Dallara Automobili, i signori della velocità

Ogni weekend mette in pista 300 vetture in tanti campionati, ma la casa di varano nasconde un cuore verde aiutando a ridurre le emissioni attraverso la ricerca su materiali e aerodinamica. Un patrimonio che affascina i fan e conquista i clienti più esigenti

Pensare a Parma significa trovarsi immersi in un’apoteosi di profumi e di sapori. C’è il formaggio stagionato più apprezzato del pianeta, ci sono salumi da estasi come il Culatello di Zibello… Ma se ci si sposta di una trentina di chilometri e si arriva a Varano de’ Melegari, l’eccellenza del made in Italy cambia improvvisamente volto, perché in questo paese da meno di 3 mila abitanti ha sede la Dallara, uno dei nomi più famosi dei motori tricolori: un’azienda che ogni weekend vede scendere in pista più di 300 sue vetture in tutto il mondo e in varie formule. Un’esperienza unica, che a partire dal 2017 si concretizzerà anche nella fornitura dei nuovi telai per i prototipi della classe Lmp2 di nuova generazione, quelli che tra l’altro si danno battaglia alla 24 Ore di Le Mans. Come sempre la factory emiliana applicherà una ricetta che in apparenza è facile da realizzare. «Il nostro programma per un nuovo progetto si può riassumere in quattro parole, cioè pensato, analizzato, disegnato e fatto», sintetizza Gian Paolo Dallara. Ingegnere di lungo corso, dopo aver lavorato per Ferrari, Maserati, Lamborghini e De Tomaso, ha fondato l’azienda nel 1972, l’anno in cui ha esordito sui circuiti la Sport Prototipo Sp 1000, prima creazione dell’azienda.

BOLIDI A EMISSIONI ZEROIl Ceo Andrea Pontremoli

ENERGIA GREENLe competenze-chiave che hanno portato il fatturato a impennarsi fino a oltre 55 milioni di euro (giro d’affari medio su tre anni) e a conquistare il ruolo di fornitore unico per le monoposto della Indycar – la serie della 500 Miglia di Indianapolis – sono la progettazione di automobili da competizione realizzate utilizzando materiali compositi in fibra di carbonio, e perfezionate nell’aerodinamica in galleria del vento. Nella fase di produzione, poi, emerge un altro punto di forza: una vocazione green che si concretizza, tra l’altro, in un impianto fotovoltaico da quasi 130 kw e in una stretta collaborazione con il ministero dell’Ambiente. «Gli Stati membri dell’Unione europea si sono impegnati a ridurre, entro il 2020, del 20% le emissioni di gas a effetto serra e, contemporaneamente, ad aumentare l’efficienza energetica del 20% e a impiegare almeno il 20% di fonti rinnovabili sul totale dei consumi di energia», spiega Dallara. «Il nostro contributo consiste in studi per migliorare l’efficienza aerodinamica delle vetture rendendole al tempo stesso più leggere, grazie all’impiego di compositi in fibra di carbonio. Il tutto significa minori consumi e anche meno inquinamento». Arriva da Varano de’ Melegari anche il telaio monoscocca della Spark-Renault Srt, la prima vettura elettrica omologata dalla Federazione internazionale dell’automobile (Fia) e destinata ai gran premi di Formula E. «Una vettura da competizione non è solo spettacolo e velocità, ma anche un laboratorio di ricerca che può contribuire a creare un futuro sostenibile», continua Dallara. «Nel caso della monoposto a emissioni zero, il problema consisteva nel realizzare un telaio che fosse molto leggero, ma anche in grado di resistere a crash test paragonabili a quelli della Formula uno. Il risultato è stato centrato utilizzando fibra di carbonio e alluminio».

1972Gian Paolo Dallara, classe 1936, fonda a Varano de’ Melegari (Parma) la Dallara Automobili da Competizione.

1984In azienda entra in funzione la prima galleria del vento a tappeto mobile italiana.

1988La Dallara Scuderia Italia esordisce nel campionato mondiale di Formula 1.

1998Prima vittoria alla 500 Miglia di Indianapolis.

