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Gusto

Da me vengono i vip (ma non ho capito perché)

Parla Alfredo Tomaselli, patron del ristorante Dal Bolognese, tra i più glamour di roma. «non metto alle pareti le foto dei miei clienti, è pacchiano. Però quella volta con Springsteen e la Lopez…»

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Alfredo Tomaselli è il proprietario di Dal Bolognese a Roma, uno dei locali più frequentati non solo dai romani ma da molti esponenti del jet set internazionale (principi, principesse come Rania di Giordania, rockstar, calciatori) che vogliono fare un’esperienza di cucina italiana da portare come ricordo. Alfredo è almeno il terzo “bolognese” di questo ristorante, infatti il locale fu comprato dal padre da un signore bolognese che l’aveva fondato prima della guerra. Esposta nel locale, c’è una bella foto di un carrarmato tedesco e sullo sfondo l’insegna già presente… Ma da dove deriva lo straordinario successo di un locale come questo che addirittura ha aperto un locale gemello a Milano? Abbiamo incontrato Alfredo per capirlo e farci una chiaccherata da ristoratore a ristoratore (Andrea Gori gestisce la Trattoria Da Burde di Firenze, ndr).

Come si arriva a diventare un locale “per vip” ? Quanto conta la location e quanto la cucina?In realtà non è stata una scelta meditata e noi non volevamo affatto diventarlo! E anche volendo, i veri vip è bene ricordarlo non sono le veline e i calciatori ma gente che dirige multinazionali, che lavora spesso lontano dai riflettori ma che è comunque una persona molto importante e influente. Ecco questo tipo di persone non le riconosci ma è importante servirle al meglio, come del resto qualsiasi cliente entri nel locale. Come ha sempre fatto anche mio padre 50 anni fa, anche noi non abbiamo fatto altro che seguire le tre regole di un locale di successo ovvero lavoro, lavoro, e ancora lavoro. Tre fattori che valgono il 33% ciascuno con un 1%, spesso determinante, di fortuna. Metti per esempio appunto il vip che non riesce a prendere un taxi e si infila nel primo locale che trova, che magari era il nostro!

Che problemi ci sono a dover gestire esigenze spesso particolari di clienti speciali? Il personale riceve istruzioni e formazioni diverse da un ristorante “normale”?Il nostro personale non riceve alcun addestramento specifico se non qualche regola di prossemica che in realtà qualsiasi locale dovrebbe seguire: il servizio deve essere presente ma discreto, non stare molto attaccato al tavolo. C’è il modo di far sentire coccolato il cliente anche non standogli sempre vicino. Per esempio il vino, a parte il primo “giro” non viene mai servito in maniera continuativa ma lasciamo la bottiglia sul tavolo. i clienti, non solo i vip, hanno bisogno di avere la loro intimità sia che siano a tavola con la moglie, con l’amante o con il loro amministratore delegato.

Il vip al ristorante porta più clienti “normali” o impedisce di essere un ristorante normale?In realtà non è che i clienti vengano perché sperano di incontrare un vip, ma quanto per capire come mai un certo personaggio è venuto a mangiare da noi, cosa lo ha colpito, cosa gli piace. Quindi se poi non sei all’altezza il problema è serio perchè hai deluso le sue aspettative. Ma noi preferiamo sempre pensare che la nostra clientela importante sia qualsiasi persona voglia sedersi da noi… si deve vivere con la gente normale non con i vip! Infatti non abbiamo tavoli liberi per la celebrità di turno, la maggior parte della clientela sono habitué che vengono con una certa frequenza e non posso certo non fargli trovare un posto quando arrivano solo perché magari potrebbe entrare qualcuno di “importante” da un momento all’altro! Poi, nessuna foto di un vip alle pareti, lo trovo pacchiano e oltretutto finisce che chi non c’è in foto non si sente considerato abbastanza…

Meglio una coppia calciatore-velina o un principe con la sua principessa?Anche se in realtà non abbiamo spesso personaggi sportivi e veline, meglio principe e principessa, persone che si preoccupano di non far pesare il loro rango, e sono spesso sono più naturali e normali di molti parvenu della celebrità.

È vero che i vini francesi sono ancora considerati superiori a quelli italiani? Oppure chi viene da voi vuole fare esclusivamente un’esperienza italiana?Vendiamo al 99,9% vino italiano, del resto molta della nostra clientela è italiana e gli italiani a tavola bevono quasi esclusivamente prodotti nostrani. Al di fuori del nostro paese serviamo molto champagne soprattutto a Milano dove abbiamo anche un bar. A Milano vanno molto bene anche le nostre bollicine in particolar modo la Franciacorta, i grandi nomi e anche qualche piccolo produttore che ci piace far conoscere.

