La crisi dello sportello mette a rischio il posto fisso

Con nove mesi di anticipo l’Abi ha annunciato la disdetta del contratto per dirigenti, quadri e personale delle banche che coinvolge oltre 300 mila lavoratori

Il business è diventato insostenibile. Con questa motivazione l’Abi, l’associazione del settore bancario, ha annunciato con nove mesi d’anticipo la disdetta del contratto nazionale dei lavoratori bancari, in scadenza il prossimo 30 giugno 2014 e che riguarda oltre 300 mila persone tra dirigenti, quadri e personale degli istituti. Le motivazioni sono numerose. C’è la crisi economica che, come affermato nella lettera inviata dall’Abi ai sindacati, a portato a una «significativa» caduta della redditività per le banche che, «in frequenti casi è negativa». Ma secondo l’associazione guidata dal presidente Antonio Patuelli a essere in crisi è anche il sistema: costi del lavoro troppo alti e un «profondo e crescente impatto delle innovazioni tecnologiche che influisce, in particolare, sulla progressiva riduzione delle operatività delle reti fisiche a vantaggio di un forte aumento di quelle telematiche». In pratica l’Internet banking ha provocato un surplus di personale e professionalità, sottolinea l’Abi, «non coerenti con l’attuale modo di fare banca». Migliaia i posti di lavoro a rischio, che mettono sul piede di guerra i sindacati, che sottolineano l’incoerenza dell’associazione. «Giani Bifronte» vengo definiti i banchieri rei, secondo il segretario della Fabi Lando Maria Sileon, di dichiarare ai mercati grande solidità patrimoniale e costi operativi ridotti, mentre alle organizzazioni sindacali denunciano redditività ai minimi storici, senza prospettive di ripresa e costi del personale insostenibili.

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