Congedi parentali: un confronto globale per durata e stipendi

Solo il 16% dei Paesi prevede un periodo della durata di circa un anno o superiore

Quanto dura il congedo parentale nei vari Paesi? A quanto ammonta lo stipendio e quali sono gli oneri per il datore di lavoro? Lo studio legale Toffoletto De Luca Tamajo ha analizzato le normative di 40 Paesi in tutto il mondo per cercare di rispondere a queste domande.«Ciò che emerge dalla ricerca è che sempre più Paesi riconoscono una maggiore flessibilità nella fruizione del periodo di maternità obbligatoria, consentendo di scegliere in quale misura goderne pre e post nascita, oltre ad almeno alcuni giorni di congedo di paternità alla nascita del figlio – sottolinea l’avvocato Marcella De Luca Tamajo, associate dello studio Toffoletto De Luca Tamajo, che ha curato la ricerca. – In Italia, dal 2019 la maternità può essere fruita interamente dopo la nascita e, dal 2020, i giorni di paternità sono stati aumentati da 5 a 7. Si differenziano molto, invece, i periodi di congedo parentale e la retribuzione. Pochi Paesi non la prevedono, mentre nella maggior parte dei casi il dipendente riceve tra l’80 ed il 100% della retribuzione dal sistema previdenziale».

Uno sguardo sul resto dl mondo

In Usa, Messico, Panama, Perù, Cina Emirati Arabi e Kazakhistan, il congedo di maternità si attesta di massina intorno ai tre mesi tra astensione prima e dopo il parto. In l’India, sono previste 26 settimane, ma mancano il congedo di paternità ed i congedi parentali. Nessuno specifico congedo è concesso al padre anche a Panama e in Kazakhistan. Emirati Arabi e Cina, invece, non disciplinano i congedi parentali.

Leggermente più generosi i Paesi come Grecia, Colombia, Germania, Brasile, Lettonia, Romania e Russia collocati nella fascia con congedi “poco onerosi” in cui la maternità va dai 3 mesi e mezzo ai 5 mesi e sono previsti congedi parentali abbastanza estesi. La Germania, inoltre, non disciplina uno specifico congedo di paternità anche se dovrà adeguarsi alla recente direttiva Ue relativa “all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza”, che impone agli Stati membri di garantire ai padri un minimo di 10 giorni di congedo retribuito.

L’estremo opposto della mappa – con congedi “molto onerosi” – è rappresentato da paesi come Austria, Irlanda, Norvegia e Regno Unito, nei quali la maternità è vicina o addirittura supera l’anno e la paternità è sempre riconosciuta, oppure da paesi come la Repubblica Ceca dove i genitori possono chiedere fino a 3 anni di congedo.

Paesi come Italia, Lussemburgo, Danimarca e Francia, con maternità media intorno ai 5 mesi, paternità tra 5 e 15 giorni e congedi che oscillano tra i 6 mesi e l’anno, possono essere classificati in fascia media. In questi Paesi vi è il maggior equilibrio tra l’esigenza del lavoratore alla conciliazione vita-lavoro e quella del datore di lavoro, a cui non sono imposti obblighi troppo invasivi in materia di congedi di natura familiare. Nella stessa ottica, in Italia si sta studiando la possibilità di ampliare il congedo di paternità ad un mese. La proposta in discussione consiste nell’aumento della maternità obbligatoria da 5 a 6 mesi destinando, però, i 30 giorni aggiuntivi al padre.

Discorso a parte meritano quei paesi in cui è consentito ai genitori optare – al posto del congedo parentale – per una conversione del rapporto in part-time. In Italia, Nuova Zelanda, Austria e Finlandia avviene mediante una riduzione dell’orario di lavoro del 50%.

© Riproduzione riservata