La scarpa made in Italy si salva solo grazie all’export

Con un mercato interno ancora in forte crisi i produttori italiani di calzature si affidano ai compratori internazionali, soprattutto extra-comunitari. I dati 2012 e i trend 2013 presentati dal presidente Assocalzaturifici Cleto Sacripanti

Un mercato sempre più duale, caratterizzato dalla costante contrazione dei consumi interni (e delle importazioni) e contemporaneamente dalla crescita, seppure con differenze sostanziali tra Paesi, delle esportazioni. È lo scenario in cui si trova ad agire oggi il made in Italy, in particolare il comparto calzaturiero. A sottolinearlo il presidente di Assocalzaturifici Cleto Sacripanti presentando i dati relativi al 2012 e ai primi mesi del 2013.

Grazie al traino delle esportazioni dirette ai mercati non comunitari – cresciute sia in valore (+12,9%) che in volume (+4,1%), il 2012 è stato chiuso dalle aziende italiane con un incremento nel fatturato estero complessivo del 2,5%. Non solo, i dati Istat relativi ai primi due mesi del 2013, ci dicono che globalmente le esportazioni sono cresciute del 5,3% in valore e del 3,7% in volume. Ma questi risultati sono la media di due andamenti differenti perché le esportazioni extra-europee (+ 13,8% in valore) fanno registrare un incremento superiore a quello dei paesi Ue che si collocano quasi sugli stessi livelli 2012 (-0,5% valore e +0,6% volume). La Francia si conferma il primo mercato, ( + 7,7% in valore e + 3,4% in volume) mentre prosegue l’arretramento per la Germania (-2,7% e -6,8%). Molto bene invece Russia (+27% valore) e Cina (+43%).

«Vale la regola che quanto più ci si allontana dall’Italia e dall’Europa e tanto più le vendite sono positive» ha precisato Sagripanti, che però non ha nascosto la preoccupazione per quanto è accaduto, e sta accadendo, entro i confini nazionali. Sono infatti soprattutto i consumi interni a subire nei primi tre mesi di quest’anno le contrazioni più accentuate. Dopo il calo del 3,8% del consuntivo 2012, nel primo trimestre di quest’anno gli acquisti delle famiglie italiane hanno subìto una flessione del 4,7% in volume, con un decremento ancora più severo in termini di spesa (-7,2%) e di prezzi medi (-2,6%). Si tratta insomma del segnale che ormai non solo si compra meno, ma si compra anche peggio: minore qualità da un lato e maggiore scontistica per indurre all’acquisto, una strategia che comunque alla lunga porta ad un abbassamento della qualità complessiva del prodotto offerto sul mercato.

Crisi del mercato interno che si evince da questi dati: nel 2012 si sono persi nel settore 250 imprese e quasi 1.700 addetti, così come nei primi tre mesi del 2013 si sono persi quasi altri 1.000 addetti (-1,2% rispetto a dicembre 2012) e altri 83 calzaturifici, in pratica quasi uno al giorno.

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