Le forme del tempo

Due secoli di stile al polso attraverso l’evoluzione estetica delle casse degli orologi che, reinterpretando linee, spessore e materiali, ha creato dei veri oggetti di culto

Per molti appassionati cassa è l’orologio, semplicemente. Tecnicamente, invece, è la struttura esterna dell’orologio. Per fare un parallelo con il mondo dell’automobile, è la carrozzeria che contiene e protegge il motore – il movimento, nel nostro caso – e ovviamente, caratterizza l’estetica, il design dell’orologio. La cassa è composta dalla carrure (la parte mediana alla quale, di solito, viene vincolato il movimento, che in orologeria viene detto “calibro”), dal fondello (il retro dell’orologio, che può essere chiuso o a vista, grazie a un vetro trasparente per l’osservazione della parte inferiore del movimento) e dalla lunetta che blocca il vetro e che negli orologi subacquei è contraddistinta dalla ghiera girevole unidirezionale. E sono ben cinque le forme delle casse, con infinite variazioni sul tema. La tradizionale è quella tonda. Poi abbiamo la tonneau, che mutua il nome dalla forma di una tipica botte francese per l’invecchiamento del vino dalle proporzioni definite per convenzione (in sostanza ha la forma di una barrique). A seguire esistono casse rettangolari, quadrate e ovali (più femminili). Alcuni orologi dalla forte vocazione impermeabile possono contare sulla cassa “monoblocco”, che viene creata da un unico pezzo di metallo lavorato al tornio.

VISIONE E CONCRETEZZA A prescindere dal design che vuole dare al suo orologio, un costruttore deve comunque assecondare questioni tecniche ben precise che sono legate ad aspetti pratici, come la forma e la dimensione – nello specifico, il diametro e lo spessore – del movimento che adotta e al grado di impermeabilità che vuole ottenere, oltre ad altre priorità come l’affidabilità e la robustezza. L’orologio – da tasca e poi da polso – nasce tondo perché è la forma migliore per garantire tali imprescindibili aspetti. Lo sviluppo tecnico e l’utilizzo di materiali sempre più innovativi ha consentito nel tempo di averne di ogni forma e composizione (acciaio, alluminio, argento, carbonio, ceramica, oro bianco, giallo, rosa e oro rosso, palladio, platino, tantalio, titanio, tungsteno, zaffiro…) e oggi non ci stupiamo se troviamo in commercio orologi di alta gamma dal quadrante tridimensionale o in grado di funzionare ancora dopo essere stati a quasi 11 chilometri di profondità nella Fossa delle Marianne o, ancora, capaci di non subire variazioni di marcia nemmeno di fronte a campi magnetici da 15 mila gauss. TRADIZIONE E INNOVAZIONE Fino agli inizi del ‘900 la situazione è piuttosto tranquilla, per usare un eufemismo, nell’ambito del design: le casse sono comunemente tonde, eleganti e non impermeabili. Poi, nel giro di poco più di un decennio, scoppia una triplice scintilla. Nel 1912 Vacheron Constantin, forte dell’autorevolezza e della credibilità di oltre un secolo e mezzo di successi alle spalle, rompe gli schemi della tradizione e adotta casse tonneau, sdoganando di fatto la forma nell’altissimo di gamma. Nel 1919 Bisogna aspettare gli inizi del ‘900 perché le casse anche Cartier, con il Tank, sceglie la forma, stavolta declinata in chiave rettangolare. Se queste sono scintille, comunque decisive, una vera e propria esplosione arriva nel 1926 quando Rolex inventa l’Oyster, la prima cassa impermeabile per orologio da polso. Ed è una cassa tonneau. Inizia così l’orologeria moderna come la interpretiamo ancora oggi, con il savoir-faire meccanico-decorativo che deve corrispondere ad altrettanta affidabilità e robustezza (anche a prova di acqua). Il successivo “ooohhh” di stupore degli appassionati lo registriamo tra il 1957 e il 1960, quando Piaget rende definitivo il concetto di ultrapiatto, prima con un calibro manuale spesso soltanto 2 mm e poi con un automatico di soli 2,3 mm di spessore. Tra la fine degli anni ‘60 e i primi anni ‘70 arrivano altre due forme che segnano la storia dell’orologeria. Il Monaco di Tag Heuer (nel 1969) che diventa il primo orologio (e anche il primo cronografo automatico) con cassa impermeabile quadrata; e il Royal Oak di Audemars Piguet (nel 1972) con lunetta ottagonale e cassa integrata al bracciale, per un design ancora (e probabilmente per sempre) geniale. L’uomo, per tutto il Novecento (o quasi), era abituato a portare orologi del diametro di 32, 34 o 36 mm al massimo (solo gli sportivi arrivavano a 39 o 40 mm). Poi, intorno ai primi anni Novanta, Panerai ha introdotto la cassa dal diametro extra-large (da 44 a 47 mm e oltre, con l’inimitabile ponte proteggi-corona), rendendo le misure fino a 36 mm minuscole e ormai amate solo dai nostalgici e dai polsi femminili più sottili. In attesa del prossimo colpo di genio…

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