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Discanto

Il lavoro con la “L” maiuscola

architecture-alternativo Lo scrittore Vitaliano Trevisan, morto nel 2022Credits: hoto by Leonardo Cendamo/Getty Images

Se si vuole un’economia dignitosa, bisogna praticare una politica del lavoro altrettanto – se non di più – dignitosa. Altrimenti la gara sarà persa in partenza (sia per il Paese che per le imprese). Lo dico perché fioccano da ogni longitudine e latitudine italiane le notizie di certe aziende che hanno male interpretano il rapporto di lavoro ponendolo a un livello poco superiore alla condizione di schiavitù.

Ha fatto scalpore la recente sentenza della Consulta che ha dichiarato anticostituzionale una paga oraria di 3,96 euro; cosa alquanto singolare visto che a dover far parlare avrebbe dovuto essere piuttosto il fatto che qualcuno sia pagato così poco per il suo lavoro (la denunciante, nella fattispecie, fa la cassiera). Nei giorni precedenti si era anche letto di imprese attive nella cantieristica navale di Venezia che impiegavano quasi 2 mila lavoratori irregolari, provenienti perlopiù dal Bengala e dell’Est Europa, a meno di 7 euro l’ora attraverso il meccanismo surrettizio della cosiddetta paga globale. Di altre imprese – attive per lo più nel mondo della ristorazione, ma non solo – si legge di contratti intorno a mille euro per 11 e più ore giornaliere di lavoro, e calcolo forfettario delle spettanze come tfr e indennità. Personalmente ho conosciuto realtà praticanti il sub-appalto nell’ambito dell’alta moda che al Sud fanno firmare alle lavoranti contratti di lavoro in cui è previsto un importo, ma alle quali viene di fatto devoluta la metà (l’altra resta all’impresa), senza dire di ferie e malattie neanche prese in considerazione.

Potremmo continuare a lungo con casi come questi. Ma a qualsiasi imprenditore e manager di buona volontà che volesse rendersi conto della mole di energie, talenti, risorse e umanità che viene sprecata nel più assordante silenzio all’interno di imprese quanto meno disattente, quando non patologicamente disoneste, consiglierei una semplice lettura: Works di Vitaliano Trevisan. Per chi non l’avesse letto, visto che il libro è del 2016, si tratta della travagliata storia lavorativa (e personale) di uno dei più bravi e sensibili scrittori italiani degli ultimi decenni, morto suicida nel 2022.

In questo libro, Trevisan racconta della miriade di lavori, manuali e non solo, che si è trovato più o meno volontariamente a svolgere nel suo Veneto (Vicenza e dintorni nella fattispecie, incluse le “interferenze” con gli ambiti teatrali, cinematografici ed editoriali di città come Roma e Milano), e dal suo racconto traspare perfettamente come il Lavoro – dal più umile e non qualificato a quello meglio retribuito e che richiede competenze avanzate – sia materia con la L maiuscola. Perché il Lavoro agisce sulle vite delle persone, sulla loro psiche e sul loro sostentamento, nonché sulla percezione che hanno del mondo, della società, e della loro stessa dignità. Perciò non ci stancheremo mai di ripetere quanto quelli dell’imprenditore e del manager siano ruoli di gran lunga più rilevanti e carichi di responsabilità di quanto si sia portati a credere. E che chi non è in grado, perché non sa o non vuole assumersi simili responsabilità (nei confronti delle persone e delle comunità), dovrebbe avere almeno la buona creanza di farsi da parte. Altrimenti, dovrebbe essere la parte sana dell’imprenditoria e del management ad accompagnarlo – definitivamente e inderogabilmente – alla porta.