Instancabile, visionario, viaggiatore appassionato, generoso, amante delle donne e dell’arte, capace come pochi altri di segnare l’estetica di un’epoca e di ispirare diverse generazioni a venire, senza prendersi troppo sul serio: Elio Fiorucci è stato tutte queste cose insieme. A quasi dieci anni dalla scomparsa, Triennale dedica allo stilista e imprenditore milanese (1935- 2015) una mostra per raccontare la sua capacità di essere un “cacciatore di tendenze” senza atteggiarsi a snob intellettuale, rivoluzionando dagli anni Sessanta il costume e la moda del nostro Paese.
Elio Fiorucci (fino al 16 marzo), curata da Judith Clark con un efficace progetto di allestimento del regista e scenografo Fabio Cherstich, è la più grande e ricca mostra di opere e documenti mai dedicata al creativo. Visitarla è come fare un salto indietro nel tempo nei gloriosi anni Ottanta e Novanta, quando il negozio fondato nei primi anni Settanta da Fiorucci in piazza San Babila, a Milano, era la meta dello shopping pomeridiano di tantissimi giovani.
Elio Fiorucci: una mostra “totale”
La retrospettiva mette in mostra numerosi prodotti, opere d’arte e di design e documenti dell’archivio personale di Elio Fiorucci, incluse le lettere e i bigliettini di amici e clienti. Non solo: rendendo giustizia a una lacuna troppo duratura, finalmente include ricerche sviluppate da accademici per dimostrare quanto la visione di Fiorucci abbia rivoluzionato la moda e il marketing italiano e globale. Immersi in una “mostra totale” tra scarpe, abiti, poster, grafiche, neon, pupazzi (i celebri angioletti e nanetti), scopriamo così tutta la complessità di Elio Fiorucci, bravissimo a trasformare la leggerezza in cifra stilistica pop.
Stefano Boeri, che di Triennale è presidente, spiega che con questo progetto si è intenso colmare un’inspiegabile amnesia: «Elio Fiorucci ha dato a Milano il regalo di un primato nella creatività internazionale per almeno due decenni: questa mostra finalmente lo testimonia». Di fatto, e lo si comprende bene quando la si vista, la retrospettiva appare come un coloratissimo work in progress: «Questa esposizione è un documento aperto, non un saggio critico», ha detto la curatrice. Chi vuole contribuire alla documentazione già raccolta può, infatti, mandare la sua testimonianza o un ricordo su Fiorucci scrivendo a eliofiorucci@triennale.org.
Un ruolo importante, a livello di allestimento, è giocato infine dalla voce di Elio Fiorucci, recuperata da registrazioni finora inedite, probabilmente da lui realizzate per la pubblicazione di un’autobiografia mai uscita: è la colonna sonora del percorso che mescola la sua storia personale a quella del marchio, venduto poi negli anni Novanta.
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