguistici o a quelli sul mondo digitale. Insomma, le materie che più si prestano. E chissà che il progresso tecnologico non ci aiuti a trovare nuovi sistemi per lavorare da remoto anche sul fronte delle competenze soft o, appunto, della formazione esperienziale.

Ha accennato al tema della sostenibilità: oggi è centrale per tutte le imprese, ma ancor di più per chi, come voi, opera nel mercato energetico. Quali figure e competenze mancano per lavorare a questa transizione? E come vi state attivando per colmare il gap? Premetto che già da tempo diversi studiosi avevano predetto che verso il 2020 le aziende avrebbero avuto bisogno di competenze molto verticalizzate e che al contempo, anche a causa del calo demografico generalizzato, l’offerta sarebbe stata decrescente. Ora sappiamo che avevano ragione. Noi, però, preparati a ciò, abbiamo pensato per tempo di formare le future figure professionali da inserire nella nostra organizzazione. Non a caso, assieme ad altre aziende del nostro settore, abbiamo ideato, sponsorizzato e “fornito” docenti per un master di secondo livello all’università di Genova che formasse ad esempio degli energy analyst, una figura fondamentale sul fronte dell’efficienza energetica. Ci sono poi anche altri profili importanti per la nostra azienda, perché il campo in cui operiamo, al di là delle perturbazioni politiche che stiamo vivendo, è di per sé complesso e legato alla tecnologia e allo studio dei dati. Ecco perché abbiamo fortemente bisogno di data scientist e il nostro “radar selettivo” è sempre teso ad intercettare master o attività dedicate alla formazione di queste figure. Infine, ci sono professionalità specifiche che sappiamo di dover formare internamente. Penso molto ai trade jr, per esempio. Sappiamo di dover scegliere giovani con competenze base, magari stem, commerciali o di analisi e formarli on the job.

Lei parla di giovani con competenze stem, ma anche in quel campo c’è un divario importante da colmare… È vero. Su questo fronte lavoriamo da tempo, promuovendo tra l’altro queste materie anche nell’universo femminile, purtroppo ancora poco rappresentato. A questo proposito, posso citare un’esperienza che ha avuto discreto successo al Salone Orientamenti di Genova. Alcuni nostri collaboratori e collaboratici con questo tipo di formazione che lavorano in diverse funzioni hanno simulato una loro giornata lavorativa in Axpo. Non nascondo, inoltre, che vorremmo andare anche nelle scuole, non solo nei licei, ma anche da ragazzi più giovani, per promuovere la formazione stem “all’origine”, per così dire.

Si riuscirà mai a colmare il cosiddetto skill mismatch? Quello del disallineamento università-mondo del lavoro è un problema che esiste praticamente da sempre. Purtroppo, il mondo accademico è poco permeabile da questo punto di vista e per le imprese è sempre faticoso dare un contributo nella stesura dei programmi formativi. Non dico che non ci siano professori illuminati, ma nella maggior parte dei casi l’unico modo per trovare ascolto da parte delle università è finanziare master, borse di studio o altre iniziative, in modo da poter dire anche noi la nostra in termini di sviluppo dei progetti e di ricerca. Nonostante le università italiane siano molto valide, da questo punto di vista è giunto il momento che inizino a guardare un po’ a quello che fanno le loro equivalenti all’estero.

Un’ultima domanda: c’è un progetto che ha già in mente, ma non è ancora riuscito a trasformare in realtà? Dal punto di vista dei contenuti direi di no, perché abbiamo davvero molta carne al fuoco, come si suol dire. Sto però facendo un benchmark di tipo “infrastrutturale” ad ausilio della formazione a distanza per capire se sono disponibili nuove piattaforme applicative per la formazione che vadano oltre le semplici videoconferenze, che tutti ormai conosciamo bene.

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