Viaggio tra le Ville Palladiane

Riuscito nell’impresa di pensare controcorrente e farsi amare da contemporanei e posteri, l’architetto del Rinascimento è da molti considerato il più grande della storia. Eppure è spesso poco considerato in patria. Business People vi propone un itinerario personalizzato

Il veneto Andrea Palladio (1508-1580) è riuscito nella difficile impresa di conquistare il cuore dei suoi con­temporanei, pur essendo un archi­tetto per nulla “allineato” al mainstre­am dell’epoca, e di affascinare molte generazioni a venire. Se gli america­ni lo considerano da sempre l’architet­to più importante della storia, è merito della sua capacità di coniugare bellez­za e funzionalità, con una cifra stilistica ampiamente imitata negli Usa tra ‘800 e ‘900 (come non definire ‘palladiana’ la struttura della stessa Casa Bianca?).

Ville Palladiane: un museo a cielo aperto

Ma è dell’originale Palladio che ora voglia­mo parlare, mostrando quel “museo a cielo aperto” che, nel nostro Nord-Est, custodisce alcune delle più mirabili creazioni del maestro. Navigato­re allora puntato verso Vicenza: in un weekend è possibile fare indige­stione di bellezza e natura riscoprendo un gigante dell’arte che meritereb­be maggiore apprezzamento in patria. Come guida d’eccezione per il viag­gio abbiamo Guido Beltramini, stori­co dell’arte, direttore del Palladio Museum di Vicenza e tra i maggiori esperti dell’architetto veneto.

Prima di cominciare, prendetevi un paio d’ore per visitare il museo nel centro storico della città veneta, a po­chi passi dalla celebre basilica: è «l’in­terfaccia perfetta per conoscere la vita del Palladio e la sua de­clinazione nel territorio circostante», dice Bel­tramini. Ovvero le tan­te residenze nella cam­pagna veneta – ville bianche, che spiccano sui colli o in pianura – commissionate a Palladio dai nobili del tempo (veneziani aristocrati­ci come gli Emo, i Bado­er, i Barbaro) in cerca di un buen ritiro in terra­ferma. A noi appariran­no quali monumenti bellissimi, ma non dob­biamo dimenticare che erano fabbri­che agricole, fattorie dove la tenuta re­sidenziale dei padroni sorgeva accanto agli spazi necessari per il ricovero degli animali e per la coltivazione dei campi: «Abituati a vivere nel bello, i ricchi ve­neziani sceglievano anche per le case di campagna luoghi altrettanto sugge­stivi, che poi riempivano di opere d’ar­te», spiega Beltramini.

L’itinerario di Business People tra le ville del Palladio

L’itinerario che vi proponiamo tocca le principali creazioni del Palladio re­alizzate a partire dagli anni Cinquan­ta del ‘500, quando gli aristocratici più illuminati di Venezia si accorgono che in provincia, a Vicenza, c’è un giovane di gran talento che vale la pena testare. Palladio verrà, infatti, prima ingaggiato in campagna e poi portato in trionfo a Venezia, a costruire importanti edifici pubblici e privati, ma questa è un’altra storia da raccontare…

Partiamo invece da Villa Capra detta La Rotonda (foto in apertura), proprio a Vicenza: «Parafra­sando Steve Jobs potremmo dire che è un Palladio hungry and foolish quel­lo che la concepisce», dice Bergamini. Guar­diamo con attenzione: se fino ad allora le case avevano una facciata e un retro, Palladio spariglia le carte e inventa una residenza con quat­tro lati principali, pensa­ta per far ammirare il paesaggio che circonda la villa: un incanto visitar­la in una giornata di pri­mavera, con il verde del­la campagna vicentina impreziosito dal magni­fico bianco dell’edificio.

