I 7 segreti per attirare i turisti di tutte le età

Dal terzo rapporto di Igh ecco come i brand e le aziende dell’hospitality creano valore con le due fasce di clienti più importanti, i Millennials e gli ultra 50enni. Il segreto è il Trust capital

Ihg (InterContinental Hotels Group) per il suo Trend Report 2015 ha intervistato più di 400 mila viaggiatori internazionali in tre anni per capire indagare quali siano i trend della ricettività turistica. Dal rapporto è emerso che la nuova sfida e opportunità del 2015 per il turismo è gestire contemporaneamente e in modo ottimale due gruppi di consumatori diversi per età anagrafica, ma accomunati da un grande potenziale: i Millennials (i nati tra il 1982 e il 2000) e i Boomers (quelli tra il 1946 e il 1964).

Sono i nuovi viaggiatori di oggi: giovani e anziani, ciascuno con precise aspettative e gusti in fatto di viaggi e con diverse modalità di approcciarsi e di fidarsi del brand. Per le aziende e i marchi dell’hospitality puntare a queste categorie di consumatori significa non solo andare incontro alle loro aspettative, ma generare relazioni di valore puntando sulla fiducia. Infatti, il vero segreto per avere più clienti è il Trust Capital.

Significa generare un capitale di fiducia focalizzandosi sul consumatore e sul suo modo di percepire il brand.

Ecco sette consigli indicati da Ihg per dare vita a un Trust Capital per la propria impresa:

1. Costruire una Trust Agenda. Al centro del Trust Capital vi è sia la costruzione del corporate brand – attraverso la sinergia di credibilità, integrità, responsabilità e leadership – che il focus sul consumatore e il suo modo in cui stima il valore della marca.

2. Riconoscere che la fiducia non è la reputazione. Entrambe sono importanti e per tanto dovrebbero essere trattate in modo tale. La reputazione è la considerazione retroattiva di esperienze passate con un’azienda o brand, mentre la fiducia è la valutazione prospettiva delle attese del consumatore riguardo ad esperienze future.

3. Orientarsi alla personalizzazione, ma conoscerne i limiti. La fiducia è determinante nella personalizzazione. Più un consumatore si fida di un brand, maggiore sarà ciò che condividerà e più un brand può essere più personalizzato. Bisogna fare distinzioni però tra customizzazione (modificare o creare un prodotto, servizio o transazione secondo le richieste di qualcuno) e personalizzazione (creare rapporti su misura con il brand). Ma soprattutto bisogna conoscere anche i confini tra indiscrezione e personalizzazione.

4.Riconoscere che ogni consumatore è valore consapevole e che sono i consumatori a determinare il valore, non le aziende. Il valore percepito dagli utenti è importante. Tutti i clienti vogliono pensare che il proprio acquisto o prodotto come qualcosa di buon valore. Il migliore valore è più che un semplice prezzo basso.

5. Concentrarsi sul nuovo modo con cui i consumatori stimano il brand value. Occorre prendere in considerazione tutti gli aspetti della nuova mappa mentale del consumatore quando si creano strategie e campagne. Significa guardare a tutti i costi (tempo, denaro e sforzi) relativi alla brand experience recepita (funzionale, emotiva, benefici sociali). E conoscere come ciò che genera fiducia, o ciò che la diminuisce, agisce sul brand.

6. Focalizzarsi sul costruire il valore attraverso il “one-think decision making”. Costruire il valore del brand in cui i consumatori credono facilita l’one-think decision making, cioè il “pensiero unico decisionale”, dal momento che il cliente non deve pensarci due volte sulla scelta del marchio. La tecnologia ha creato un mondo dove la facilità ha tre dimensioni: facile da scegliere, facile da usare e facile nella mia mente. Le imprese devono capire e concentrarsi sulle “Tre dimensioni della semplicità”.

7. Distinguere il comportamento reiterato dalla vera brand loyalty. Generare scambi basati su affari non è così positivo per il brand come gli sforzi concentrati nel costruire la vera brand loyalty.

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