Anche i 40enni hanno diritto a sognare la carriera

Il 35% dei dipendenti si sente lasciato solo dopo una certa età e perde motivazione. A tutto danno delle aziende

In Italia non si può fare carriera. Rassegnatevi, e il fatto che in Europa le cose vadano di poco meglio non è una consolazione. Età, genere (femminile, ovviamente) e nepotismo impediscono ai lavoratori italiani di prosperare in azienda e di evitare lo stress costante, che coinvolge un dipendenti su cinque (e solo il 21% dei lavoratori non si sente mai sotto pressione). Racconta tutti questi dati la ricerca La forza del lavoro in Europa 2017 di Adp, leader mondiale nei sistemi informativi e applicativi.

Con un sondaggio tra 9.920 lavoratori in Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Spagna, Svizzera e Regno Unito, si scopre che l’età è un fattore decisivo per «la disponibilità di opportunità di carriera» e che i dipendenti avvertono meno supporto dalle aziende man mano che invecchiano (16,6%, che diventa 25-40% dopo i 45 anni). Un aspetto forse naturale, ma da ripensare visti i nuovi termini dell’età lavorativa. «Per la prima volta nella storia, esiste una forza lavoro che sta invecchiando: molto presto, cinque generazioni di impiegati lavoreranno fianco a fianco. Le tecnologie avanzate e ulteriori significative differenze d’età nella forza lavoro fanno sentire isolati i lavoratori più anziani, che si sentono sorpassati da lavoratori più giovani e tecnologicamente più preparati», dice Adp.

L’età è molto menzionata come fattore critico in Olanda (24%), Svizzera (21%) e Regno Unito (20%). Un secondo ostacolo, che accomuna tutte le fasce d’età, è il nepotisimo, temuto dal 12,2% degli italiani (14% uomini, 9,6% donne), mentre l’8,3% denuncia invece una generale mancanza di opportunità di crescita (il 7% degli uomini intervistati e una donna su 10). E il genere? Un ostacolo per il 7,3% delle donne, ma solo lo 0,8% degli uomini.

DELUSIONE FATALE. «L’avanzamento di carriera è un fattore fondamentale per attrarre e conservare i dipendenti, per cui desta preoccupazione il fatto che il 35% dei lavoratori italiani dichiari come i datori di lavoro non facciano abbastanza per supportare il loro avanzamento di carriera o non lo supportino affatto», aggiunge lo studio. Non è così dappertutto: spagnoli, olandesi, svizzeri e britannici si ritengono più supportati, mentre i francesi delusi sono il 39% (i tedeschi il 34%, appena dietro di noi.

«Se gli impiegati sentono che ci sono barriere ai loro obiettivi di carriera, si sentono frustrati», conclude Nicola Uva, direttore strategia & marketing di Adp Italia. «I datori di lavoro dovrebbero rassicurare i dipendenti, trattandoli equamente e dando tutto il supporto e il riconoscimento che meritano. Allo stesso modo, le aziende hanno bisogno di affrontare eventuali problemi generazionali dei dipendenti, facendo percepire il valore che l’esperienza legata all’età apporta».

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