Di “corsa” al cinema!

Se pensate che la corsa sia poco cinematografica, e difficile da rendere sul grande schermo, siete in errore: basta fare mente localeper ricordare titoli più o meno riusciti strettamente connessi con l’argomento. Impossibile non citare Momenti di gloria (foto 3) di Hugh Hudson, premiato nel 1981 con l’Oscar e interpretato da Ben Cross, che raccontava la sfida che ebbe luogo al Trinity College; ma anche trent’anni prima Il gigante dello stadio, con uno scultoreo Burt Lancaster nei panni di Jim Thorpe, atleta americano che vince la maratona olimpica, ma che si vede tolta la medaglia, perché accusato di professionismo. Tra i primi titoli che balzano alla memoria c’è Il maratoneta, ovviamente. In realtà lo straordinario film di Schlesinger del 1976, con la coppia di miti Dustin Hoffman-Laurence Olivier, è un thriller cupissimo sul nazismo, il cui protagonista è un appassionato di footing che si allena a Central Park. Le Olimpiadi di Tokyo del 1964 ospitano le vicende sportivo-sentimentali di Cary Grant e Samantha Eggar in Cammina, non correre, in cui si tratteggia l’amore tra uno sportivo della squadra americana che partecipa alla marcia e una ragazza inglese. La corsa viene celebrata come mezzo per evadere e sognare la libertà in Gioventù, amore e rabbia di Tony Richardson (tratto dal racconto La solitudine del maratoneta di Allan Sillitoe), storia di un giovane delinquente che in carcere decide di allenarsi ogni giorno correndo nella campagna inglese per prepararsi a delle gare tra istituti carcerari. Il grande Michael Mann immortalerà nel magnifico Alì (con un Will Smith in perfetta mimesi con la leggenda della boxe Mohammed Alì) una scena colma di suggestione, con la corsa di Cassius Clay nelle strade di Kinshasa all’alba. E in quanto a suggestioni indimenticabili, occupa un posto d’onore la corsa adrenalinica di Rocky Balboa-Stallone (foto 2), con formidabile musica di supporto al futuro grande campione di boxe (nonché sovrano di molti sequel). In Italia, da citare Un ragazzo di Calabria di Luigi Comencini, con Gian Maria Volontè e Diego Abatantuono, storia di un ragazzino che vuole diventare come Abebe Bikila e che a piedi nudi si allena attraverso la brulla campagna calabrese. Ma c’è un film che pur non trattando di corsa agonistica, di premi e allenamenti, riproduce meglio di tanti altri l’essenza della corsa, il suo eroismo e la sua forza: è Forrest Gump (foto 1), diretto da Robert Zemeckis nel 1994, dove il piccolo e “lento” Forrest dapprima corre per fuggire ai compagni bulli e crudeli, e da grande, con le fattezze di Tom Hanks, decide di attraversare gli Stati Uniti correndo: «… Quel giorno, non so proprio perché, decisi di andare a correre un po’, perciò corsi fino alla fine della strada; e una volta lì, pensai di correre fino la fine della città; e una volta lì, pensai di correre attraverso la contea di Greenbow. Poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui, tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell’ Alabama, e cosi feci. Corsi attraverso tutta l’Alabama, e non so perché continuai ad andare. Corsi fino all’Oceano e, una volta lì mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre. Quando arrivai a un altro Oceano mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui, tanto vale girarmi di nuovo e continuare a correre…».

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