Lavoro, i punti principali della riforma. Decisione al Parlamento, con riserva

Il premier Mario Monti sottolinea la sovranità delle due Camere che, però, dovranno decidere in tempi “non troppo lunghi” restando “il più vicino possibile al testo” varato dal governo. Scarica le linea guida di Palazzo Chigi

Con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge (ddl), prende il via l’iter parlamentare della riforma del mercato del lavoro. In pratica il governo ha dettato le linee guida per il Parlamento che avvierà ora la discussione. In viaggio per l’Oriente (sette giorni di incontri, dal Sud Corea al Kazakistan, passando per Giappone e Cina) Mario Monti ha ricordato come la decisione finale spetterà al Parlamento (che “è sovrano”) ma l’esecutivo spingerà per avere “un risultato finale, in tempi non troppo lunghi e il più vicino possibile al testo varato dal Cdm”. Nella serata di venerdì 23 marzo, al termine del vertice tra i ministri, il governo ha rilasciato un documento di 26 pagine suddiviso in dieci punti, un testo presentato dal ministro del lavoro Elsa Fornero “di concerto” con il ministro dell’Economia (e premier) Mario Monti. Ma quali sono i punti principali della riforma? L’esecutivo punta a una stretta sulla flessibilità in entrata aumentando i contributi dei collaboratori (l’idea è di renderlo più ‘costoso’ per le aziende rispetto a un dipendente) e rendendo più semplice la flessibilità in uscita con la revisione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ma non solo, tra le altre misure si cercherà di disciplinare il congedo di paternità obbligatorio e contrastare il lavoro irregolare degli immigrati. In dettaglio le misure principali presentate dal governo e sintetizzate dall’Ansa:

Riforma in 10 punti: scarica il testo varato dal governo

PARTITE IVA – Stretta sulle partite Iva e sulle associazioni in partecipazione permesse solo in caso di associazione tra familiari entro il primo grado (genitori o figli) e il coniuge.

CO.CO.PRO – Ci sarà una definizione più stringente del progetto con la limitazione a mansioni non meramente esecutive o ripetitive in modo da enfatizzare la componente professionale. È vietato l’inserimento di clausole che consentono il recesso prima della fine del progetto. In caso di mancanza di un progetto specifico il contratto a progetto si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Si prevede per i collaboratori un aumento dell’aliquota contributiva di un punto l’anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% prevista per il lavoro dipendente (fino al 24% per chi è iscritto a gestione separata e ad altre gestioni o pensionati).

CONTRATTI – Si punta sull’apprendistato; si collega l’assunzione di nuovi apprendisti alla stabilizzazione avvenuta in precedenza (50% nell’ultimo triennio), si prevede una durata minima di sei mesi per il contratto e si alza il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati (da 1 a 1 a 3 a 2). Il contratto a tempo determinato è perseguito fissando un intervallo di 60 giorni tra un contratto e l’altro (contro i 10 attuali) per un contratto inferiore a 6 mesi e di 90 giorni per una durata superiore (adesso 20).

ART. 18 – Ci saranno tre regimi sanzionatori per il licenziamento individuale illegittimo: la reintegrazione nel posto di lavoro sarà disposta dal giudice solo nel caso di licenziamento discriminatorio e in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare. Nel caso di licenziamento per motivi economici ritenuto illegittimo dal giudice il datore di lavoro potrà essere condannato solo al pagamento di un’indennità. L’indennizzo che dovesse essere deciso a fronte di un licenziamento illegittimo per motivi disciplinari o per motivi economici potrà variare tra le 15 e le 27 mensilità. Sarà sempre obbligatorio indicare i motivi del licenziamento. Se il licenziamento economico è strumentale e il lavoratore riesce a provare che è invece di natura disciplinare o discriminatoria il giudice applica le relative tutele. È prevista l’introduzione di un rito procedurale veloce per le controversie in materia di licenziamento.

CONTRIBUTO LICENZIAMENTO – Il datore di lavoro all’atto del licenziamento dovrà versare all’Inps mezza mensilità ogni 12 mensilità di anzianità aziendale negli ultimi tre anni (in vigore dal 2013).

ASPI – La nuova assicurazione sociale per l’impiego è destinata a sostituire a regime, nel 2017, l’indennità di mobilità e le varie indennità di disoccupazione. Ne potranno usufruire oltre i lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti purché possano contare su 2 anni di anzianità assicurativa e 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. Sarà pari al 75% della retribuzione fino a 1.150 euro e al 25% oltre questa soglia per un tetto massimo di 1.119 euro lordi al mese. È prevista una fase transitoria per il passaggio del periodo dagli 8 mesi attuali (12 per gli over 50) ai 12 dell’Aspi (18 per gli over 55). La contribuzione è estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell’ambito di applicazione dell’indennità. L’aliquota è pari a quella attuale per i lavoratori a tempo indeterminato (1,31%) ma sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine (da restituire in caso di stabilizzazione del contratto). Andrà a regime nel 2013.

CIGS – La necessità di eliminare a decorrere dal 2014 i casi in cui la cassa integrazione straordinaria copre esigenze non connesse alla conservazione del posto di lavoro porta all’eliminazione della causale per cessazione di attività. La Cigs viene estesa a regime per le imprese del commercio tra i 50 e i 200 dipendenti, le agenzie di viaggio sopra i 50 e le imprese di vigilanza sopra i 15. Per le aziende non coperte dalla Cig straordinaria arriva un fondo di solidarietà. La contribuzione dovrà essere a carico del datore di lavoro (2/3) e del lavoratore (1/3) e ci sarà l’obbligo di bilancio in pareggio.

TUTELA LAVORATORI ANZIANI – Sono possibili accordi per esodi di lavoratori anziani (che raggiungano la pensione nei quattro anni successivi al licenziamento) e la loro tutela con un indennità in attesa dell’accesso alla pensione “con costi a carico dei datori di lavoro”.

EQUITÀ DI GENERE: Norme di contrasto alle dimissioni in bianco e il rafforzamento fino a tre anni di età del bambino del regime di convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri (al momento è un anno).

PATERNITÀ OBBLIGATORIA – Viene introdotto il congedo di paternità obbligatorio (tre giorni).

VOUCHER BABY SITTER – Le neo mamme avranno diritto di chiedere la corresponsione di questi “buoni” dalla fine della maternità obbligatoria e per gli 11 mesi successivi. Li darà l’Inps.

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