E gli anni dieci? La parola agli esperti

Stabilire quali tecnologie prenderanno piede nei prossimi dieci anni è un puro esercizio di emissione di flatus vocis, e io non sono un venditore di fumo», risponde deciso quando...

“LO SO MA NON LO DICO” – Leonardo Chiariglione, ingegnere«Stabilire quali tecnologie prenderanno piede nei prossimi dieci anni è un puro esercizio di emissione di flatus vocis, e io non sono un venditore di fumo», risponde deciso quando gli si chiede cosa vede nella palla di cristallo Leonardo Chiariglione, ingegnere e ricercatore di fama mondiale a cui si deve l’ideazione del formato di compressione Mpeg, da cui sono derivati i principali standard per la trasmissione e la riproduzione di contenuti digitali multimediali. «Io ho dei piani in mente, però me li tengo per me e cerco di realizzarli. Ma non ha nessun senso dire dove andremo da qui a dieci anni. All’inizio del 2000 chi mai avrebbe potuto prevedere il fenomeno dei social network? Si può dire che lavoriamo su tecnologie che per il momento sono immature, ma che potrebbero trovare sfogo nell’arco di un quinquennio. Parlo per esempio di interfacce che si adattino a quello che le persone vogliono: al momento le interfacce sono un disastro. Bisogna che si evolvano senza stravolgere la user experience. La tecnologia deve essere customizzabile, in modo che sia l’utente finale a decidere come mette insieme i pezzi. Un pacco completo di soluzioni può avere successo, come Facebook, ma sono moltissimi i casi in cui pacchetti già confezionati sono stati rifiutati».

“DOMANI SARÀ NANO E BIO” – Roberto Vacca, futurologoIl punto di vista di Roberto Vacca, ricercatore e scrittore di fantascienza, prende le mosse dal rapporto dell’uomo con la tecnologia. «Temo che anche nei prossimi anni continuerà lo squilibrio tra la tecnologia che avanza a gran velocità e la capacità di utilizzarla da parte di un pubblico troppo spesso non competente. D’altra parte c’è una paura diffusa delle tecnologie che ne limita inesorabilmente la ricerca. Penso allo sviluppo delle nanotecnologie, delle biotecnologie, ma anche alla possibilità di modificare geneticamente alcuni organismi, ipotesi che per molte persone è ancora un vero tabù», continua Roberto Vacca. «Ma potremmo lavorare per modificare geneticamente gli alberi, affinché producano idrogeno da sfruttare per generare energia non inquinante. E pochi sanno che la sostituzione di tre geni nella pianta del riso, consentirebbe di arricchirlo di vitamina A. Avremmo in questo modo un prodotto grazie al quale si potrebbe arrivare a salvare dalla cecità circa 400 mila bambini che vivono nelle aree sottosviluppate del globo».

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