Proseguiamo lungo la strada per Tre­viso, fermandoci a Fanzolo di Vedela­go dove spicca Villa Emo: «Qui scopria­mo un Palladio minimalista come non si vede da nessun’altra parte, ha uno sti­le quasi giapponese nella sua sempli­cità ed economia dei mezzi», raccon­ta Beltramini. Vero: a guardare la villa da lontano, si vede la casa padronale in asse alle barchesse, che sono gli edifici dei lavoranti, a formare una linea pulita che taglia il paesaggio. Dall’essenziali­tà di Villa Emo passiamo alla profusione del decoro e della fantasia: la fer­mata è a Maser, in provincia di Treviso, davanti a Villa Barbaro. Per gli storici è il capolavoro assoluto del Palladio, che qui pare fare a gara con l’amico Paolo Veronese per «sfondare lo spazio e le dimensioni»: la visita richiede del tem­po per ammirare gli affreschi del pitto­re veneto, che disegna le sue architet­ture sui muri progettati dall’architetto. È la tappa clou di questa nostra prima giornata nella marca trevigiana sulle orme del Palladio.

Il giorno successivo bisogna muoversi verso Sud-Est, pronti a lasciarsi ancora una volta stupire. Nel comune di Mira, in provincia di Venezia, si erge Villa Fo­scari detta La Malcontenta, unanimemente riconosciuta come la residenza palladiana con il miglior interno. En­trando, colpisce la grande cupola cen­trale illuminata dall’architetto vicenti­no in modo magistrale. La grande sala, poi, ha un muro esterno punteggiato di finestre, una scelta ardita e assolutamen­te innovativa per l’epoca. Il risultato è una villa abi­tata dalla luce e dalla leg­gerezza. «Andrea Palladio era perfettamente consa­pevole della fortuna di ave­re per committenti persone speciali. Lo scrive anche in una lettera, lodando i nobi­li mecenati “che hanno se­guito le mie ragioni, cosa rarissima come ben sa chi vuole introdurre un’usanza nuova”», spiega Beltramini. È grazie a questi aristocratici illuminati che il suo estro si esten­de fin nel Polesine, prossima tappa del tour. A Fratta Polesine, infatti, c’è la più maestosa e rurale delle residenze palladiane: è Villa Badoer, una “fattoria” con le sembianze di un tempio antico. La scorgiamo su un alto podio, con delle scalinate utili a raggiungere il livello del terreno circostante, un tempo paludoso. Le barchesse per i carri sono curve e oggi paiono abbracciare il visitatore. Idealmente, il tour potrebbe finire qui: dal Vicentino al Polesine, Palladio ha saputo trasformare il territorio con il suo canone pulito e razionale, elegante e funzionale. «Queste residenze non sono meri esperimenti scenografici, ma luo­ghi fatti per essere vissuti e ancora oggi le ville in cui si respira davvero lo spirito del Palladio sono le uniche due abitate: Villa Foscari, rimasta di proprietà della famiglia, e La Rotonda, dei conti Valma­rana. In quest’ultima non c’è ancora la luce elettrica ed è il conte Valmarana in persona ad aprire la dimora al pubblico due volte la settimana, un gesto che la­scia intendere il suo profondo legame affettivo con quel luogo», conclude Bel­tramini.

Una generosità simile a quella dell’im­prenditore vicentino Ivo Boscardin che ha acquistato all’asta, dopo un lungo pe­riodo di abbandono, Villa Formi Cerato, a Nord di Vicenza: l’edificio palladiano è stato messo in sicurezza, è ora parzial­mente visitabile e nel giro di due anni sarà completamente restaurato. Per chi volesse poi approfondire la conoscenza del Palladio suggeriamo due altre tappe: Villa Pisani Bonetti, a Bagnolo di Longo, in provincia di Vicenza, il primo edificio residenziale realizzato dall’architetto dopo essere stato a Roma. Palladio tor­na nella sua terra natale e ha negli occhi le volte delle antiche terme romane che ripropone in ambiente domestico usan­do travi di legno: una vera rivoluzione. Infine, per capire da dove tutto è inizia­to, tappa a Villa Dei Vescovi, residenza di proprietà del Fai ideata all’inizio del ‘500 da Alvise Cornaro e fonte di ispirazione per il giovane Palladio: a metà strada tra La Malcontenta e la Badoer, è una casa quadrata con logge attorno ai lati, eret­ta su un colle. Con ingegno e coraggio, e grazie a mecenati intelligenti, Andrea Palladio ha ridisegnato una parte del Ve­neto, e noi ancora oggi ne godiamo.

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