L’estate è rosé

Dopo anni di critiche il vino rosé ha conquistato il favore dei consumatori e anche maison da sempre ostili per scelta al rosato si sono convertite. Sulla scia dell’operazione di rilancio iniziata nella terra dello champagne…

Attaccato da tutti e messo in croce da molti consumatori per anni, oggi il vino rosato sta vivendo una giovinezza inaspettata con festival, iniziative e successo di pubblico, il che spesso si traduce in prodotti di alto livello ma anche in tanti di infima qualità che vendono solo perchè di moda. Metteteci poi anche l’Unione Europea con una proposta di regolamentazione che permetterebbe di ottenere rosato mescolando vino bianco e rosso (molti pensano che il rosé si faccia davvero così, ma è una pratica ammessa solo nella Champagne). Ecco che momento migliore per (ri)scoprire questa tipologia di vino non ci può essere!

Champagne rosé

La terra che ha sempre tenuto alto il nome e la qualità dei rosati è indubbiamente la Champagne e anche quella che ha avuto un ruolo importantissimo nel suo rilancio. Già dagli anni ‘90 leggendarie etichette come Dom Perignon hanno cominciato ad avere la propria versione rosata e recentemente anche maison da sempre ostili per scelta al rosato si sono convertite. Eclatante il caso del Bollinger Rosé con note agrumate e di fragola definite e la solita consueta potente eleganza che contraddistingue la bollicina di 007. I colori delle bollicine rosate sono quanto di più caleidoscopico possiamo volere da un vino e anche come profumi e gusto possono davvero variare molto, dagli champagne rosé tutto colore acceso e note di fragola e lampone in evidenza, un pochino più ruffiani e semplici fino ai prodotti più complessi. Prodotti che nel bicchiere ci mettono un po’ di tempo per aprirsi ma poi regalano note di frutta elegantissime (fragole, ribes rosso, ciliegia), di caramello, di vermouth Carpano, metalliche e dolci allo stesso tempo con corredo di tostatura e minerale (iodio, gesso), mineralità che spesso si ritrova anche al gusto costringendoci a un secondo bicchiere quasi immediato, come nel caso del Francois Hemart Rosé Brut di Henri Giraud o del Veuve Clicquot Rosè 2002, ambedue molto marcati dal Pinot Nero.

Italia da scoprire

L’Italia, in special modo la Puglia, è la patria dei rosati che si producono ovunque e di qualità spesso molto alta. Ma anche il Nord offre numerose alternative dall’ottimo rapporto qualità prezzo. Tra questi il Bardolino (ottimo il Bardolino Rosé di Corte Gardoni) e altri vini attorno al Lago di Garda (come il Garda Chiaretto di Agricola Provenza, uno dei più facilmente reperibili), o in bollicina il Rosé Brut di Costaripa (sponda bresciana del Lago di Garda). Al sud, in Calabria, sono interessanti i prezzi di Cirò rosati incredibili (Librandi, Ippolito 1845), da consumarsi però nei primissimi mesi di commercializzazione e quasi mai dopo l’estate. In Veneto è da segnalare Contarini che produce una cuvée particolare di Chardonnay e Pinot Nero chiamato Victor Cinquantaquattro da sempre legata a iniziative umanitarie in collaborazione con Avsi (adozioni a distanza). La Puglia, dicevamo, è la regione dalla tradizione più consolidata per questa tipologia con prodotti d’eccellenza assoluta come il Five Roses di Leone de Castris, l’unico rosato capace di invecchiare decenni evolvendosi in maniera affascinante fino a dare sentori di dattero, scorza d’arancio, rum, resina, noci, confettura di prugna mentre da giovane è affascinante per i richiami mentolati, ciliegia, malva e lamponi freschi. Il bel nome deriva dalla contrada Cinque Rose a Salice (Salento, ovviamente!) dove per varie generazioni ogni esponente della famiglia Leone aveva avuto cinque figli. Il Five Roses è inoltre stato il primo rosato italiano in bottiglia e tuttora l’unico di cui si possano realizzare verticali dal 1943 ai giorni nostri. Tra le aziende meno note, procuratevi una bottiglia di Palamà Metiusco Rosato, dal Salento a base Negroamaro, e il Vigna Flaminio Rosato dell’Agricole Vallone dove il Negroamaro è arricchito da Malvasia Nera (secondo qualcuno un Tempranillo spagnolo in trasferta…) e Montepulciano d’Abruzzo a dare un puzzle di profumi e sentori davvero coinvolgenti. Altra categoria in grande spolvero che ha permesso il boom della Franciacorta è quello della bollicina rosè, come quello di La Montina o quello ricercatissimo Francesco I° di Uberti, tutti giocati su colori ramati molto eleganti. E a proposito di francesi, se non volete sentire la mancanza del carissimo Krug Rosé, fate più di un pensiero sul Bellavista Rosé, forse l’unico davvero in grado di competere ad armi pari con molti Champagne rosati. Gustosissimo anche il Cuvee Imperiale Max Rosé di Berlucchi che presentandosi demisec (ovvero leggermente dolce) rappresenta una valida alternativa sia per aperitivi e antipasti a base di crostacei e cibi piuttosto sapidi sia come accompagnamento al dessert.

