Terre rare: una scoperta recente

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Secondo la definizione della IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry), le terre rare (in inglese rare-earth elements o rare–earth metals) sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica, precisamente scandio, ittrio e i lantanoidi. Vengono abbreviate in RE (Rare Earths), REE (Rare Earth Elements) o REM (Rare Earth Metals) e vengono anche suddivise in leggere (LREE, dal lantanio al promezio), medie (MREE, dal samario all’olmio) e pesanti (HREE, dall’erbio al lutezio).

Il termine deriva dai minerali dai quali vennero isolati per la prima volta, che erano «ossidi non comuni» trovati nel minerale nero itterbite (noto anche come gadolinite) estratto da una miniera nel villaggio di Ytterby, in Svezia nel 1787 da Carl Axel Arrhenius.

Si trovano in concentrazioni piuttosto elevate in tutta la crosta terrestre. Dopo la scoperta dell’itterbite, poi analizzata da Johan Gadolin, professore dell’Università di Turku che trovò un ossido sconosciuto che chiamò “ytteria”, Anders Gustav Ekeberg isolò il berillio dalla gadolinite, ma non riuscì a riconoscere gli altri elementi contenuti nel minerale.

Nel 1794, un minerale proveniente da Bastnäs vicino a Riddarhyttan, in Svezia, che si pensava fosse un minerale di ferro e tungsteno, fu riesaminato da Jöns Jacob Berzelius e Wilhelm Hisinger. Nel 1803 essi ottennero un ossido bianco che chiamarono “ceria” mentre Martin Heinrich Klaproth scoprì indipendentemente lo stesso ossido, che chiamò “ochroia”. Insomma, dopo circa 15 anni, nel 1803 erano quindi note solo due terre rare, l’ittrio e il cerio, e ci vollero 30 anni ai ricercatori per determinare gli altri elementi contenuti in quei minerali (la loro separazione era molto difficile a causa delle loro proprietà chimiche molto simili).

Dal 1839 fino ai primi anni del Novecento vennero poi separati e scoperti tutti gli altri elementi.

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