Non lasciate sole le aziende

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C’è una cosa su cui l’ultimo Cop28 ha messo d’accordo tutti, ossia il suo indubbio fallimento. Non è servito a nulla, se non a far guadagnare tempo prezioso ai Paesi produttori di combustibili fossili. Detto questo vien da chiedersi se la debolezza dei governi nazionali davanti alle ricattatrici potenze petrolifere, debba costituire la pietra tombale sulle legittime aspirazioni espresse con sempre maggiore convinzione dal mondo uscito dallo tsunami economico, sanitario e sociale della pandemia.

Sempre più persone comuni – cittadini, consumatori ed elettori – si sono rese conto che il rispetto e la salvaguardia dell’habitat naturale e sociale, così come un’impostazione più etica della produzione e delle economie, sia un requisito ormai irrinunciabile e imprescindibile per il futuro dell’umanità. E sempre più governi si stanno rendendo conto che le dichiarazioni d’intenti in tema di sostenibilità vanno a cozzare in primis con le loro incapacità e poi con gli ostacoli posti da un problema che attiene al globale, nel senso che se non lo si risolve insieme agli altri Paesi non lo si risolve affatto. Per di più ci sono economie, vedi Cina e India, che si smarcano apertamente da queste esigenze, prese come sono a puntellare la loro egemonia sulla scacchiera internazionale. Non parliamo dei vari Pnrr nazionali, di cui si è visto ancora poco o niente. Come è giusto, forse, che sia, visto che si tratta di azioni a lento rilascio, di cui si vedranno (almeno si spera) i risultati nel lungo periodo.

L’impressione è, quindi, che a fronte di questa stasi politica, le aziende che avevano preso la rincorsa in tema di sostenibilità possano trovarsi isolate nel dover fronteggiare costi e strategie per rispondere a un’esigenza che nella società è viva e reale, nonché ineludibile. Siamo di fronte a una platea che chiede e ad aziende che stanno provando, ognuna a suo modo, ad assecondare tale richiesta, alcune volte con qualche lungimirante fuga in avanti, mentre i governi stanno a guardare. Se così continuerà a essere, si profila all’orizzonte una sorta di rivoluzione dal basso, dove saranno le imprese a scandire le politiche sostenibili, con i cittadini, consumatori ed elettori a cui accennavamo prima a supportarle attraverso le loro scelte. Se la politica non avrà il coraggio di assumersi l’onere e l’onore di prendere delle decisioni controcorrente a livello nazionale e internazionale, presto o tardi sarà costretta a recitare il ruolo di passacarte. Perché quando c’è un vuoto di potere e di visione i potentati economici globali (che notoriamente non sono tricolori) sono portati a scegliere anche per gli altri, e non sempre per il bene di tutti.

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