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Lifestyle

In principio fu il ping pong

La prossima edizione di Pitti Uomo focalizza l’attenzione sul crossover tra moda e abbigliamento tecnico, puntando i riflettori sulle realtà di maggiore successo e sulle contaminazioni più innovative

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Guarda chi si rivede, il buon vecchio ping pong, come motivo trainante dell’area più avant-garde di Pitti Uomo 86, in programma dal 17 al 20 giugno a Firenze. Quello sport da tavolo, che negli anni ’70 entrò nella maggior parte delle case e trasformò le scrivanie degli studenti in mini campi da tennis, diventò anche una forma di diplomazia, distendendo i rapporti tra Usa e Cina quando il team statunitense entrò in territorio cinese per la prima volta dopo l’instaurazione del regime di Mao. Sembrava andato in letargo negli ultimi anni, ma non nei Paesi asiatici: infatti oggi il ping pong risulta uno degli sport più diffusi al mondo, con 40 milioni di giocatori stimati a livello agonistico e oltre 300 milioni amatoriali (per la maggioranza cinesi). Ma non è solo su questo che i produttori di abbigliamento tecnico stanno puntando l’attenzione come area di maggiore sviluppo potenziale, bensì su tutto il mondo dello sport indoor (fitness e yoga), oltre che sulle attività a impatto ridotto sui bilanci famigliari come la corsa e il ciclismo. Secondo una ricerca condotta daSports & Fitness Industry Association’s (Sfia), nel 2013 molti tra gli sport più diffusi come baseball, pallacanestro e calcio hanno visto un declino di popolarità tra il 3% e il 5% nel corso dell’anno. Anche se il mercato dell’abbigliamento e degli accessori per questi giochi di squadra resta sempre molto vasto in Nord America e nell’Europa Occidentale, il calo riflette forse l’aumento della scelta in termini di possibilità di fare movimento. Questi orientamenti possono essere letti anche come il risultato di un periodo di crisi in cui la diminuzione delle disponibilità di spesa si è accompagnata all’aumento della sensibilità verso il benessere, personale e ambientale, e l’importanza del movimento fisico per mantenerlo. Un argomento che crea engagement soprattutto tra il pubblico femminile, fatto che spiegherebbe il boom di yoga e fitness, trend leader con un aumento di popolarità fino al 6% nel 2013, così come di attività finalizzate al wellness e alla forma psicofisica individuale (obiettivi più femminili) più che all’agonismo e alla creazione di solidarietà verso un team amicale o professionale (obiettivi più maschili). Ecco il perché dell’ottima performance, negli ultimi due anni, del marchioReebok, che ha lanciato collezioni di sneakers specificamente rivolte al fitness, analogamente a Nike nel mondo jogging & running. Le scarpe da ginnastica del resto sono campioni di vendite, con un tasso di crescita annuo superiore all’8%.

DI RECORD IN RECORD

Prima della recessione, si legge in una ricerca di Euromonitor International, società leader nelle indagini di mercato, l’abbigliamento sportivo nel mondo fatturava circa 200 miliardi di euro e si aspetta una crescita entro il 2017 a 300 miliardi. A guidare il mercato a livello globale sono gli Stati Uniti con tre Paesi Bric (Russia, Brasile e Cina) che insieme incidono per il 60% sul fatturato. E non stupisce più di tanto, vista la capillarizzazione dei computer e il numero di Internet-native interessati allo sport, che il canale di vendita più in crescita, anche se ora pesa solo per il 6%, sia l’ecommerce. Analizzando il fenomeno da un punto di vista di costume, inoltre, non può non risultare evidente la “sportizzazione” del lifestyle urbano e del daywear, che assorbe le soluzioni di comfort e funzionalità messe a punto per l’agonismo ma utili anche al miglioramento della vita quotidiana, sia outdoor sia indoor. Non sorprende quindi il fatto che il prossimo Pitti Uomo punti i riflettori sullo sportswear, osservando quanto questo si sia ormai integrato nell’abbigliamento quotidiano creando contaminazioni e crossover tra contenuti tecnici ed estetici di grande interesse, e soprattutto di tendenza. I visitatori della manifestazione si troveranno quindi al centro di un ping pong tra moda & fitness che premia l’innovazione e la creatività: una gara di cui ancora non si conoscono i vincitori, le strategie e i risultati finali, ma che sicuramente influenzerà in modo determinante le sorti del fashion world.

