Brutta notizia, bella figura

È possibile affrontare e uscire col sorriso anche dalle situazioni più imbarazzanti. A volte si possono addirittura ribaltare a proprio vantaggio. Basta sapere su quali leve agire e quali errori evitare. Prima di tutto, mai parlare di problemi, ma soltanto di soluzioni. Come ammettere di aver sbagliato senza rimetterci il posto

C’è quello del panino e quello della salsa. Oppure potete provare con l’hard. Sono alcuni fra i metodi più efficaci per affrontare le situazioni negative in ufficio e ribaltarle a proprio vantaggio. In qualunque scenario: che si tratti di dare una brutta notizia al proprio capo, confessare un problema con il collega o ammettere davanti a tutti di essere indietro col lavoro, c’è modo e modo di farlo. I più bravi, infatti, riescono a segnare un punto a loro favore anche in quelle situazioni che, normalmente, metterebbero a rischio la carriera di un normale impiegato. Come ci riescono? «Partiamo con una regola fondamentale: meglio non parlare di problemi, mai. Esistono solo soluzioni: i problemi hanno un grande limite, sono problematici; le soluzioni invece aprono a un futuro possibile e per questo sono benvenute», sintetizza con ironia Massimiliano Cardani, presidente dell’International Coach Federation Italia, una fra le più importanti associazioni di settore. «Si tratta di un principio molto simile a quello che sta alla base del coaching: nell’affrontare qualsiasi situazione, noi partiamo sempre esplorando ciò che abbiamo per poi creare valore individuando un obiettivo utile e sostenibile. Così nel comunicare un problema a un capo o un collega, la sua positiva accettazione deriva dalla capacità di proporre contestualmente soluzioni. E poi impariamo ad ascoltare, entrare in contatto empatico con il nostro capo creando le condizioni e il momento giusto per dargli la cattiva notizia». Una volta preparato il terreno, arriva il momento di usare alcune tattiche ben collaudate. Ecco le migliori.

Faccia a faccia con chi comanda

È una delle conversazioni più difficili, ma se riuscite a sostenerla vi sarete garantiti per sempre la sua fiducia. Partite descrivendo il problema – senza mai chiamarlo così – e gli impatti negativi che può avere sul business o sul clima aziendale, poi identificate subito una soluzione, sottolineando i benefici della vostra idea con esempi concreti. Infine, sfoderate l’arma segreta: fatevi carico del vostro piano d’azione, accettate la responsabilità e dimostrate il vostro impegno per ottenere il successo. Il vostro responsabile non avrà nulla da rimproverarvi, anzi.

Quando il boss deve sgridare usa la S.A.L.S.A.

Siete voi il numero uno e dovete dare un feedback molto negativo a un vostro collaboratore? Provate con la Salsa. «S come Setting, ovvero contesto: dovete trovare uno spazio tranquillo e riservato», ci spiega Stefano Verza, psicologo del lavoro e delle organizzazione, «poi A come Attenzione, per capire se il collaboratore è pronto a ricevere la notizia negativa, L di Linguaggio, perchè la comunicazione è il momento cruciale, bisogna dare la cattiva notizia in maniera semplice, lentamente, con frequenti pause che permettono di interiorizzare. S come Stile di relazione: occorre riconoscere le emozioni e le reazioni del collaboratore in modo empatico. L’ultima A: Accertarsi che il collaboratore abbia capito e non vi siamo differenze tra la sua percezione del problema e la situazione reale». Ma le persone, dopo un feedback negativo, cambiano veramente? «Certo», interviene Cardani, «ma devono verificarsi due condizioni: che lo vogliano veramente e se ne sentano capaci. E qui è soltanto il capo che può dare ai suoi collaboratori la forza per poter affrontare qualunque situazione».

Per dire a un collega che sbaglia, pensate al “panino”

Questa tecnica consiste nel presentare l’informazione spiacevole seguendo mentalmente la preparazione di un panino. «Prima uno strato alto e soffice di pane», continua Verza, «cioè la positività del collega, per esempio: tu sei sempre disponibile con tutti, ho lavorato bene con te nell’ultimo progetto. Poi il contenuto negativo: ultimamente avverto una certa ostilità ogni volta che ti chiedo un aiuto. Infine il secondo strato soffice di pane, la positività per il futuro. E qui dipende ovviamente dalla risposta del collega. Però genericamente potrebbe essere: so che la tua disponibilità al dialogo ci permetterà di chiarire il tutto in un attimo».

