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Gusto

Osteria Perillà: sinfonia di sapori

Una cucina ricca, in controtendenza rispetto alla moda del momento. Così lo chef Marcello Corrado ha conquistato la prima stella Michelin per l’Osteria Perillà, in Val d’Orcia

Nata come costola del Podere Forte, una delle tenute toscane emergenti del vino che hanno fatto del sangiovese della Val d’Orcia un valore aggiunto della loro attività, l’Osteria Perillà si è imposta quest’anno all’attenzione dei gourmet grazie allo straordinario lavoro di Marcello Corrado: in poco più di un anno ha portato la prima stella Michelin in questo angolo di paradiso appena fuori dalle rotte più comuni del turismo in Toscana.

La sua cucina ha riscosso apprezzamenti per la ricchezza e la completezza di sapori che la caratterizzano, in controtendenza con il continuo “levare” oggi diffuso. Merito anche della sua esperienza nel nostro Sud? Anche se sono nato a Napoli e romano d’adozione, direi che questa è semplicemente la mia idea di cucina maturata negli anni. Insomma, la mia è una proposta istintivamente meridionale, ma che dopo una vita passata a lavorare tra Vicenza, Treviso, Lago di Garda, Bolzano, Merano e Milano ha acquisito tratti ancora più variegati, senza però tradire le sue origini.

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Il legame con il territorio è evidente nei suoi piatti. Come nasce il vostro “chilometro qui”?Il signor Forte mi ha chiamato a Perillà e si è presentato con i suoi migliori prodotti, pur sapendo benissimo che non ero toscano. Avevo a disposizione una materia prima pregiatissima, allevata e coltivata in maniera biodinamica, ma poneva anche tante problematiche mai affrontate. Qui gli ingredienti non arrivano pre-confezionati e pronti da cucinare. Per esempio, si parte da animali interi e devi pianificare tu lo scadenzario con il macello. È un paradigma completamente diverso dal classico lavoro da chef. Oltre alla carne, ho olio, miele, ortaggi meravigliosi, ma anche frutta e uova. In breve, quasi tutto, tranne il pesce che comunque facciamo arrivare dal vicino Mar Tirreno.

Una delle specialità del suo ristorante è il maiale: come esalta la Cinta Senese nelle sue ricette?Devo dire che si tratta di una carne dalla qualità straordinaria senza alcun confronto possibile con il maiale classico. Forse l’unico paragone sensato è col pata negra. I nostri animali vivono liberi nel bosco, sono molto grandi, con un grasso fine e, soprattutto, si distinguono per carni che hanno un sapore ammandorlato davvero unico. In cucina usiamo i maialini da latte di due mesi, mentre le bestie più grandi danno salumi buonissimi.

Può citare l’abbinamento più riuscito di un suo piatto e un vino di casa Forte?E anche uno con un altro vino toscano scoperto a Castiglion d’Orcia? Per i vini di Podere Forte, il mio preferito è il “bordolese” Guardavigna che con la Sella di lepre in dolceforte è uno spettacolo assolutamente perfetto, ma in genere funziona benissimo con i piatti di selvaggina, che in autunno e primavera qui abbondano. Più in generale, in sala c’è Maurizio Maggi che si occupa dei vini, e ha saputo mettere insieme una proposta coerente con la scelta biologica e biodinamica del Podere Forte. Ha riunito il meglio della produzione toscana e nazionale di questo settore, comprese molte bollicine ad integrare una preziosa raccolta di bottiglie francesi che Pasquale Forte ha messo a disposizione dalla sua collezione personale. Anche con i bianchi ci difendiamo. Per esempio, abbiamo abbinato con soddisfazione il Timorasso Sterpi di Valter Massa o il Frappato di Arianna Occhipinti alla Triglia di scoglio alla cacciatora, che unisce idealmente cucina di mare e di terra.