VOGLIA DI SPORTSWEAR

In soli cinque anni i big dello sportswear mondiale hanno registrato risultati record. Con incrementi, solo per citare Adidas e Nike, che rispetto al fatturato 2009 hanno totalizzato una crescita rispettivamente di 5 e di quasi 4 miliardi di euro. Per il 2014, complici i Giochi invernali di Sochi e i Mondiali di Calcio in Brasile, si prevedono performance ancora più interessanti: la World federation on the sporting goods industry, che rappresenta i mega marchi del settore a livello globale, prevede crescite del 4%. Forse è anche grazie a queste prestazioni che da tempo le griffe e le aziende del fast-fashion hanno posto le loro attenzioni su questo segmento. Gli esempi si sprecano. Con Giorgio Armani che è officer outfitter degli Azzurri dalle Olimpiadi di Pechino, ed esperienze simili vantano H&M, Lacoste e Ralph Lauren. Se il mondo ride, non si può dire altrettanto per l’Italia, dove lo sportswear ha chiuso il 2013 con un -6,5% per i ricavi (9,7 miliardi) e un -3,5% per numero di pezzi venduti. C’è chi spera però nel miracolo, perché se gli Azzurri riportassero un buon risultato negli stadi carioca, la voglia di sport (e di sportswear…) potrebbe salire anche nel nostro Paese.

CONTAMINAZIONI DI STILI

Lo sport, ormai da qualche anno, è uscito dall’ambito ristretto d’interesse dei soli specialisti diventando elemento d’ispirazione stilistica che guarda a un pubblico sempre più ampio,con qualche differenza di genere. In alcuni casi la percentuale femminile di acquirenti si attesta sul 30% in altri raggiunge il 50%, ciò che rimane costante è un aumento dell’attenzione attorno al fronte lifestyle e meno active. Per riuscire a cogliere gli elementi essenziali responsabili del cambiamento di ruolo che ha investito l’abbigliamento sportivo, traghettandone la connotazione da prettamente funzionale a fashion, ci siamo avvalsi delle preziose testimonianze di importanti aziende del comparto. Hanno risposto alle nostre domande Enzo Fusco, presidente Fgf Industry, Enrico Roselli, a.d. La Martina,Giulio Colombo, a.d. manifattura Mario Colombo & C (Colmar), Andrea Tomat, presidente Lotto Sport Italia e Andrea Cerù, responsabile Business Development Chervò. Se è vero che negli ultimi anni si è affermato uno stile sportivo accessibile a un pubblico eterogeneo, non più fatto di atleti in senso stretto, ma rivolto a un pubblico attento ai valori che lo sport trasmette, è importante capire quali tappe o prodotti abbiano scandito questo passaggio. Come ci racconta Andrea Tomat, presidente Lotto Sport Italia: «Negli anni ‘90 c’è stato un vero e proprio boom delle sneaker e questo fenomeno, cominciato fin dagli anni ‘80, continua anche oggi». Lotto, infatti, un marchio mondialmente riconoscibile, in questi anni si è riconfermato fedele alla propria storia: «Abbiamo iniziato con una scarpa utilizzata dal mitico tennista australiano John Newcombe, e che di questo giocatore porta il nome. È stato un progetto originale e apprezzato, che ancora adesso ispira molta della nostra produzione per il tempo libero. Poi è stata la volta della mitica Competition ancora nel tennis, la Stadio di Italia ‘90, nel calcio, la Tokyo nel running. Un fenomeno che, rivisitato, è ritornato di moda in questi mesi».

