Quando ci si avvicina a Gualdo Cattaneo, nell’entroterra perugino, lasciata la prevedibile regolarità dell’A1, i rettilinei scompaiono, come pure i campi lunghi, sostituiti da tornanti, colline, boschi verdeggianti intervallati da fasce arate e coltivate a grani, dai filari ordinati di grechetto e sagrantino, casolari in pietra, che si affacciano annunciati dagli sbuffi di fumo dei camini, isolati o in borghi di tufo e pietra. «1400, quasi 1500», per citare un cult del cinema italiano, persino oggi potrebbe essere la didascalia di un’istantanea di questi luoghi, complici gli aromi di terra e di legna che accolgono i visitatori.
Eppure proprio qui, discreto e integrato nel paesaggio, è stato da poco inaugurato uno stabilimento modernissimo, che dimostra come cultura imprenditoriale e artigianalità non si escludano a vicenda, anzi. Si tratta del nuovo birrificio con annessa malteria di Mastri Birrai Umbri, brand creato nel 2011 da Marco Farchioni, erede di una dinastia (oltre dieci generazioni) di imprenditori presente sul territorio dalla fine del ‘700, che produce farina e olio extravergine, con il marchio Farchioni, e vini con l’etichetta Terre della Custodia. La produzione di birra è una scommessa di Marco, grande appassionato e intenditore, che l’ha voluta da subito artigianale, cioè non pastorizzata, non filtrata, ad alta fermentazione e con rifermentazione in bottiglia. Si tratta di un caso abbastanza insolito per il panorama brassicolo italiano, che sta vivendo in questi anni un particolare sviluppo. Secondo il Report Assobirra, l’ente che raccoglie il 90% delle aziende che producono e commercializzano la birra nel nostro Paese, il 2017 è stato un anno record, sia per quanto riguarda i consumi pro capite, sia in relazione ai quantitativi prodotti. Protagonisti assoluti di tanto fermento sono gli oltre 850 birrifici artigianali censiti votati all’eccellenza che per la maggior parte però sono micro aziende non certo paragonabili all’impianto di Gualdo Cattaneo.
Quest’ultimo, caso più unico che raro, è l’unico birrificio artigianale in Italia con filiera completa, grazie alla nuova malteria inaugurata l’anno scorso, che è anche tra le più grandi d’Europa. Il progetto, tra l’ammodernamento del birrificio precedente e la costruzione della malteria ha richiesto investimenti per circa 5 milioni di euro. «Ma ne valeva la pena», ci ha confidato Marco Farchioni, «perché ora abbiamo la possibilità di produrre le birre che vogliamo, gestendo in autonomia tutte le fasi della produzione». Anche i Mastri del brand non sono lì tanto per creare l’atmosfera, ma sono tre e hanno un nome e un ruolo preciso: l’agronomo della famiglia Farchioni, Stefano Bartolucci che studia le varietà di luppoli e la loro adattabilità sul territorio aziendale, il maltatore Gianfranco Regnicoli, che cura tutte le fasi della lavorazione dell’orzo a seconda del risultato richiesto, e il birraio Michele Sensidoni, che insieme a Marco Farchioni mette a punto le varie cotte, fino a trovare gusto e stile desiderato.
«Le nostre birre nascono dopo un lungo periodo di prove ed esperimenti per scegliere gli orzi e i luppoli migliori e le ricette, perfezionate da noi, sono testate una ad una, cotta dopo cotta. Solo quelle che ci hanno convinto davvero vengono immesse sul mercato, e proprio per questo abbiamo deciso di chiamarle con il nome della cotta di riferimento». Nascono così Cotta 21, 74, 37, 68 e 50, le birre del debutto, che conservano un legame speciale con il territorio. Mastri Birrai Umbri ha a disposizione più di 700 ettari per la coltivazione degli ingredienti delle sue birre, e non soltanto cereali come orzo e farro, ma anche legumi, cioè lenticchie e cicerchie, che entrano nella composizione rispettivamente della cotta 74, una doppio malto scura e dal gusto piacevolmente pastoso, e nella cotta 37, una rossa molto minerale e fresca. «Volevo che le mie birre parlassero di questa terra», continua Marco Farchioni, «perché in fondo la mia è una famiglia di contadini». Insolito, rispetto al panorama brassicolo artigianale, è anche il canale di distribuzione, che, oltre ai pub e alle enoteche, non snobba affatto la Gdo, rischiando di penalizzare la percezione dell’artigianalità del brand con la vicinanza a prodotti di tipo industriale. «La birra è democratica», è il commento di Farchioni, «e non vedo perché non dare la possibilità ai clienti che fanno la spesa al supermercato di apprezzare Mastri Birrai Umbri, anche se certamente il prezzo di vendita è quello di una birra artigianale».
Tuttavia non tutte le birre del brand approdano sugli scaffali della grande distribuzione: una serie di cotte speciali sono riservate ai canali privilegiati: la Bio, una ale con malto di frumento, la Ipa, ale italiana speziata, Evoca con mosto di uve sagrantino e Vinea con mosto di Moscato, queste si trovano solo nei negozi specializzati, essendo prodotte in volumi ridotti. E, contrariamente a quanto si potrebbe supporre, i volumi di produzione complessivi restano volutamente contenuti: nel 2017 sono state prodotte 2 milioni di bottiglie, pari a 15 mila ettolitri di birra, mentre il nuovo stabilimento potrebbe arrivare a produrne fino a 60 mila (il disciplinare di produzione per la birra artigianale ne consente fino a 200 mila). Non è la quantità, l’obiettivo di Marco Farchioni, ma la qualità: e i risultati stanno premiando Mastri Birrai Umbri, che ha chiuso il 2017 con un fatturato di 6 milioni di euro, pari a una crescita del 10% rispetto all’anno precedente, con particolari picchi in Lombardia, Lazio e Toscana. Buone notizie anche dall’export, che assorbe il 20% della produzione, in particolare – «ma solo per il momento», precisa Farchioni – Cina, Hong Kong, Giappone, Taiwan, Belgio, Olanda, Australia e Messico, che nel 2017 hanno registrato fatturati per 1,2 milioni di euro, pari a un +30% rispetto all’anno precedente, con un trend positivo già confermato anche per il primo semestre del 2018.
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