“Come vedi il tuo lavoro nei prossimi cinque anni, ti senti ottimista o pessimista in proposito?” a questa e altre domande hanno risposto più di 32 mila lavoratori di 17 Paesi intervistati da Adp per la sua nuova survey People at Work 2021: A Global Workforce View, una ricerca che analizza gli atteggiamenti dei dipendenti nei confronti dell’attuale mondo del lavoro e le loro aspettative e speranze future. Per questo studio la multinazionale specializzata nell’ambito dell’human capital management, ha intervistato circa duemila professionisti italiani.
Nonostante il momento non certo semplice a livello economico, si dichiara ottimista verso il futuro il 63% degli italiani, contro un 37% che invece teme le conseguenze del Covid-19 sul sistema lavoro. Più ottimisti gli uomini delle donne (66% contro 59%) un dato piuttosto scontato se pensiamo che nell’ultimo anno in Italia hanno perso il lavoro 444 mila persone, di cui 312 mila sono donne, circa i tre quarti del totale (dati Istat). La fascia più pessimista è quella degli over 55 (40%) mentre la più ottimista è quella tra i 18 e 24 anni con una percentuale di ottimisti del 72%.
Sebbene c’è una buona fetta di lavoratori che ritiene la pandemia un danno per il proprio lavoro, c’è una parte di italiani incline a pensare che il Covid-19 avrà un impatto positivo, oltre che negativo, su questioni come ottenere una maggiore flessibilità e sviluppare nuove competenze professionali.
Considerando i prossimi tre anni, come ti aspetti che il Covid-10 influisca sul tuo lavoro? | Impatto positivo | Impatto negativo | Nessuno Impatto |
Sviluppo del mio set di competenze | 27% | 30% | 43% |
Flessibilità al lavoro | 31% | 34% | 34% |
Il mio metodo di lavoro | 25% | 35% | 39% |
Equilibrio vita lavorativa | 24% | 37% | 39% |
Opportunità di progredire nella mia carriera | 19% | 40% | 19% |
Sicurezza economica | 16% | 51% | 32% |
Abilità nel trovare un nuovo lavoro | 15% | 53% | 31% |
Secondo Marisa Campagnoli, Hr Director di Adp Italia, “c’è la sensazione che, ciò che è stato un periodo estremamente grigio, possa avere però un risvolto positivo in ambito lavorativo. In particolare, per quanto riguarda il passaggio a un più flessibile modello lavorativo, o allo sviluppo di nuove competenze utili ai dipendenti per affrontare quella che sembra essere la “nuova normalità”, mentre l’economia globale cerca di trovare slancio per una rapida ripresa”. È comprensibile, tuttavia, che la sicurezza lavorativa ed economica siano in cima ai pensieri di molti dopo un anno in cui molte aziende hanno dovuto chiudere temporaneamente o definitivamente, o modificare le proprie attività in maniera significativa. Secondo Campagnoli, la sfida per i datori di lavoro e per i team HR sarà quella di “trovare possibili modi di sfruttare le positività, e allo stesso tempo, dove possibile, alleviare gli svantaggi per assicurarsi che il personale rimanga ottimista, motivato e
Una delle domande chiave posta ai lavoratori intervistati è: “Qual è stata la tua più grande sfida sul lavoro dall’inizio della pandemia?”. Con la salute in cima alle preoccupazioni, vediamo che gestione dello stress, worklife balance e timore di non riuscire a essere produttivi in egual modo sono state le maggiori paure dei lavoratori italiani durante i mesi della pandemia.
Rimanere in buona salute | 21% | Non ho avuto grossi cambiamenti | 8% |
Gestione dello stress | 20% | Creare un ambiente di lavoro idoneo anche a casa | 6% |
Worklife balance (ritagliare il giusto tempo tra lavoro e famiglia) | 13% | Costruire relazioni | 6% |
Mantenere la produttività | 12% | Farsi notare o riconoscere sul lavoro | 3% |
Gestione del carico di lavoro | 9% |