Il boom inglese

E un vino rosé, il Rose d’Anjou – vale a dire la Aoc francese che produce uno dei vini rosati più famosi, dalla Valle della Loira dal vitigno Cabernet Franc – da luglio a ottobre sarà sponsor della mostra Gay Icons, raccolta di ritratti di Elton John, sir Ian McKellen e Billie Jean King ma anche la principessa Diana e Martin Luther King, allestita alla National Portrait Gallery a Londra. Non è un caso, in Inghilterra le vendite dei vini rosati sono passate da 114 milioni di sterline nel 2002 a oltre 200 nel 2005 addirittura meritandosi una posizione nel panel dell’equivalente del nostro Istat come categoria merceologica di studio economico. Proprio la crescita della Gran Bretagna ha determinato le sorti dello Zinfandel rosé, vitigno californiano molto duttile (stretto parente del Primitivo di Manduria pugliese) che ha contribuito a far diventare gli Stati Uniti il secondo Paese esportatore di vino nel Regno Unito, scalzando Francia e arrivando a insidiare l’Australia (l’Italia è quarta, stabile). Non solo, proprio gli Stati Uniti sono al quinto anno consecutivo di crescita a doppia cifra del rosè con addirittura un balzo del 50% in più nel corso dell’ultimo anno. Dal punto di vista qualitativo, anche non considerando la Champagne, il primato qualitativo spetta comunque alla Francia, unico Paese al mondo a avere una Doc interamente dedicata ai rosati, ovvero Tavel, nel Rodano Meridionale. Ma sono tantissime le Doc dove il rosé è la tipologia più ricercata come Lirac e i vini della Provenza (Bandol, Cote du Provence). I vitigni utilizzati sono per i rossi Grenache, Cinsault, Mourvèdre, Syrah, Carignan e per i bianchi Picpoul, Calitor, Bourboulenc, Clairette, decisamente nomi per lo più sconosciuti. Invece conosciuti e diffusissimi (oltre l’80% del rosato francese proviene da qui) sono i rosé della Provenza oltre ai già citati rosati della Valle della Loira. Altra nazione che sui rosati sta puntando molto è la Spagna (soprattutto le regioni al Nord) con zone fortemente vocate ai rosati anche grazie alla presenza di Garnacha o di Cabernet Sauvignon dalla struttura molto esile (facile da reperire il bel Rosato di Enate dal Somontano). A proposito di abbinamenti, il rosè è un vino jolly, eclettico, che riesce a trarre d’impaccio in molte occasioni. Ha, infatti, corpo e struttura paragonabili ai bianchi ma persistenza aromatica e capacità di legarsi ai cibi da vino rosso: una serie di caratteristiche che si prestano a cibi un po’ al confine carne/pesce come il baccalà alla livornese (e anche alla vicentina), certi formaggi semi stagionati, cacciagione da piuma e piatti con verdure molto elaborate. Per non parlare delle cucine orientali…

COME SI PRODUCE IL ROSÈ?

Solo in Champagne, per motivi storico culturali è possibile ottenere un vino rosato mescolando vino bianco e vino rosso (in genere Pinot Nero vinificato in rosso mescolato a una base di Chardonnay e Pinot Meunier), usando il metodo definito “coupage”. È così che è prodotto il Philipponnat Clos des Goisses Rosé, dal naso di fragola, caramella inglese, nocciola tostata, colore rosa cremosissimo, bocca lunghissima, sapida ma speziata, ribes rosso e mirtillo leggero, prugna e acqua di rose. Ma questo non è l’unico modo di ottenere Champagne rosé. Infatti molti prodotti, anche blasonati, sono ottenuti con il metodo “saignée” ovvero lasciando le bucce di uva rossa (pinot nero appunto) a contatto con il mosto per poche ore. Questo metodo in Italia è chiamato “salasso” e usato in molti rosati nostrani dove il rosé appunto deriva dal prelievo di una parte del mosto destinato a dare vini rossi importanti. In Toscana, per esempio, al Rosato di Toscana di Biondi Santi si aggiunge del mosto che poi darà il Brunello di Montalcino più prestigioso, al Vin Ruspo di Capezzana quello del Carmignano Docg e al Rosato di Ama quello del Chianti Classico Castello di Amada Gaiole in Chianti. Ci sono poi esperienze più innovative e moderne che usano la tecnologia per far fermentare in modo lento (e quindi estrarre poco colore e sostanze polifenoliche) dalle bucce per diversi giorni a temperature moto basse.

IL COLORE ROSA

Prima di tuffarci in qualche bicchiere, due parole sul “potere rosa”. Questo colore generalmente rappresenta la sensibilità, la dolcezza e il calore. La teoria ci dice che chiunque scelga questa tinta rifiuterà presumibilmente tutto ciò che è arrogante e disarmonico. E proprio questo colore può essere d’aiuto, secondo la teoria dei chakra (vortici di energie con varie localizzazioni, stimolabili con pietre e colori) a guarire da emicrania e per aumentare la fiducia in se stessi e la creatività. Noi sommelier, ma in generale anche molti consumatori in maniera inconsapevole, scegliamo e usiamo i rosati alla stregua di un quarzo rosa, la pietra più importante del 4° chakra, la cui energia ci è indispensabile per ottenere autorealizzazione e pace interiore. Stando sempre alle teorie indiane, il rosa è il colore da cercare se ci sentiamo incapaci di dare e ricevere amore e, quindi, di venire rivitalizzati da questo sentimento. Detto così sembra che i vini rosati si addicano solo a coppie in crisi e single alla disperazione e invece va inteso in tutti quei casi in cui cerchiamo una coccola in più dal nostro bicchiere, un’emozione che nasce appunto dal colore stesso. Avete fatto caso che nessun rosé viene messo nelle classiche bottiglie di vetro verde?

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