2012Viene inaugurata la Dallara Indycar Factory, satellite tecnologico in territorio statunitense. Nello stesso anno entra in funzione il primo simulatore professionale di guida ad alte prestazioni, replicato nel 2014 negli Usa.

ALLA CONQUISTA DEL WESTL’unica, importante deroga alla ferrea regola del made in Varano è la sede statunitense inaugurata nel 2012, a pochi passi dal mitico catino dell’Indianapolis Motor Speedway: un centro polifunzionale di ricerca e sviluppo costruito per rispondere alla crescente richiesta di consulenze da parte delle industrie automobilistiche a stelle e strisce e da quelle del settore aerospaziale. All’interno della struttura di 9.500 metri quadri, i visitatori possono scoprire come nasce una moderna Indycar oppure, proprio come in un parco a tema, godersi una rassegna di vetture del passato, andare al cinema o guidare in un avveniristico simulatore. Il punto di ristoro serve autentico cibo italiano per conservare, almeno nei sapori, uno stretto legame con la casa madre. Amministratore delegato e direttore generale della Dallara è Andrea Pontremoli, in passato al vertice di Ibm, che si occupa della pianificazione aziendale e delle questioni economicofinanziarie. «Uno dei classici punti deboli delle piccole e medie imprese italiane che operano nel settore dell’automobile è la mancanza di un management all’altezza della situazione», dice. «Puoi anche essere leader a livello di tecnologia, ma un’azienda è davvero innovativa se lo sono pure le persone che ci lavorano. È fondamentale anche dare la possibilità ai propri collaboratori di lavorare in una struttura in cui c’è spazio per pensare, provare e, perché no, sbagliare». In base a questi principi vengono assunti neolaureati, soprattutto ingegneri, formati sia in Italia sia nel resto del mondo. «Siamo convinti di avere una “scuola interna” che, grazie alla maestria dei colleghi entrati in azienda negli ultimi 40 anni, offre la possibilità ai giovani di usufruire di un’offerta formativa unica», si legge nel sito www.dallara.it, «quella di lavorare su progetti e prodotti stimolanti, con una visione a 360 gradi, imparando costantemente cose nuove». Il personale viene anche cercato tra neodiplomati, che seguono corsi di formazione professionale tenuti sul territorio. A proposito di territorio, Dallara puntualizza: «Tutto quello che facciamo è anche in funzione della nostra zona, la Val Ceno, perché nella competizione globale, la vera sfida non è tra singole aziende, ma tra sistemi territoriali che si contenderanno il futuro». I dipendenti sono passati da 90 a 250 in pochi anni, fino ad arrivare a 400 negli ultimi mesi con un’età media di poco superiore ai 30 anni. Ed è anche grazie a questi numeri che La Repubblica nello scorso febbraio ha potuto titolare un articolo “Miracolo a Varano, la vallata senza disoccupati”. Merito di Dallara, ma non solo: «Sviluppiamo le competenze che servono a noi, naturalmente, ma anche a molte imprese che ci sono vicine nel senso letterale del termine», dice il fondatore. E a confermare la validità di questa filosofia c’è la storia di Nelso Antolotti, il primo operaio assunto in Dallara nel 1972, che in seguito ha applicato le sue conoscenze fondando (ovviamente sempre in zona) la Turbocoating, che si occupa del rivestimento di componenti per turbine a gas, e oggi opera con successo in tutto il mondo. L’ultima svolta dell’azienda non è stata tecnologica, ma manageriale ed è consistita nel moltiplicare gli investimenti proprio negli anni più acuti della crisi. Così nel 2012 è entrato in funzione il primo simulatore professionale di guida ad alte prestazioni. Su quanto sia costato c’è assoluto riserbo, ma se si considera che al mondo non c’era nulla di paragonabile è facile capire che la cifra deve essere stata da capogiro. «Per decidere il via libera all’operazione, io e l’ingegner Pontremoli non abbiamo impiegato più di mezz’ora», ricorda Dallara, che oggi può offrire a ingegneri, squadre e piloti la possibilità di provare e sviluppare il setup delle vetture, di ottimizzare la tecnica di guida e di capire quale sarà il comportamento dell’auto su tracciati che in realtà non ha mai percorso. Grazie a scansioni laser ad altissima fedeltà, il risultato è impressionante: il comportamento del veicolo è replicato con una precisione senza precedenti e il driver può capire non solo qual è la massima velocità di percorrenza di una determinata curva, ma anche percepire la ruvidità dell’asfalto e l’effetto sulla guida dei cordoli.

