Gli anni ’10 di questo secolo, appena terminati, sono stati anni di economia in crisi e poi stagnante, seppure con numeri che in piena emergenza Covid rimpiangiamo volentieri. Per questo motivo tra le misure di austerità intraprese dai vari governi vi è stata la riduzione graduale dei dipendenti pubblici, effettuata tramite il blocco delle assunzioni, la non sostituzione di chi andava in pensione, non pochi considerando l’età media dei lavoratori, superiore a 50 anni.
Il risultato è stato una diminuzione dell’organico pubblico del 2,7% tra il 2010 e il 2018, ultima data per cui vi sono dati verificati. Si è passati da 3.315.347 a 3.224.822 lavoratori. Un calo di circa 90 mila unità che diventa ancora più rilevante considerando che nel complesso nello stesso periodo il numero di lavoratori occupati è invece seppur di poco cresciuto.
Ma come quasi sempre accade nessun trend è omogeneo. Vi sono comparti del pubblico impiego dove i tagli sono stati feroci, si potrebbe dire, e altri in cui invece non ve ne sono stati e anzi si è registrato un aumento del numero dei lavoratori.
Nel complesso la riduzione è stata provocata e trascinata da quella verificatasi nel settore non statale, quello di competenza locale, e che include circa un milione e 365 mila lavoratori, diminuiti di circa 49 mila addetti in otto anni. Il calo è stato qui del 7,1%, soprattutto per il taglio del 18,1% dei dipendenti delle regioni a statuto ordinario, che sono scesi di 93 mila unità. Giù del 5,8% anche i lavoratori della sanità, che sono diventati 40 mila in meno.
Escludendo le pochissime migliaia di occupati in enti con trattamenti speciali (Enti art. 70-comma 4 – d.165/01 e Enti art. 60 -comma 3- d.165/01) e nelle autorità indipendenti le variazioni percentuali maggiori si sono verificate per i ricercatori, cresciuti del 28,2% e per coloro che invece lavorano in enti pubblici non economici (es. INPS, Coni, Croce Rossa, ecc), diminuiti del 24,6%. Giù, del 18,1%, anche i dipendenti delle università
Diversamente invece è andata, almeno in media, nel settore statale, quello in cui i lavoratori dipendono direttamente da Roma, per capirci. In questo caso anzi vi è stato un incremento dei dipendenti pubblici, di 13 mila unità circa, ovvero il 0,7%.
A beneficiarne in particolare i vigili del fuoco, il cui organico è cresciuto del 9,6%, anche se in termini assoluti parliamo di solo tre mila persone in più. L’ambito con il maggiore aumento in migliaia è invece quello della scuola, del resto il più ampio di tutto il settore pubblico. In otto anni si è ulteriormente ingrandito crescendo del 7,8%, ovvero 81 mila addetti.
Su anche il numero di occupati nel piccolissimo comparto della carriera diplomatica, +9,6%, e nella magistratura, + 4,8%
Per tutti gli altri vi è il segno meno. Per esempio nella carriera penitenziaria, che qui include però solo le poche centinaia di posizioni dirigenziali, il taglio è del 35,9%, così come la carriera prefettizia, dove è del 20%.
In realtà il grosso del personale addetto alla sicurezza è incluso nella voce forze di polizia, forte di circa 306 mila addetti, però comunque in calo nel 2018 rispetto a otto anni prima di 22 mila unità, il 5,8%. Diminuiscono anche le forze armate, del 9,2%, ovvero 18 mila persone.
Tra i settori in realtà in cui l’austerità è stata maggiore quelli che da decenni sono stati additati come luogo di sprechi e di esubero di lavoratori, i ministeri. Tra 2010 e 2018 quindi i dipendenti pubblici qui assunti sono calati del 15,9%, ovvero 28 mila persone. Ancora più grande la riduzione degli occupati presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del 20,3%.
Nel complesso la Pubblica Amministrazione a causa di questi tagli selettivi dà l’impressione di stare cambiando volto, anche a livello qualitativo. Più insegnanti e ricercatori, magistrati, meno ministeriali, poliziotti, soldati, medici. Se alcuni trend, per esempio nella scuola (ma non nell’università), sembrano destinati a proseguire, in altri, per esempio nell’ambito della sanità, è probabile che gli anni ’20 ci sarà una netta inversione di tendenza
I dati si riferiscono al periodo 2010-2018
Fonte: Corte dei Conti
In collaborazione con www.truenumbers.it
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