Nasce lo statuto delle PMI

Parla Vignali: incentivare chi reinveste

A 40 anni dallo Statuto dei lavoratori è ora di occuparsi anche delle aziende. Che hanno bisogno di una cornice legislativa di principi. «L’iniziativa economica privata è libera», dice Raffaello Vignali, vicepresidente della commissione Attività produttive ed ex presidente della Compagnia delle Opere che ha presentato un vero e proprio Statuto dei diritti e dei doveri delle imprese, che dovrebbe essere approvato entro l’anno. «Il punto di partenza», spiega Vignali, «è il business act europeo, il pacchetto di misure comunitarie per difendere le Pmi. Ma questo provvedimento riguarda tutte le imprese, senza distinguerle per tipologia e dimensioni. Dopodiché la taglia del nostro sistema è quello delle Pmi. La debolezza italiana non sta nel modello quanto nel fatto che non ci crediamo a sufficienza». La proposta di legge è sostenuta da un fronte ampio e trasversale di parlamentari (oltre a Vignali, Raisi, Reguzzoni, Fava, Lupi, Golfo, Versace, Polidori, Torazzi, Cazzola, Calearo, Lulli e Realacci) e ha il placet delle associazioni datoriali. Tra i punti qualificanti della proposta c’è l’istituzione di un’Agenzia, che potrebbe trasformarsi in un’authority, per elaborare proposte di sviluppo e di una commissione parlamentare. Spulciando i 23 articoli del testo si scopre che il leit motiv è la sussidiarietà. «Sì, perché se si investisse di più in questa direzione», aggiunge Vignali,«si potrebbero creare spazi di libertà e responsabilità». Infatti lo Statuto delle imprese punta a imporre allo Stato, alle Regioni e agli altri enti locali di valutare l’impatto delle loro leggi sulle Pmi; stabilisce che le certificazioni rilasciate dai privati abilitati possano sostituire i bollini della pubblica amministrazione, mentre sulla fiscalità, si chiede di incentivare chi reinveste gli utili nella capitalizzazione, nel capitale umano, nella ricerca, nell’innovazione e nell’internazionalizzazione.

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