Italiani molto attenti a responsabilità sociale d’impresa. E le aziende?

L’impegno in cause umanitarie e la disponibilità ad aiutare il prossimo sono requisiti fondamentali per scegliere un datore di lavoro

Dopotutto, siamo meno razzisti, egoisti ed ego-riferiti di quanto pensiamo. Perlomeno quando si tratta di questioni lavorative. È questo il ritratto del popolo italiano che emerge da un’indagine realizzata da Randstad (secondo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane) in tutto il mondo, Italia compresa, secondo cui temi come inclusione, diversity e contrasto alle diseguaglianze sono molto sentiti dai nostri connazionali. Addirittura, per molti italiani, specie delle generazioni più giovani, l’impegno in cause umanitarie e la disponibilità ad aiutare il prossimo sono requisiti fondamentali da valutare quando si deve dare la preferenza a un datore di lavoro piuttosto che a un altro: sono quasi nove su dieci i lavoratori che dichiarano che vorrebbero lavorare soltanto in un’azienda con un solido programma di responsabilità sociale d’impresa. Su questo fronte superiamo tutti gli altri Paesi europei: Germania (75% contro l’87% degli italiani), Spagna (77%), Francia (78%), Regno Unito (79%). E non è tutto. Gli italiani, se possono scegliere, preferiscono collaborare con società che partecipano ad attività caritatevoli o filantropiche (57%: il 6% in più della media europea).

Le aziende non sono molto attente alla responsabilità sociale d’impresa

Peccato che le aziende non dimostrino altrettanta attenzione per inclusione e diversity. Solo una su due è propensa a impegnarsi in un solido programma di responsabilità sociale d’impresa e ancora meno sono le imprese disposte a concedere permessi di lavoro retribuiti ai dipendenti per queste attività. Poco più di una realtà su quattro (26%) permette che sia il dipendente a scegliere la causa benefica o l’organizzazione cui aderire, mentre in meno di un caso su cinque (18%) se ne occupa l’impresa. “Dalla ricerca emerge un forte divario di attenzione e sensibilità all’inclusione fra i lavoratori, che addirittura la pongono come prerequisito per la scelta di un datore di lavoro, e le imprese, che soltanto nel 50% dei casi hanno una politica che valorizza diversity e inclusione” ha commentato Marco Ceresa, amministratore delegato Randstad Italia.

© Riproduzione riservata