VOCAZIONE LIFESTYLE

Chervò è un’altra azienda che, nata con una forte vocazione sportiva fin dalle sue origini, nei primi anni ‘80, ha riscosso un rapido consenso iniziale, innovando il modo di concepire l’abbigliamento da sci, coniugando uno stile disinvolto con materiali e dettagli tecnici che ne assicuravano una perfetta funzionalità. «Nei primi anni ’90 abbiamo applicato la ricetta che noi definiamo “chic-tech” anche all’abbigliamento da golf», racconta Andrea Cerù, responsabile Business Development, «uno sport che si svolge all’aria aperta e quindi richiede materiali che proteggano dalle mutevoli condizioni climatiche senza interferire sul gesto atletico, ma che allo stesso tempo esige un dress code rigoroso».Insomma, si può dire che in tutto il settore si avverte un generale spostamento nella preferenza dei più a vestire uno stile sportswear in occasioni lifestyle, persino mondane, prova che anche lo sport viene oggi concepito in una fascia più prossima a quella del lusso. Blauer e C.P. Company, per esempio, seguono una cadenza semestrale nella proposta di nuove collezioni che, pur offrendo medesimi modelli diversificati nei colori e nelle taglie a seconda dei Paesi di destinazione, si aggira su qualche centinaio di capi per collezione. Lo stesso vale per Colmar Originals, una linea di prodotti sportswear interpretati in chiave fashion: materiali pregiati e di ricerca applicati a modelli dall’impronta giovane e sportiva. Per Lotto, poi, sensibile a cogliere gli stimoli che giungono dalla moda così come dai consumatori, un’azienda sportiva deve incarnare i valori intrinseci dello sport, dalla passione alla competizione, senza scordare l’italianità e vocandosi a un orizzonte internazionale. «Ci siamo impegnati molto per sviluppare anche queste competenze e capacità», sottolinea Andrea Tomat. «Ci dedichiamo alla ricerca, allo studio dei trend e frequentiamo il mondo della moda, che in Italia è un terreno straordinariamente fertile, pieno di idee e stimoli. Stiamo investendo molto in termini di progetto, fiduciosi delle opportunità che ci riserverà il mercato». A confermare questa tendenza c’è anche Chervò: «Tutti i nostri investimenti sul prodotto sono rivolti verso questo obiettivo. Le nostre collezioni vengono sviluppate avendo in mente le esigenze di un golfista, durante il gioco, ma anche più in generale per un lifestyle attivo e raffinato non limitato allo sport», spiega Cerù. «Sono pochi i prodotti delle nostre collezioni il cui uso è ristretto al campo, mentre la gran parte è studiata per il golf, ma perfetta per un uso sportswear raffinato adatto a occasioni mondane, viaggi e, in generale, a tutte le occasioni sociali che non richiedano un abbigliamento formale».

UNA TRADIZIONE NEL POLO

E come non citare La Martina? «Il nostro caso è particolare», afferma l’a.d. Enrico Roselli, «la specializzazione nel polo ci distingue dagli altri, perché storicamente questo sport coinvolge un pubblico di appassionati non necessariamente attivi in prima persona». Per loro, dunque, non si tratta di tendenza recente, ma di una contaminazione intrinseca alla natura stessa dello sport: «Esiste una permeabilità assoluta tra pubblico e sportivo, non ci sono neppure barriere fisiche tra lo spettatore e il giocatore che scende da cavallo. La medesima permeabilità si ritrova anche nell’abbigliamento di entrambi, che possono vestire nello stesso modo. In particolare», continua Enrico Roselli, «il nostro marchio gode di questa tendenza sport-lifestyle perché storicamente siamo stati tra i primi a reinterpretare, per esempio, la camicia legata al contesto polo: la camicia che verrà indossata da un giocatore dopo una partita, per partecipare a un cocktail al club, dovrà essere riconoscibile, brandizzata, ma adatta a un’occasione lifestyle».

PERFETTA FUNZIONALITÀ

Al di là della tendenza generale, assoluta identità di vedute si registra anche per quanto riguarda la tipologia dei requisiti necessari al successo di una collezione di capi sportivi: performance è la parola d’ordine. «Innanzitutto un prodotto deve performare», afferma infatti Andrea Tomat. «Deve essere funzionale, rispondere alle richieste di chi pratica lo sport a ogni livello. La gamma deve essere accessibile, adatta a consumatori che hanno disponibilità di spesa diverse e, infine, deve soddisfare esigenze di tipo estetico, attraverso i materiali, le fogge, i colori e la vestibilità». «I prodotti devono essere innovativi e offrire reali vantaggi in termini di prestazione», gli fa eco Andrea Cerù. «In ambienti sportivi, dove le persone sono legate alla comune passione, l’esperienza e il passa parola sono un ingrediente importante del successo». Risulta fondamentale, però, per capire le “differenze di campo” in cui ci si muove, una precisazione: «Quando si passa a un ambito più ampio della pratica dello sport verso un utilizzo tempo libero», continua, «la comunicazione e le politiche distributive diventano più importanti, ma il radicamento vero nel mondo dello sport offre un’importante leva su cui basare la comunicazione e l’immagine». Colombo rafforza il concetto: «È necessaria una ricetta che sappia miscelare i gusti; per Colmar gli ingredienti essenziali sono, oltre all’innovazione e alla qualità, la forza del marchio e la coerenza tra prodotto e immagine del brand».

