Sovraccarico di informazioni: stress in aumento tra i lavoratori

Oltre un terzo dei professionisti in Italia non riesce mai a disconnettersi davvero

Negli ultimi anni il mondo del lavoro è profondamente cambiato e con esso sono cambiate anche le principali sfide cui i lavoratori devono far fronte. In particolare, una problematica sempre più rilevante è quella del sovraccarico cognitivo in ambito aziendale. Secondo una ricerca condotta da OpenText, operante nelle soluzioni e software di Enterprise Information Management, il sovraccarico di informazioni sul lavoro è una vera fonte di stress, tanto che oltre un terzo dei professionisti in Italia (36%) non riesce mai a disconnettersi davvero. Il trend è particolarmente diffuso nell’Europa continentale, dove l’Italia spicca, ma viene immediatamente seguita da Spagna (34%) e Germania (33%). Si tratta di un fenomeno più che raddoppiato dall’inizio della pandemia: nel 2020, infatti, solo il 16% degli italiani lamentava di non riuscire a “staccare”. Oggi, i dati evidenziano utenti sopraffatti principalmente dalle troppe password da ricordare (27%), dal numero eccessivo di app e fonti di dati da controllare ogni giorno (25%) e dall’invadenza dei social media (14%). A complicare la situazione è la diffusione del lavoro ibrido senza avere però i giusti strumenti digitali e tecnologici necessari per svolgere le prorpie mansioni da remoto: solo il 44% degli italiani, infatti, ritiene di essere equipaggiato nel modo corretto.

Troppe informazioni, poca organizzazione

Scorrendo la ricerca, si scopre che i professionisti intervistati hanno ammesso di utilizzare numerosi account, risorse, strumenti e app per gestire le informazioni, tanto che il 60% di loro afferma di utilizzare almeno sei strumenti di condivisione diversi al giorno, a dimostrazione del fatto che i dati necessari per portare a termine le attività quotidiane sono distribuiti su un numero sempre maggiore di fonti. Questo porta quasi metà dei professionisti (46%) a trascorrere oltre un’ora al giorno a cercare singoli documenti o dati specifici sulle reti aziendali o su sistemi condivisi, solo per poter continuare a svolgere il proprio lavoro.

Una delle maggiori difficoltà per i professionisti è, dunque, rappresentata dal fatto di avere informazioni distribuite in diversi “luoghi”: più di 1 italiano su 3 (36%) afferma infatti di faticare a reperire le informazioni perché queste sono disponibili su diverse piattaforme, applicazioni o file. Se pochi (15%) ritengono che i colleghi non salvino correttamente i documenti (conservandoli per esempio sul desktop del proprio PC), il 24% lamenta difficoltà a identificare le informazioni più recenti e aggiornate. La cattiva gestione e le sfide che si affrontano quotidianamente hanno un effetto negativo sui lavoratori: il 43% dei dipendenti italiani ritiene che la grande quantità di informazioni abbia ripercussioni dal punto di vista del benessere fisico e mentale, mentre il 35% afferma che le conseguenze riguardano principalmente le prestazioni lavorative. Da non sottovalutare anche il fatto che 1 italiano su 3 (34%) possa vedere compromesso l’equilibrio vita-lavoro. Il trend è confermato anche a livello globale, con il benessere psico-fisico influenzato negativamente dal sovraccarico cognitivo per quasi la metà degli intervistati (42%).

Mancano gli strumenti adatti

Il fatto è che la mancanza di strumenti adatti alla gestione delle informazioni sta iniziando a rappresentare un problema per molte aziende, tanto che spesso i dipendenti si sentono legittimati a prendere iniziative individuali. Indipendentemente dal fatto che sia consentito o meno, oltre la metà (56%) dei professionisti italiani utilizza sistemi di condivisione file personali, come OneDrive, Google Drive, WhatsApp e Dropbox, per l’invio di documenti di lavoro, poiché risulta più semplice e veloce. Tuttavia, è interessante notare che tre quarti dei dipendenti (72%) lo fanno perché ritengono che la propria azienda non abbia policy che lo impediscano, nonostante i rischi elevati in termini di sicurezza dei dati e delle informazioni. Lo scenario globale è altrettanto sorprendente: quasi due terzi (63%) dei dipendenti nel mondo affermano di utilizzare sistemi di condivisione personali per condividere file di lavoro e oltre 7 su 10 di loro (71%) lo fanno ritenendo che l’azienda non sia contraria.

Non è tutto. I cosiddetti “lavoratori ibridi” devono affrontare diverse sfide e il 30% degli italiani afferma che una delle più grandi è quella di non avere lo stesso set-up in ufficio e a casa. Il 24%, poi, lamenta di non poter accedere facilmente ai documenti quando lavora da remoto e il 21% di non poter condividere file e informazioni con facilità quando lavora da casa. Rispetto alla media globale (12%), però, l’Italia rivela una delle percentuali più alte di lavoratori da remoto soddisfatti (21%), superata solo dal Giappone (26%).

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