Come si affrontano i “mostri” da ufficio

Psicopatici, machiavellici e narcisisti: ecco i più frequenti mostri da ufficio, almeno secondo lo psicologo inglese Oliver James, autore di Office Politics: How to Thrive in a World of Lying, Backstabbing and Dirty Tricks. Gli psicopatici sono impulsivi, tesi e incapaci di socializzare, i machiavellici usano qualsiasi mezzo per raggiungere il loro scopo, mentre i narcisisti sono inguaribili vanitosi. Ma ci sono anche gli aggressivi, i perfezionisti e i paranoici. E sono tra noi. Come affrontarli? Provano a dare una risposta due studiosi, Alan Cavaiola e Neil Lavender, autori di Impossible to Please e Toxic Coworkers: trattate i narcisisti come bambini, prendete le distanze da chi vuole star sempre al centro dell’attenzione, tenete solo rapporti di gruppo con i perfezionisti, quelli che non riescono mai a finire un lavoro e che da soli è impossibile affrontare, evitate di fare battute con i paranoici, perchè loro vedono sempre un’ombra dietro tutto e tutti e opponete un serio rifiuto a quelli che, con la scusa di non essere all’altezza, vi scaricano il loro lavoro.

Ammettere davanti a tutti di essere indietro col lavoro si può

Quando non rispettate una consegna e questo blocca il lavoro degli altri, non ci sono scorciatoie: bisogna assumersi la piena responsabilità. Anche se, davvero, non è tutta colpa vostra. Guai a fare la vittima innocente, peggio ancora accusare i colleghi, il capo, o chissà quale circostanza imprevedibile e catastrofica. «Fosse anche vero che il vostro ritardo dipende da mille motivi», ci viene di nuovo in aiuto Massimiliano Cardani, «bisogna comunque mettersi nella condizione di far fronte alla situazione negativa e dire a tutti gli altri cosa potete fare in prima persona per rispondere alla sfida e trovare una soluzione. Insomma, ciò che potrebbe essere percepito come un fallimento diventa per voi l’occasione che avete sempre cercato: quella di dimostrare quanto valete. Assumersi le proprie responsabilità è una delle componenti essenziali della fiducia, così rara in troppe relazioni professionali».

Niente Sms per le cattive notizie

Una tirata d’orecchie via Sms o una e-mail di rimprovero: ecco come peggiorare le cose. Quando si tratta di richiamare all’ordine non c’è scorciatoia che tenga: bisogna farlo a voce e di persona. «Solo con le parole, faccia a faccia, si attribuisce dignità alla persona riconoscendole il suo valore», dice Matteo Testori, ad di Dialogica e professore alla Cattolica di Milano. In una parola: empatia. «Quella che troppo spesso manca negli uffici, con risultati disastrosi non solo sul clima aziendale ma anche per il business, perchè il costo di un impiegato poco coinvolto è elevatissimo. Secondo una indagine dell’americana Gallup, infatti, le aziende che investono nell’engagement crescono on media fino a quattro volte di più in borsa, con margini superiori del 26% e vendite su dell’86%».

Come gestire un capo che non sa farsi valere

Ciascuno ha il suo, di capo. E se il vostro non è capace di farsi valere con i suoi superiori, lasciando che le grande ricadano dritte su di voi invece di fare da filtro e dire no alle richieste più assurde che arrivano dall’alto? Semplice: dovete aiutarlo voi, basta anche una veloce Powerpoint nel quale elencate in maniera concreta, con numeri ed esempi, quale è il problema e quali le soluzioni, ciò di cui la vostra unità ha bisogno e come questo può contribuire al successo dell’azienda. Dategli in mano tutto ciò che gli serve per far valere meglio la sua autorità con i superiori, e per lui sarà più facile farlo.

Se gli altri parlano alle vostre spalle, diventate “hard”

Quando si viene presi di mira dai colleghi, quelli della peggior razza, le otto ore in ufficio possono trasformarsi in un vero inferno. A volte basta anche solo un pettegolezzo messo in giro ad arte. «Tentare di convincere gli altri della sua infondatezza può essere controproducente», spiega lo psicologo, «perché quando negate venite fraintesi, e molti la considerano un’ammissione di colpa. La strategia soft: affrontate direttamente chi vi parla dietro per informarlo che ne siete al corrente. Non funziona? Passate alla strategia hard: esagerate voi stessi la chiacchiera, arricchitela con particolari inverosimili, fatela crescere fino a diventare assurda e, proprio per questo, meno interessante.

Superare il solito raccomandato (e prendere il posto che vi spetta)

Va bene, i raccomandati esisteranno sempre, almeno rendiamogli la strada più difficile. Come? Niente trucchi: qui bisogna tirare fuori la grinta. Attenzione però a non sbagliare direzione. Lo dice un proverbio: non esiste il bravo lavoratore, esiste il lavoratore bravo per il suo capo. Cosa cerca il vostro? Nel dubbio ci viene in soccorso un’indagine Robert Half su un campione di circa cento responsabili delle risorse umane in aziende italiane: la preparazione e le competenze tecniche (44%), la capacità di lavorare in team (38%) e la dedizione al lavoro (34%) sono i principali aspetti che vengono valutati per un avanzamento di carriera. E se la promozione conduce a un ruolo manageriale sono indispensabili le doti comunicative, importanti per il 60% dei direttori del personale, l’integrità (44%) e la capacità di motivare (38%). Poi non dite che non lo sapevate.

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