Da sinistra verso destra, alcuni capi che ben rappresentano la filosofia dei rispettivi marchi di appartenenza: la Phoenix II pensata da Lotto per il running; giubbotto in stile Blauer; polo a righe bianche e grigie di Chervò; una comoda felpa Colmar,e una giacca firmata della capsule colletion Royal Box di La Martina

IL VALORE DEL MARCHIO

Com’era prevedibile, nel passaggio al mondo del fashion, l’abbigliamento sportivo porta con sé l’importanza imprescindibile delle prestazioni dei capi, in termini di funzionalità e comfort. Ma questo non basta. Anche il valore della marca incide sulla scelta dei consumatori, come riassume in modo chiaro Enzo Fusco: «Due marchi storici come Blauer e C.P. Company hanno una forte identità. Il primo, come sintetizza il motto “Uncompromising Performance”, rappresenta il Dna americano di prodotti resistenti, mentre C.P. Company rinvia allo sportswear di alto livello, alla ricerca e alla sperimentazione su nuovi tessuti e finiture speciali». «La marca come legittimazione e informazione è un valore che si costruisce nel tempo, ma deve essere rafforzato in ogni occasione e a ogni nuovo acquisto», aggiunge Tomat. «Lotto ha conquistato negli anni un’eccellente reputazione, legata alla qualità dei prodotti realizzati, alla loro affidabilità e soprattutto alla prestazione».Del resto fama del marchio e prestazioni dei relativi prodotti sono concetti strettamente legati, come fanno notare anche Roselli e Cerù, visto che, soprattutto in campo sportivo, la prima poggia saldamente sulle seconde.

UN MERCATO CHE PREMIA

Il settore è in crescita sia in Italia che all’estero, come dimostrano le percentuali di Blauer con un fatturato che si divide tra un 60% in Italia e un 40% all’estero, o C.P. Company, che invece trova spazio soprattutto fuori dai confini nazionali e, come dimostra il successo di Colmar Originals, con incrementi stagionali, dal lancio, a due cifre. Malgrado la discontinuità delle richieste di questi anni, per Lotto la fase di crescita è legata maggiormente al mercato delle calzature, Chervò ha continuato a svilupparsi in modo soddisfacente, così come La Martina, che registra incrementi soprattutto quando i prodotti hanno a che fare con l’autenticità, con situazioni reali come eventi sportivi in senso lato, i Mondiali di calcio, per esempio.Infine, ancora una volta, il successo di questo segmento di mercato sembra essere legato a strategie condivise dai diversi brand. Da un lato il monomarca, che rappresenta «un canale diretto e privilegiato con il consumatore», come sostiene Enrico Roselli, «non solo per la trasmissione del marchio attraverso il prodotto. Anche attraverso il trattamento dello spazio, è una porta aperta sul brand». Punto su cui concorda Fusco, che in Italia presidia il mercato non solo monomarca con numerosi Fgf Store e in partnership con Blauer (distribuita anche in Cina). Per Lotto, oltre al prodotto, resta invece essenziale il campo delle sponsorizzazioni, nell’advertising tradizionale – giornali e periodici – e il punto vendita, così come per Chervò, che in ordine di priorità elenca le sponsorizzazioni, i cataloghi immagine e il materiale stampa e Web.

CHI FA TENDENZA

CALCIO Non è solo “cosa da hooligans”. Uno tra gli sport più popolari al mondo, il calcio, si divide tra un’anima pop e una glamour con icone di stile come David Beckham, marito della “posh-spice” Victoria, oltre che scolpito e storico testimonial per brand fashion come Armani, o più recentemente per BSkyB.

TENNIS All England Club il dress code vuole la sua parte. Per fortuna dopo Fred Perry e René Lacoste, ecco che ancora il mondo della moda ritrova lo stile irreprensibile del vincitore di Wimbledon 2012. L’eleganza è di altri tempi, ma per Roger Federer è quotidianità di gioco e presenza.

GOLF Sul green distinzione fa rima con rispetto delle regole sportive. Scarpe chiodate e guanti antiscivolo assicurano la performance sportiva mentre berretti, pantaloni e magliette diventano protagonisti, soprattutto se indossati da personaggi cult come Tiger Woods, tornato in vetta alle classifiche nel 2013.

SURF Aspettando l’onda perfetta lo stile surfista torna con Missoni sulle catwallk A/I 2014. Si tratta di un evergreen che misura la sua età attraverso le lunghezze del pantaloncino: corto e perbene nei Sixties in Un mercoledì da leoni, si allunga nei ribelli anni ’90 alla Point Break, per guardare oggi alla dimensione hip hop.

PING PONG È uscito dalle sale degli oratori per riscoprire un lato glamour. L’intrattenimento vittoriano “da tavolo”, ormai da qualche anno, dà vita a nuove forme di socialità che si giocano nei locali alla moda in Gran Bretagna o inframezzando cene tra vip allo Spin di NY city. Non ci resta che aspettare…

BASKET Basket dans la rue: quando moda, sport e musica si mixano. A Pigalle, nel cuore di Parigi, oltre al campo inaugurato da Stéphan Ashpool con il sostegno di Nike nel 2009, nascono una boutique, Pigalle, e una crew Pain O Chokolat che anima la vita della ville lumière con feste, sfilate di moda e musica.