Quando la mostra diventa un brand

La Triennale di Milano

Roy Liechtenstein, Basquiat, Man Ray: sono passati tutti alla Triennale di Milano, uno spazio espositivo diventato vero e proprio brand. Al punto da riuscirlo a esportare come un prodotto genuino del made in Italy anche a New York, proprio davanti al MoMa, il museo più famoso al mondo. Qui, nel cuore di Manhattan, la Triennale ha aperto una sede, inaugurata con una mostra italiana su Giò Ponti. L’idea imprenditoriale ha diversi padri: dietro al progetto ci sono Roberto Manzoni, amministratore delegato di I Living Italy, Davide Rampello, il presidente della Triennale di Milano, i fratelli Alberto e Alessandro Falconi della società di brokeraggio e advisory Ibs Securities e lo svizzero Rocco Zullino, a capo della Banca Hottinger. Per partire sono serviti 5 milioni di euro e altri 2 e mezzo ne serviranno per la gestione ordinaria, soprattutto per pagare l’affitto da 1,9 milioni di dollari l’anno alla Paramount. Secondo alcuni calcoli, la società andrebbe in pareggio in un anno con 275 mila visitatori a 10 dollari il biglietto e un incasso di 137.500 dollari da bistrot e ristorante, altrettanti da caffetteria e 27.500 da merchandising e libri. Anche in questo caso, tutto dipende dalla capacità di offrire mostre-evento. Compito che resta in mano alla Triennale, che dovrà ideare il contenuto della mostra, affidando a terzi la gestione del marchio in cambio del 3% di royalties della biglietteria e dei servizi, oltre allo spazio per le mostre.

© Riproduzione riservata