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Roland Garros, il torneo più affascinante dello Slam

Si festeggia a Parigi il 125esimo compleanno del Roland Garros una competizione che stravolge i pronostici, affossa i favoriti nella polvere rossa e premia, spesso, il coraggio più della tecnica

I francesi lo chiamano affettuosamente il “Rolànd”. È il vecchio amico che compare ogni anno a primavera inoltrata, con tutta la sua carovana di atleti impolverati di rosso ocra, pronti a tuffarsi in volée, saltare in veroniche alte e incrociare rovesci devastanti. Per tutti gli altri è semplicemente il tennis con la T maiuscola, il torneo su terra battuta che da sempre fa storia a sé. Perché il Roland Garros è una competizione unica, diversa da tutte le altre. La sua grandeur non è frutto maturo dell’età: nel circuito del Grande Slam, infatti, ci sono tornei ben più antichi e altrettanto prestigiosi. Wimbledon, simbolo assoluto di questo sport, è più vecchio di 14 anni, visto che sull’erba del circolo le palline schizzano sin dal 1877. E anche Flushing Meadows, la casa degli Us Open di New York, ha documentato scatti a rete e servizi potenti sin dal 1881, passando dall’erba alla terra verde e infine al cemento. Eppure il torneo internazionale di Parigi, che con l’edizione 2016 (16 maggio-5 giugno) compie i suoi primi 125 anni, è talmente unico nel suo genere da essere considerato quasi una disciplina sportiva a sé stante.Sarà perché il termine tennis, benché regolamentato dagli inglesi, deriva proprio da quel “tenez” con cui i cavalieri del 400 avvisavano gli avversari per ogni lancio compiuto nell’antico gioco della pallacorda (jeu de paume). O forse perché solo al Roland Garros la lingua ufficiale non è l’inglese bensì il francese (il tie break qui è le jeu decisif). Oppure ancora perché la tecnologia è vista con sospetto, tanto da mettere al bando l’occhio di falco – cioè la moviola in campo, che viene sostituita dalle tracce lasciate dalla pallina sul terreno – e da non concedere spazi alla luce artificiale. Ma probabilmente il cuore inimitabile della competizione sta in quel campo di mattoni tritati: il Roland Garros è l’unica competizione del Grande Slam a disputarsi sulla terra rossa, un terreno di battaglia che lascia segni rossi quasi indelebili sugli atleti e i loro attrezzi.

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POLVERE DI STELLEÈ tutto più complicato, laggiù, sulla terra rossa. Anche i marziani del tennis faticano a imporsi nella polvere d’ocra. Basti pensare che Boris Becker, John McEnroe, Pete Sampras e Jimmy Connors non sono mai riusciti a sollevare il trofeo francese. E lo stesso è accaduto a Martina Hingis e Lindsay Davenport tra le signore. L’asso pigliatutto Roger Federer è riuscito invece solo una volta (nel 2009) a interrompere il dominio decennale di Rafael Nadal. Per ironia del destino, l’inafferrabile Rolànd è stato vinto da atleti dal palmares meno luccicante come Gustavo Kuerten, Juan Carlos Ferrero e il nostro Adriano Panatta, mai primi in altri tornei dello Slam. Così come accaduto in campo femminile a Francesca Schiavone nel 2010.Ogni superficie ha i suoi specialisti, si dirà. Ma è una mezza verità. Qui cambia tutto. La strategia dei “batti e scendi a rete dei panzer” qui non funziona. Ci vogliono testa di ferro e gambe d’acciaio, perché serve una resistenza micidiale per reggere lunghi scambi da fondocampo, durante i quali gli atleti corrono come farfalle da una parte all’altra del terreno. Basti ricordare le oltre sei ore di match tra Fabrice Santoro e Arnaud Clément nel 2004. Tutto è più lento e complicato sulla terre battue. Si scivola nella polvere e si colpisce duro in attesa di vedere crollare l’avversario, prima psicologicamente che fisicamente. Il tennis qui diventa una partita a scacchi.

