La storia della Nardini è tutta racchiusa in quel “B.lo” che campeggia sull’etichetta. Un acronimo con oltre 200 anni di memoria, il cui significato è “Bortolo”, il nome del capostipite della famiglia Nardini che, nel 1779, diede vita alla celebre distilleria di acquavite, destinata ad attraversare i secoli, fino a diventare la più antica d’Italia.
La storia vuole che Bortolo, originario della Val di Cembra in Trentino, fosse solito scendere dalle montagne per commerci e, percorrendo la via lungo il fiume Brenta, conobbe la realtà di Bassano: un crocevia di genti, dal fiorente interscambio e dal vivace tessuto culturale. Si pensa sia stato proprio il potenziale economico della città a spingere Bortolo a comprare quel localino sul vecchio ponte di legno, il Ponte Vecchio (progettato da Palladio), che congiungeva le due sponde del Brenta, e dare vita alla distilleria. Da allora sono trascorsi secoli, eppure la grapperia Nardini è ancora lì, uguale a prima, gelosamente conservata nei secoli dagli eredi di Bortolo: chi la visita ritrova le stesse ruvide pietre settecentesche, il famoso bancone con incisa la scritta “Quei che alla vita tiene, beva giusto e beva bene”, e le giare di rame. Solo, la facciata ovest è stata sforacchiata dagli archibugi di Napoleone. Il che, però, contribuisce al fascino del posto, inserito tra i Locali storici d’Italia. Nel frattempo, le grappe e i liquori Nardini sono diventati un prodotto d’eccellenza e di successo: premium, ma non d’élite, presenti in Italia e all’estero, dalle trattorie ai più rinomati ristoranti. Angelo Nardini, responsabile commerciale Italia dell’azienda, racconta a Business People il successo di quest’avventura imprenditoriale, tra tradizione e innovazione.
Da quante generazioni si tramanda il mestiere?Io appartengo alla settima. Tendenzialmente, per ogni generazione vengono individuate due o tre persone che lavorano in distilleria, mentre gli altri svolgono attività diverse: chi il medico, chi il professore… Ci trasmettiamo non solo una professione, ma anche la passione e l’orgoglio di essere riusciti a superare tantissimi avvenimenti, a cominciare dalla Prima Guerra Mondiale.
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La vostra fierezza emerge fin da quell’etichetta“B.lo Nardini”…Le dirò di più. L’etichetta del nostro prodotto principe, ossia la grappa bianca, è storica: è stata disegnata dallo stesso Bortolo e stampata dai Remondini, gli stampatori presenti a Bassano nel 700. Non l’abbiamo mai cambiata, tant’è vero che “acquavite” appare ancora nella dicitura latina “aquavite” il cui significato potrebbe essere “acqua di vita” o “acqua della vite”. Pur essendo un’etichetta di oltre 200 anni, risulta molto moderna e pulita.
Dal 2004, però, oltre alla grapperia vi siete dotati anche del modernissimo Bolle, realizzato dall’architetto Massimiliano Fuksas. Perché questa scelta?Bolle è stato inaugurato in occasione dei 225 anni di attività ed è un edificio che ben rappresenta la doppia velocità su cui viaggia Nardini che è, sì, famosa per la sua tradizione, l’antica grapperia e l’etichetta remondina, ma al contempo è un’azienda modernissima. Bolle congiunge le radici del passato con l’innovazione e la tecnologie d’avanguardia.
Quali eventi vi organizzate?Giornate di formazione per i clienti, visite dell’azienda, proiezione di filmati (in tutte le lingue), assaggi… Diamo spazio inoltre a manifestazioni culturali: da sei/ sette anni ospitiamo una prima nazionale di danza moderna in occasione di Opera Estate Festival.
Cosa spinge una distilleria a occuparsi anche di cultura?«Abbiamo sentito l’esigenza di fare qualcosa per il territorio: da Bassano e dal suo Ponte Vecchio abbiamo ricevuto tanto. Era il momento di restituire il favore».
Com’è cambiata, negli ultimi 20 anni, la vostra clientela e quali effetti ha avuto la recessione sul comparto?La recessione ha impattato su tutti i consumi, compresi quelli voluttuari legati ai superalcolici, ma ha influenzato anche gli stili di vita: oggi si beve meno ma meglio, andando alla ricerca della qualità.
Il che depone a vostro favore, immagino.Esatto. La nostra filosofia è ben riassunta dalla scritta sul bancone dell’Antica Grapperia: il prodotto deve essere di primissima qualità. Recessione a parte, il cambiamento delle abitudini era già in atto da qualche anno: il consumatore è diventato più evoluto, tende a prediligere prodotti di qualità per gratificarsi, e la clientela ha iniziato a comprendere più giovani e donne. Da segnalare poi un incremento nel Sud Italia, che una volta beveva meno grappa…
Quali sono i vostri prodotti di punta?Sicuramente la grappa classica bianca a 50° a cui abbiamo affiancato la stessa miscela a 40°, dall’approccio più facile, e a 60°, per gli intenditori. E questo sia per le grappe bianche, sia per le riserve invecchiate. Tra i prodotti di punta ci sono poi le riserve con invecchiamenti più importanti, fino a 15 anni. Abbiamo anche un assortimento di altri prodotti, come i liquori, che produciamo da sempre: la Tagliatella, per esempio, nasce nel 1800. Si chiama così perché in dialetto veneto tagliare vuol dire mescolare.
Sul piano internazionale, invece?Facciamo circa un 10-12%: vendiamo grappe e liquori; il prodotto più facile resta la grappa riserva, invecchiata in botte. I Paesi più ricettivi sono Germania, Francia e Svizzera, ma siamo da sempre in Inghilterra, Usa, Australia, Giappone. È cambiata invece la distribuzione: se 20/30 anni fa il consumo all’estero avveniva solo attraverso la ristorazione italiana, adesso è la stessa ristorazione straniera a proporre i nostri prodotti, che stanno diventando sempre più intern
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