Negli affari ci vuole (anche) spirito

Quali risposte in più o in meno, oppure semplicemente differenti, rispetto a un coaching tradizionale, può offrire un percorso formativo che affonda le sue radici in un insegnamento religioso? Illustrano i loro metodi Haim Baharier, studioso di ermeneutica biblica e qabbalistica, e il frate tedesco Tobias Breer

Potere e successo sono davvero inconciliabili con una visione spirituale e religiosa dell’individuo, delle relazioni e della società? Due “particolari” spiritual coach – un grande studioso del pensiero ebraico e un monaco di Duisburg – ribaltano la prospettiva, così come fanno quando si trovano di fronte a top manager e dirigenti che si rivolgono a loro per superare conflitti interni ai gruppi e, non di rado, problematiche personali che li generano. A prescindere dall’appartenenza religiosa o da posizioni ateistiche. Professional trainer inconsueti, che ci mostrano come da riti e testi sacri – la Regola Benedettina, le storie e i personaggi biblici, i precetti di Talmud e Qabbala – si possano apprendere nozioni di consapevolezza di sé e degli altri, sulla leadership e sulla guida del proprio team. Da mettere in pratica secondo dinamiche in cui economia ed etica risultano tutt’altro che disgiunte.

L’intervista a Haim Baharier

L’intervista a Tobias Breer

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