INVESTIRE NELLA CRISIParlare di realtà virtuale, dunque, non ha più senso perché si possono modificare in tempo reale tutti i parametri della configurazione della vettura e capire, per esempio, quali sono i migliori assetti sia per le sessioni di qualificazione sia per la gara, considerando l’usura degli pneumatici, le caratteristiche della pista e le diverse condizioni meteorologiche. Con i dati raccolti, ovviamente, un team può studiare con tutta calma e in un ambiente controllato la telemetria, oltretutto con una precisione maggiore di quella ottenibile nei test su circuito. «Ti dimentichi di essere in un simulatore e ti concentri come se stessi correndo davvero», dice Tony Canaan, campione Indycar nel 2004, uno dei piloti che hanno contribuito ad affinare fino alla perfezione il modello matematico su cui si basa il prodigio tecnologico di Dallara, che dal 2014 ha un gemello nella sede americana. Entrambi hanno consentito un ampliamento dell’attività di engineering applicata alle vetture stradali ad altissime prestazioni. L’elenco dei clienti si apre con Alfa Romeo e Audi, prosegue con Ferrari, Ktm e Lamborghini e si conclude con Maserati. «Ma ce ne sono tanti altri che non possiamo citare per rispetto degli accordi di confidenzialità», dicono in azienda. Il capolavoro assoluto? La scelta è difficile, ma la Bugatti Veyron è sicuramente una candidata al titolo che ben rappresenta la sapienza artigiana che si respira a Varano de’ Melegari, con ben più di mille cavalli e una velocità massima superiore ai 430 chilometri orari. Non è per tutti: un collezionista statunitense che ha la fortuna di possederne una ha rivelato di averla pagata 2,8 milioni di euro, di dover cambiare le gomme ogni 4 mila chilometri al costo di 26 mila euro e di aver patteggiato tre anni di tagliandi al prezzo di 44 mila euro. Roba da pazzi? Forse. Ma se nei veri appassionati di motori non ci fosse un tocco di sana e consapevole follia, imprese come quella in cui si è buttato nel 1972 Gian Paolo Dallara non sarebbero mai nate…

L’ANIMA

Parmense purosangue, classe 1936, Gian Paolo Dallara si è laureato nel 1959 in Ingegneria aeronautica al Politecnico di Milano. Viene subito assunto dalla Ferrari come assistente di Carlo Chiti, all’epoca direttore tecnico del Reparto Corse, e dopo due anni passa in Maserati dove resta per un altro biennio. La tappa successiva della carriera lo porta nel 1963 alla Lamborghini dove scala le gerarchie aziendali fino ad arrivare a capo dell’équipe che realizza una delle più belle granturismo di tutti i tempi, la Miura, ma anche altri capolavori come la 350 Gt e l’Espada. Nel 1969 un altro cambio di casacca, questa volta per indossare i colori della De Tomaso e progettare una monoposto di Formula due molto innovativa con il telaio monoscocca tubolare in lamiera chiodata di ispirazione aeronautica. La vettura partecipa al Campionato europeo, gestita in pista da Frank Williams, e serve come base per la realizzazione, nel 1970, di una Formula uno. La svolta imprenditoriale è datata 1972 e si concretizza nella fondazione della Dallara Automobili da Competizione. La prima auto progettata e costruita a Varano de’ Melegari è una Sport Prototipo con motore da mille centimetri cubi e nel 1973 inizia la collaborazione con il team di Formula uno Iso Marlboro Williams. Da lì comincia l’escalation che ha portato oggi l’azienda emiliana a essere, tra l’altro, fornitore unico della formula Indycar, il fiore all’occhiello dell’automobilismo sportivo statunitense.

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