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Lavoro

Lavoro, pochi giovani e in fuga dall’Italia

La fascia under 25 si sta via via riducendo nel nostro Paese. La percentuale dei giovani che lasciano l’Italia è molto simile a quella europea, ma non sono abbastanza quelli che scelgono di entrare nel nostro Paese. Risultato? Una perdita di peso, importanza e valore dei giovani nella società italiana

Gli elettori over 50 tra dieci anni supereranno gli under 50: i giovani sono pochi e lo saranno sempre meno, hanno difficoltà a trovare lavoro e a fare carriera e su di loro non si investe. E’ il quadro che emerge da un rapporto di Manageritalia nel quale si sottolineano due dati principali: le nuove generazioni sono sempre meno a causa del calo delle nascite, e sempre più giovani ad alto potenziale lasciano l’Italia per la mancanza di opportunità lavorative’. Dalle analisi emerge che il rischio di disoccupazione tra i giovani nel biennio della crisi 2008-2009 è aumentato del 20%, più che in tutti gli altri Paesi europei. “Riusciamo ad attrarre pochi giovani dall’estero, impoverendo sempre più quel capitale umano di qualità che rappresenta la risorsa più importante per dare un futuro al nostro Paese” ammette con rammarico Lorenzo Guerriero, presidente di Manageritalia.

Bye bye giovaniI nostri giovani oggi sono circa 15 milioni, quasi 4 milioni in meno rispetto ai coetanei francesi. Più in generale siamo il Paese in Europa con la più bassa percentuale di ragazzi under 25 (meno del 25% della popolazione, stranieri esclusi). Nel 2010 la fascia elettorale 18-49 anni passerà da 26,5 milioni attuali a meno di 24 milioni. Viceversa gli over 50 aumenteranno nello stesso periodo da 23,6 a 27,5 milioni. I giovani – denuncia Manageritalia – diventeranno una minoranza tra la popolazione. In particolare, secondo una elaborazione da stime Istat le persone tra i 20 e i 39 anni caleranno da 15,6 milioni a 13,5 milioni (di cui 11,3% stranieri), con una perdita netta di 2,1 milioni di persone; quelle tra i 50 e i 69 anni aumenteranno da 14,6 a 16,9 milioni (di cui 2,8% stranieri), con un incremento pari a 2,3 milioni.

Non attiriamo giovani dall’esteroSecondo il Rapporto, non è vera la fuga dei cervelli all’estero. I nostri giovani più istruiti fuggono dall’Italia nelle stesse proporzioni degli altri giovani europei. Su cento studenti che si laureano, quasi sei decidono di lasciare l’Italia: numeri non molto diversi da quelli di altri Paesi visto che lo stesso indice è pari a al 4,5% in Francia, al 5,5% in Germania, all’8% in Grecia, al 2,5% in Spagna, al 12,2% in Gran Bretagna e allo 0,7% negli Stati Uniti. Purtroppo, però, non sappiamo attirare giovani dall’estero e quindi il saldo tra giovani che e entrano ed escono dall’Italia è negativo: -1,2% contro 5,5% della Germania e del 20% degli Usa.

Classe dirigente vecchiaManageritalia punta l’indice contro lo scarso rinnovamento nella classe dirigente italiana. Il rischio, sostiene, è che al ‘degiovanimento demografico’ corrisponda anche un ‘degiovanimento sociale’: una perdita generalizzata di peso, importanza, valore dei giovani nella società italiana. Nel 1990 l’età media dell’élite era di 51 anni, nel 2005 di circa 62. Un aumento di 11 anni a fronte di una crescita della speranza di vita di circa 4 anni. I dirigenti privati e pubblici hanno in Italia un’età media di 47,7 anni contro una media europea del 44,7%.

Scarsa mobilità socialeDal rapporto, infine, emerge che avere un padre laureato permette al figlio di guadagnare in media il 50% in più rispetto a chi ha un genitore con titolo più basso a parità delle caratteristiche individuali del giovane stesso.