Il lavoro nero è sempre più nero

L'economia sommersa e illegale in Italia vale 208 miliardi. E ci sono ancora oltre 3,7 milioni di lavoratori irregolari. La "colpa"? Delle famiglie

Il lavoro nero in Italia è sempre più nero. I lavoratori sommersi sono, secondo l’Istat, e milioni e 724 mila, di cui la maggior parte “dipendenti” (2 milioni 651 mila), aumentati di 57 mila unità. Il tasso di irregolarità sul totale delle unità di lavoro è è pari al 15,9% (+0,2 punti rispetto al 2014) e tocca il 47,6% nei servizi alla persona. Da segnalare le percentuali altissime in agricoltura (17,9%), nelle costruzioni (16,9%) e nei settori commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (16,7%).

Non conta tanto la tipologia di bene o servizio prodotto quanto il mercato di riferimento: quando il proprio target sono le famiglie consumatrici, come accade nel commercio o nella ristorazione, c’è maggiore incidenza del sommerso rispetto a quel che accade quando il mercato di riferimento è costituito dalle imprese.

Lavoro nero ed economia sommersa: l’Italia che non si vede

Si riduce invece, anche se di poco, il mondo dell’economia non osservata: mancate dichiarazioni del reddito, lavoro sfruttato in maniera irregolare ma anche attività illegali vere e proprie come il traffico di stupefacenti o la prostituzione. Nel 2015 si è attestata a poco meno di 208 miliardi di euro, il 12,6%. In anno si è perciò ridotta dello 0,5%.

Scende l’incidenza della sotto-dichiarazione, cioè quella quota del valore aggiunto prodotto da imprese regolari ma sottratto agli occhi del Fisco (44,9%, -2%), aumenta invece al 37,3% il valore aggiunto legato all’impiego del lavoro irregolare. «L’incidenza delle altre componenti (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) e delle attività illegali è meno rilevante ma in aumento: la prima sale al 9,6% (con un incremento di un punto percentuale) e la seconda all’8,2%, 2 decimi di punto in più rispetto al 2014».

Non conosce crisi, infine, il valore delle attività illegali: droghe, prostituzione e contrabbando di sigarette hanno generato un valore aggiunto pari a 15,8 miliardi di euro. «Tenendo in considerazione l’indotto (1,3 miliardi di euro)», scrive l’Istat, «il peso di queste attività sul complesso del valore aggiunto si mantiene stabile all’1,2%». Gli italiani hanno consumato beni e servizi illegali per 19 miliardi di euro (+0,3 miliardi rispetto al 2014). Le droghe raggiungono 11,8 miliardi, la prostituzione 3,6 miliardi, il contrabbando di sigarette 0,4 miliardi.

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