INTERVISTA AD ADRIANO PANATTA

STILE PARIGINOTuttavia, l’idea di consacrare la terra di Parigi al rosso mattone non è francese. L’innovazione della terra battuta, infatti, è inglese: agli inizi del secolo scorso, il tennista britannico William Renshaw insegnava l’arte della racchetta a giovani allievi su campi in erba di Cannes. D’estate però il sole della Costa Azzurra brucia il manto erboso trasformandolo in arena spelacchiata, poco adatta agli allenamenti tennistici. A Renshaw venne l’idea di ricoprire il campo di polvere d’ocra proveniente dal vasellame inutilizzato della cittadina di Vallauris, nel Sud della Francia. Da questa intuizione nasce il campo in terra battuta che caratterizza tanti tornei, come gli Internazionali di Roma, ma soprattutto è l’arena di elezione degli Open di Francia. Oggi sono necessarie due tonnellate di mattoni macinati per ricoprire i campi del Roland Garros. Sotto la terra rossa ci sono ben tre strati: trenta centimetri di pietra, sette-otto centimetri di materiale metallico per il filtraggio dell’acqua, sei centimetri di calcare. Il tutto va innaffiato più volte al giorno per garantire il rosso del terreno. Nel XVI arrondissment di Parigi, ogni pietra e ogni mattone sono consacrati alla storia del tennis.

IL COCCODRILLOUn passaggio allo Stade è un tuffo nella memoria sportiva di questo torneo. Il campo principale, sulle cui tribune sono distribuiti 15 mila posti, è intitolato a Philippe Chatrier, a lungo presidente della federazione tennistica francese, ma soprattutto l’uomo che ha contribuito maggiormente a riportare il tennis alle Olimpiadi, a partire da quelle di Seul del 1988. Il secondo campo per ordine d’importanza, capienza 10 mila spettatori, porta il nome di Suzanne Lenglen. Lei è “La Divine”, la tennista francese che tra gli anni 10 e 20 del secolo scorso vinse venticinque titoli dello Slam tra singolare, doppio e doppio misto e due titoli olimpici. Alla Lenglen è intitolata anche la coppa del singolare femminile.

Terminati gli anni d’oro dei Quattro Moschettieri francesi, il Roland Garros ha sorriso a tanti campioni e a molti outsider, ma soprattutto agli italiani con tre vittorie in campo maschile e una nel singolare donne

1891 A Parigi si svolge il primo campionato di tennis di Francia. Possono partecipare solo atleti francesi o stranieri iscritti a club transalpini

1897Il torneo apre alle donne con il singolare femminile

1925 Nasce la prima edizione del campionato internazionale di Francia

1928 Le gare si disputano nello stadio intitolato all’aviatore francese Roland Garros

1928 René Lacoste vince il suo terzo titolo agli internazionali di Francia

1940-44La stagione più buia: lo stadio viene requisito dal Regime di Vichy diventando un centro per la detenzione degli oppositori

1959-1960Nicola Pietrangeli vince due volte il Roland Garros

1968È il primo Slam a giocarsi con la formula “open”, senza fare alcuna distinzione tra dilettanti e professionisti

1976Conquista il titolo Adriano Panatta

1974Prende il via la supremazia svedese con Bjorn Borg e poi Mats Wilander

1984Ivan Lendl batte in finale, al quinto set, John McEnroe. È stata definita la partita più bella della storia del torneo

2005Inizia l’era del dominio assoluto di Rafael Nadal, nove titoli vinti in undici edizioni

Ma il pezzo forte arriva nella piazzetta dedicata ai Quattro Moschettieri (che danno il nome alla coppa del singolare maschile): René Lacoste, Jean Borotra, Jacques Brugnon e Henri Cochet che dominarono negli anni 30 il torneo di Parigi e inanellarono una serie impressionante di vittorie in Coppa Davis per sei stagioni consecutive. René Lacoste è uno dei simboli del tennis mondiale. Il più giovane del gruppo venne soprannominato “coccodrillo” dai suoi compagni di squadra perché portava le racchette dentro borse in pelle di rettile. Da qui, nel 1933, a Nîmes nacque la polo con l’animale cucito sul petto e il marchio di abbigliamento omonimo, agli esordi solo per tennisti e oggi brand globale da 1,5 miliardi di fatturato l’anno.

