Ocse: il costo del lavoro è troppo alto in Italia

Gli stipendi sono in discesa (-0,7%), ma per l'Organizzazione per lo sviluppo economico il cuneo fiscale resta l'ostacolo maggiore alla ripresa

Il costo del lavoro è un ostacolo alla ripresa in Italia. Lo dice l’Ocse che indica proprio nell’eccessivo peso dei dipendenti uno dei problemi del sistema tricolore. Nonostante la stessa organizzazione segnali che gli stipendi siano in discesa, mentre la produttività segna timidi segnali di ripresa. «La crescita della produttività resta debole e nonostante il rallentamento della crescita del costo unitario del lavoro dall’inizio della crisi, la crescita complessiva di tale indicatore resta tra le più alte dell’area euro», sottolineano da Parigi annunciando i dati trimestrali sul costo del lavoro.

ITALIA. Nei 34 Paesi Ocse, il costo unitario del lavoro in media è salito dello 0,1% nel secondo trimestre, come nei primi tre mesi dell’anno: è l’effetto dell’aumento degli stipendi dello 0,5% (contro +0,1% nel primo trimestre) a cui fa fronte un incremento dello 0,4% della produttività che era stato piatto a inizio anno. In controtendenza il dato del nostro Paese, dove il lavoro costa lo 0,7% in meno (nel primo trimestre si era registrato un +0,5%). Gli stipendi infatti sono crollati dello 0,6% (dopo +0,8%), mentre la produttività è salita solo dello 0,1% (dopo +0,3%).

ZONA EURO. Guardando al dato complessivo della zona euro, il costo del lavoro è salito dello 0,1% (+0,1% i salari, produttività piatta). Picco in Germania: +0,5% a fronte di un aumento dei salari dello 0,8% e un incremento produttivo dello 0,3%. Buoni i dati anche in Francia (+0,4%), Portogallo (+1,2%) e Regno Unito: a Londra il pesante aumento degli stipendi (+2,3%) viene compensato in gran parte da una grande accelerazione della produttività (+0,9%). In calo anche i dati di Spagna (-0,5%) e Grecia, dove il crollo è del 2,3%. Quasi piatto, infine, il dato Usa (+0,1%).

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