Almeno due nomi di vip davvero capaci di apprezzare la buona cucina e non solo il glamour che viene con il buon cibo e il buon bere…Il primo che mi viene in mente è Bruce Springsteen che è venuto a Milano lo scorso anno e a Roma il mese scorso, e ha voluto mangiare da noi gli stessi tortelloni verdi che aveva mangiato a Milano. Nonostante i due locali siano diversi, è rimasto colpito per quanto il risultato fosse identico. Essere “gourmet” è questione di percezione e di istinto naturale per le cose buone e fatte con amore, non solo di studio o di frequentazioni assidue di locali altolocati! Altro esempio: Jennifer Lopez che è rimasta colpita da alcuni nostri piatti e ha voluto che le organizzassimo il catering sull’aereo noleggiato con cui tornava negli States per portarsi il più possibile a lungo con sè i nostri sapori.

Tutti parlano delle vostre tagliatelle, del bollito misto e della cotoletta di elefante: sono piatti rassicuranti e sicuri e vengono scelti per evitare problemi o hanno un loro perchè?I classici piatti emiliani come la tagliatella al ragù cotto quattro ore o il bollito sono come molti altri piatti una specie di “coccola” e fanno rinascere in noi ricordi legati alla nostra gioventù se non proprio l’infanzia. Un grande letterato come Giancarlo Fusco ci disse «Non so se queste sono le polpette migliori del mondo ma sono identiche a quelle che preparava mia madre e quindi sono quelle che voglio mangiare».

In generale le guide ai ristoranti non vi considerano o non vi reputano tra i migliori locali della città… secondo lei come mai?Non voglio fare polemica ma diciamo che un locale come il nostro oltre a suscitare spesso invidie e gelosie (visto che siamo spesso pieni) non ha bisogno delle recensioni delle guide, ci basiamo esclusivamente sul passaparola dei nostri clienti, indipendentemente dal fatto che siano famosi o altro. Poi mi chiedo spesso, visto che critica e pubblico nel nostro caso quasi mai coincidono, come è possibile che premi Nobel, premi Oscar, gente di cultura, artisti pittori, fantastici manager che salvano aziende dalla bancarotta e conoscono tutto il mondo al momento di scegliere dove mangiare diventano tutti deficienti, non si informano non si consultano con nessuno su dove mangiare e vengono diretti qui Al bolognese, saranno mica davvero tutti scemi?

Il vino più costoso mai pagato ai vostri tavoliProbabilmente il vino più costoso che abbiamo mai servito è stato uno Chateau Petrus (un rosso a base Merlot dalla zona del Pomerol, Bordeaux ndr) sui 2.800 euro, ma ovviamente non a un italiano che spesso sa benissimo che c’è altissima qualità senza arrivare a certe cifre iperboliche.

E il suo vino preferito?Sono tanti ma in particolare mi piacciono quelli semplici senza troppe complicazioni e che stiano bene a tavola. Per esempio consiglio sempre volentieri un Sangiovese che fanno a Capalbio “Pianese” dal gran rapporto qualità prezzo, fatto con amore, schietto, e che ogni volta a tavola fa bella figura. Un altro vino del cuore è quello siciliano della Tenuta Passopisciaro del Barone Franchetti, che era nostro affezionato cliente come lo è adesso suo figlio Alberto.

Cosa non invidia ai suoi clienti?Servo spesso dirigenti di industria, politici di alto livello e gente che svolge incarichi delicati, ecco non invidio tanta responsabilità sul destino di tante persone.

Arrivano insieme il Papa e il Presidente degli Stati Uniti, chi viene fatto accomodare prima?Tra il Papa e Obama, prima il Papa per rispetto religioso e lo farei anche se fossi musulmano, il presidente capirebbe… sono sicuro!

Un ricordo dei paparazziA Roma molti di loro li conosco bene e siamo amici di quelli bravi (nel senso rispettosi e che sanno sempre dove fermarsi), quelli che bazzicano qui intorno sono dei veri professionisti, e ovviamente aspettano fuori. Oltre a lavorare per sé stessi, spesso è grazie a loro che molti diventano famosi e i giornali si vendono. Un giorno chiesi ad Alberto Castagna se non gli dessero fastidio tutti questi intorno a lui e lui rispose, calmo, che gli darà molto più fastidio quando non ci saranno più.

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Alfredo Tomaselli