Luciano Zazzeri, imprevisti stimolo alla creatività

Sono nati dalla sfida di soddisfare richieste insolite alcuni piatti pluripremiati dello chef toscano de La Pineta

Da una baracchina sul mare, archetipo di tanta ristorazione balneare in un Paese dalle migliaia di chilometri di costa, fino alla stella Michelin, passando per un lavoro costante e continuo fatto di dialogo con il mare, i suoi prodotti e le sue storie: ascoltando Luciano Zazzeri ci sentiamo raccontare una verace storia del mare italiano degli ultimi 30 anni e un’avventura imprenditoriale affascinante che oggi offre a Marina di Bibbona (Li) il più buono spaghetto con le vongole che possiate assaggiare. Vai alla ricetta

Cosa l’ha portata a diventare uno chef? La Pineta è da sempre il ristorante di famiglia, un’attività iniziata con mia nonna e sua sorella, seguita poi da mia zia e mia mamma. Ovviamente all’epoca era un locale semplicissimo, una vera baracchina sul mare, come in parte è anche adesso. Un locale che è sempre stato “alla mano” e che, in un certo senso, spero sia percepito così ancora oggi. Io sono stato il primo uomo di famiglia ad affacciarsi in cucina dopo il mio nonno materno, anche se a 18 anni avevo licenza di pescatore e appena uscivo dal mare aiutavo i miei all’ora di punta. Ho sempre avuto il pallino delle cotture del pesce, così nel 1987 ho cominciato a entrare in cucina occupandomi in un primo tempo del crudo, poi cimentandomi con i gelati, e osservando altri colleghi importanti da cui ho sempre cercato di imparare qualcosa.

Per esempio?Ricordo quando Maurizio Menichetti, del Relais & Chateaux da Caino mi portava in giro per farmi conoscere vini e cucina, o Aldo Bonatia a Cecina, che ci ha fatto capire come materie prime eccezionali potessero essere la vera svolta. È stato lui a ispirarci e farci appassionare alla ricerca: il primo fungo che nasceva era suo e anche la prima beccaccia cacciata o il primo pesce pescato. E poi, oltre che a cucinare, abbiamo imparato come intrattenere i clienti in sala. In Toscana la tradizione dell’accoglienza non esiste, solo recentemente è cresciuta l’attenzione all’ospite. Con l’arrivo dei “nobili di Bolgheri”, anche noi ci siamo raffinati, grazie ai consigli e a una nuova cultura. Poi viaggiare ha cambiato le cose: da Parigi alla Thailandia, se sei curioso ti arricchisci di continuo.

Cosa si diverte di più fare in cucina? La mia passione a tavola è il primo piatto: pasta, riso e le loro innumerevoli possibilità espressive, anche in un apparentemente semplice spaghetto allo scoglio. In realtà mi esalto anche con i secondi, perché è un banco di prova dove misurarsi con le cotture, le più difficili da seguire. Impazzisco anche per la pasticceria, quando posso mettere su mani creme e sfoglie sono sempre felice. Insomma, amo fare un po’ tutto!

La richiesta più strana che le è capitato di ricevere in tema di piatti di pesce? Una volta mi hanno chiesto un tagliolino con tutto il pesce che avevo a disposizione come condimento: è successo con un cliente americano, dopo due o tre giorni che cucinavo senza seguire le portate previste sulla lista. L’imprevisto, però, è uno stimolo alla creatività: la richiesta di un menù che non seguisse le ricette disponibili in carta si è rivelata una sfida da cui sono nati alcuni piatti che hanno anche vinto delle competizioni. Si può dire che l’esigenza di una creatività “forzata” dalle circostanze, mi abbia spinto a osare qualcosa che altrimenti non avrei mai provato a fare.

Tutti dicono “vado dallo Zazzeri” e nessuno a “La Pineta”, è un problema? È il cognome della mia famiglia e ci tengo parecchio, quindi sono felice che si dica così. Pensi che uno dei primi “Zazzeri” di cui rimane traccia nella storia, ovvero Camillo, era capocaccia dai Gherardesca, altri invece erano commercianti: tutte professioni dove l’onore e la rispettabilità contavano tantissimo.

Qual è l’attrezzo che preferisce in cucina?La padella, per la manualità e l’attenzione alle cotture che richiede: hai la materia prima sott’occhio e ti gestisci secondo ciò che vuoi ottenere. Devo dire che anche la cottura sottovuoto è interessante, ma è la padella a dare vera soddisfazione, un po’ come quando si passa dal cambio automatico a quello manuale.

Lei in fatto di pesce è uno specialista. Qual è il suo segreto?Non ci sono molte chance, il pesce va toccato con cura e rispetto, ci vogliono cotture brevi, e la creatività spesso significa capire come tirarne fuori il meglio, con grandissima attenzione a come e quanto cuoce. Poi succede che un piatto come la triglia spadellata con foie gras e mela fritta diventi un piatto icona, molto famoso per aver vinto diversi premi, ma è decisamente un piatto slegato dai miei canoni. Diciamo che, su dieci piatti in menu, nove sono riconducibili alla tradizione e solo uno “strano” o particolarmente creativo.A proposito di creatività e abbinamenti alternativi, lei è un grande fan del vino rosso con i piatti di mare: è una provocazione, una scelta di gusto o di campo, visto che è così vicino a Bolgheri? Mio padre ha sempre bevuto vino rosso con il pesce, ma per cultura abbino eleganza a eleganza, basti pensare a pinot noir e pesce, che vanno magicamente bene insieme. Poi si potrebbe scegliere un sangiovese, ma non concentrato e con pochi tannini.

Con un biglietto gratis per qualsiasi parte del mondo, dove deciderebbe di andare?Direi in Giappone. In cucina ho sempre uno o due ragazzi che vengono dal Sol Levante, ma ancora non sono riuscito ad andare a visitare questo Paese.

LA PINETAVia dei Cavalleggeri, 27 Marina di Bibbona (Li) Tel. 0586 600016 www.lapinetadizazzeri.it

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