Tecnologia: 7 milioni di italiani hanno paura di perdere il lavoro

Riduzione dei salari e del numero di occupati, aumento delle disuguaglianze: i lavoratori temono l’impatto delle tecnologie nei luoghi di impiego

L’85% dei dipendenti italiani teme gli effetti della rivoluzione tecnologica che sta attraversando il mondo del lavoro. E a preoccupare di più sono la possibile riduzione delle tutele legali e dei salari, insieme a un generale peggioramento delle condizioni di lavoro.

Sono alcune delle evidenze che emergono dal terzo rapporto Censis-Eudaimon sul Welfare aziendale, che quest’anno ha dedicato un approfondimento particolare al sentiment dei lavoratori rispetto all’introduzione delle nuove tecnologie nei luoghi di impiego.

Crescono le disuguaglianze

Lavorare in un’azienda con una forte impronta tecnologica significa percepire un salario quasi doppio rispetto ai lavoratori impiegati nelle imprese tradizionali: una differenza significativa che potrà produrre nel tempo un incremento del dislivello economico e delle disuguaglianze sociali.

Secondo uno studio di Eurostat-OCSE, oggi le imprese a medio-alta tecnologia e knowledge intensive sono poco più di 180mila, il 4,2% del totale. Si tratta di realtà con una spesa elevata in investimenti per ricerca e sviluppo e in cui più di un terzo degli occupati possiede una laurea.

Fatto 100 il salario medio di un lavoratore del comparto industria e servizi, nel 2017 un dipendente di un’impresa a medio-alta tecnologia ha percepito una retribuzione media di 184,1, mentre quella di un occupato in un’azienda tradizionale si è fermata a 93,5.

Tecno-paure: più forti tra operai ed esecutivi

Al rischio di una crescita delle disuguaglianze sociali si aggiunge un clima di generale sfiducia, se non addirittura di timore, da parte dei lavoratori verso l’innovazione tecnologica che sta attraversando il nostro settore produttivo. Una paura che colpisce soprattutto gli operai e gli impiegati con mansioni operative: secondo il 48,8% di loro le nuove tecnologie ridurranno i posti di lavoro, mentre il 42,9% è convinto che le condizioni dei lavoratori non miglioreranno nei prossimi anni per conseguenza delle trasformazioni digitali.

Meno pessimisti i dirigenti, che si mostrano più cauti di fronte all’avanzare delle tecnologie: solo il 21,4% di loro infatti teme un peggioramento delle condizioni di lavoro, mentre la quota di manager che prospetta una riduzione del numero di occupati si attesta al 35,7%.

Gli effetti su salari e diritti

Ma a preoccupare i lavoratori italiani è anche la possibilità di vedersi ridurre le tutele legali. E stavolta si tratta di un pensiero condiviso anche dai dirigenti e dalle figure manageriali: a pensarlo è il 50,1% dei lavoratori, una percentuale che sale addirittura al 53,6% tra dirigenti e i manager. Discorso analogo per i possibili effetti sui salari che, secondo il 58,3% degli occupati, subiranno un calo notevole a causa dell’avanzamento tecnologico.

In questo clima di generale sfiducia, le politiche di welfare diventano una risorsa fondamentale per migliorare il sentiment dei dipendenti ed evitare i rischi di nuove disuguaglianze. Ne è convinto il 54,4% dei lavoratori, che guarda all’attivazione di servizi, benefit e prestazioni di welfare aziendale come a uno strumento per migliorare la vita in azienda e la soddisfazione al lavoro.

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