GLI SPECIALISTIIl cannibale di Parigi è però Rafael Nadal: nove vittorie dal 2005 a oggi. Quest’anno lo spagnolo proverà a centrare il decimo trofeo degli Open, ma i tanti acciacchi fisici non permettono di inserirlo tra i favoriti. Magari è arrivato il turno del fenomeno Novak Djokovic, attuale e incontrastato numero uno del mondo: dopo aver sconfitto re Rafa negli ottavi 2015, il serbo si è incredibilmente arreso allo svizzero Wawrinka, mancando per la terza volta l’appuntamento con il trono di Parigi. Ma qualche problema alla schiena per Djokovic lascia la porta aperta a nuove sorprese. La terre battue del Roland Garros, infatti, è un campo di battaglia per specialisti, gambe robuste e grande cervello. Prima di Nadal, a dominare negli anni ’70 era stato Bjorn Borg (sei vittorie), mentre nel singolo femminile la regina è stata Chris Evert (sette trionfi, uno più di a Steffi Graf). Persino le invincibili sorelle Williams a Parigi hanno dovuto spesso inchinarsi alla fatalità del campo più complicato del mondo: Serena che ha conquistato “solo” tre vittorie, Venus ha raggiunto appena una volta la finale. Per tutti gli altri il mattone tritato è stato una trincea da dove sono usciti con le ossa rotte, con sorprese dietro l’angolo. Non è un caso che al Court Philippe Chatrier emergano giovani di belle, se non bellissime, speranze. Monica Seles ha vinto il trofeo a 16 anni, Michael Chang a 17 anni sconfisse in finale Stefan Edberg. Il Roland Garros è così, senza pietà. Ci vuole testa per vincere e capacità di sorprendere: lo statunitense di origine taiwanese, quando i crampi sembravano avere la meglio sulla sua prestazione negli ottavi, si inventò il servizio dal basso spiazzando tutti, soprattutto l’avversario che era niente di meno che Ivan Lendl. Giovani sul podio, ma anche “vecchietti” e non teste di serie: 1972 Andrés Gimeno conquista il titolo a 34 anni, Mats Wilander (1982) e Gustavo Kuerten (1997) vincono quasi da perfetti sconosciuti.

TRICOLORE AL VENTOE Parigi porta bene anche a les italiens. È l’unico torneo dello Slam dove l’inno di Mameli ha suonato più volte. Abbiamo ancora negli occhi la vittoria nel 2010 di Francesca Schiavone sull’australiana Samantha Stosur. La stessa Schiavone è arrivata a due passi dal bis nel 2012, sconfitta però dalla cinese Li Na. L’anno successivo è stata la volta di Sara Errani che ha ceduto solo in finale contro Maria Sharapova. Nella categoria maschile gli exploit vanno rintracciati a ritroso nel tempo, sin dal 1932 con Giorgio De Stefani che perde la finale contro uno dei quattro moschettieri francesi Henry Cochet.Nel 1959 e 1960 Nicola Pietrangeli compie il miracolo sportivo di aggiudicarsi due volte di fila il Roland Garros su quattro finali disputate, vittorie che gli sono valse il terzo posto nella graduatoria mondiale, vetta mai raggiunta dagli eredi azzurri. Nel 1976 è la volta di Adriano Panatta che interrompe il dominio assoluto di Bjorn Borg vincendo gli Open di Francia. Da allora ci siamo dovuti accontentare di buoni risultati: gli ottavi di finale di Andrea Gaudenzi (1994) e i quarti di Renzo Furlan (1995) e di Fabio Fognini (2011).

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Fu un inglese a ideare l’uso della polvere di mattoni per ricoprire i campi da tennis, diffusosi poi soprattutto nei Paesi del Mediterraneo. Servono due tonnellate di terra rossa per ricoprire i court di Parigi (Foto © Getty Images)