La guerra della musica

Che succede se i discografici chiedono più soldi alle radio che con la musica guadagnano più di chi la produce? E che succede se le radio rifiutano di pagare quanto pagano i network all’estero? Succede che si può arrivare a un muro contro muro. Il mondo delle canzoni che nessuno vi ha mai raccontato

La trattativa per il rinnovo del contratto tra la stragrande maggioranza delle case discografiche (solo quelle aderenti all’Afi hanno già raggiunto un accordo, non si sa perché) e i dieci principali network radiofonici aderenti a Rna, Radio nazionali associate, si trascina dal lontano 2006 e nulla lascia presagire una prossima soluzione. La richiesta della discografia è quella di adeguare la percentuale che attualmente i network riconoscono ai produttori e agli esecutori, l’1% sul fatturato pubblicitario lordo, ai livelli medi europei, come minimo il doppio se si tiene presente che in Spagna la percentuale è del 2%, in Francia e in Inghilterra del 4%, in Germania addirittura del 5,6%, per citare solo alcuni dei principali Paesi.Nel dicembre del 2008 Scf Consorzio Fonografici, l’ente creato appositamente per la riscossione dei diritti connessi, tra i quali quelli delle radio, ha ritenuto di dovere agire in giudizio nei confronti dei dieci network che si rifiutavano – e si rifiutano – di ritoccare al rialzo questi compensi divenuti nel tempo irrisori e, recentemente, come contromossa, queste radio hanno addirittura istituito una specie di embargo, minacciando di sospendere la messa in onda delle novità discografiche in promozione. Una presa di posizione paradossale e sotto certi punti di vista ridicola, perché ormai da anni se ne fregano delle novità discografiche proposte dai produttori e privilegiano solo canzoni di artisti già affermati che proprio per questo non hanno bisogno della promozione radiofonica e che al contrario servono per aumentare gli ascolti delle radio stesse. È da molto tempo infatti che sui principali network non passano giovani artisti sconosciuti. E questo con varie motivazioni, la principale delle quali è che “non corrispondono al loro target” e non aiutano in tal modo i produttori, dicendo loro che li “passeranno quando saranno diventati un successo”.Da anni così la discografia è diventata spesso succube di improbabili direttori artistici che decidono in base a loro personalissimi gusti e senza ascoltare le motivazioni dei discografici, se la canzone a loro presentata sia bella o brutta, fregandosene completamente delle esigenze della discografia che pure ha un bisogno vitale di proporre sempre nuovi nomi per non fossilizzarsi ai soliti cantanti.Tutto questo malgrado il fatto che questi network riempiono il 50-60% della loro programmazione giornaliera con la musica che pagano con percentuali ridicole, senza la quale si troverebbero costretti a modificare i loro programmi aumentandone drasticamente i costi e riducendo quindi i loro notevoli utili, quando non fossero costretti a ridimensionarsi fino a chiudere, perché la maggior parte degli ascoltatori si sintonizza esclusivamente per la musica, spesso a discapito dell’acquisto dei dischi.Questo minimo costo che le radio devono sostenere per riempire i loro programmi, ha fatto in modo che i loro proprietari in pochi anni siano diventati ricchi, basti ricordare che il fatturato complessivo di questi network rappresenta più del doppio di tutto il fatturato dell’industria discografica, che tra l’altro sta attraversando un periodo particolarmente critico dato che la ridotta vendita dei dischi non riesce più a coprire i forti investimenti richiesti.Le radio, al contrario, continuano a prosperare, e quando non sono proprietà di ricche società di comunicazione come L’Espresso-Repubblica, Mediaset, Virgin, sono di personaggi spesso venuti dal nulla che ora navigano su scintillanti yacht, volano su aerei privati, hanno creato veri e propri imperi, una ragione in più per essere riconoscenti ai discografici che li hanno aiutati fin dall’inizio, cominciando a dare loro la musica gratuitamente e poi accontentandosi di piccole ridicole percentuali con la scusa che era tutta promozione. Ora che l’effetto promozionale è fortemente ridotto, è giusto che paghino un po’ di più e che accettino di riconoscere una percentuale adeguata all’evolversi del mercato.Dopo una vita passata a subire le imposizioni di tutti, sarebbe ora che la discografia si impuntasse e non cedesse a ricatti, ne va di mezzo la dignità e perfino la sopravvivenza di tutto il settore.P.S. Per la cronaca, questi i network che hanno dato vita all’embargo delle novità discografiche: Radio RTL 102,5; Radio 105; RDS; Radio Montecarlo; Virgin Radio; Radio DeeJay; Radio Capital; M2O; Radio Italia; Radio 101.

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