I Big data? Sono più “umani” di quanto sembri

Analytics 2015 di Sas non è stata solo un’occasione di confronto e apprendimento per iprofessionisti del settore, ma un’occasione per conoscere l’importanza dell’analisi dei dati per migliorare la vita delle persone

Mildred (un nome di fantasia) è una donna di 98 anni, una nonna, che ogni domenica ha ancora la forza per preparare la cena alla sua famiglia nella sua casa di Saint Louis. Straordinario? Sì per una persona che, alla sua età, è già stata ricoverata due volte per un infarto e, in entrambe le occasioni, è stata in grado di tornare velocemente a casa nel giro di pochi giorni. Non capita spesso per i pazienti dell’età di Mildred. La sua salute è tenuta sotto controllo dai medici attraverso un wearable device prodotto da Geneia, che trasmette numerosi dati biomedici a un portale interattivo. Geneia si è affidata a Sas per analizzare i dati provenienti dal dispositivo Iot e invia regolarmente report al team medico di Mildred, che può così seguire quotidianamente la paziente, prendendo le decisioni migliori per la sua salute, senza impedirle di condurre una vita normale.Mildred è solo una delle milioni di persone che oggi beneficiano dell’analisi dei dati generati dall’Internet of Things ed è solo una delle storie che emergono da Analytics 2015 di Sas, il più importante evento internazionale di apprendimento e confronto sui Big data.

IL FATTORE UMANO DEI DATI. Svoltosi per la prima volta a Roma – alla presenza di oltre 700 professionisti del settore – la tre giorni di formazione e networking è stata l’occasione anche per conoscere il “lato umano” dei dati. Sì, perché i Big data non sono solo enormi stringe di numeri, informazioni che riguardano solo gli analisti e il marketing delle aziende, sono molto più umani di quanto sembrino. Non solo perché, come dimostra il caso di Mildred, aiutano a migliorare la vita delle persone, ma anche perché siamo noi a crearli, a progettare i computer in grado di analizzarli. Senza l’uomo non esisterebbero i dati. Un concetto ben espresso da Jer Thorp, Data Visualization Artist, che con la sua arte digitale aiuta le persone a “riprendere il controllo” delle numerose informazioni, dei numeri, che generiamo quotidianamente. Jill Dyché, Vice President of Best Practice di Sas, e Fritz Lehman, Senior Vice President, Customer Engagement and Support Division dell’azienda americana, hanno evidenziato come l’aspetto umano dei dati sia anche quello delle persone che, grazie alle loro capacità, dagli Analytics riescono a generare valore per l’azienda. Le società che vogliono sfruttare il valore dei Big data – la cui analisi è fondamentale quando si tratta di prendere decisioni nel minor tempo possibile – hanno bisogno innanzitutto di assumere le persone giuste. Per questo è importante sviluppare al più presto all’interno delle aziende una cultura per gli Analytics ed essere attenti che il team a esso dedicato possieda le competenze necessarie.

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