La sponsorship è donna

Non solo tennis: la vela, più di altre discipline, sta diventando un laboratorio di progetti innovativi dedicati al target femminile. Nel settore dell’abbigliamento tecnico Nike celebra il gentil sesso mettendolo al centro della propria comunicazione pubblicitaria. E i cachet delle atlete continuano a lievitare. La classifica delle atlete più ricche del mondo

Nei prossimi anni lo sport parlerà sempre più al femminile. Le aziende, infatti, sono pronte a investire cifre a nove zeri su un target group altamente profilato e che spesso coincide, in altri settori come per esempio il largo consumo, con la figura del decisore d’acquisto. La comunicazione di questi brand, pertanto, è spesso finalizzata a far capire come determinati prodotti, soprattutto se tecnici, possono migliorare la vita delle consumatrici che conducono un’esistenza attiva o, meglio ancora, praticano sport. È il caso del marchio svedese Sca (tra i suoi prodotti Tena, Lotus, Tempo e Libero), votato a prodotti per il mercato femminile (può vantare un giro d’affari pari a 11,7 miliardi di euro e una rete vendita in 100 Paesi), che ha annunciato la sponsorizzazione di un progetto tutto in “rosa” per la prossima Volvo Ocean race, la gara velica no-limits in giro per il mondo (la prossima edizione è prevista per l’autunno 2014). Il team, composto dalle più forti veliste in ambito internazionale, si chiamerà “Atlant Ocean Racing” e scenderà in acqua con un nuovo monotipo di 65 piedi. L’ultima edizione della Volvo Ocean race che ha visto la partecipazione di un team di sole donne è stata quella del 2001/2002, quando Lisa Charles guidò (nel ruolo di skipper) Amer Sports Too, mentre il primo team di veliste a prendere parte è stato quello di Maiden affidato a Tracy Edwards nell’edizione 1989/1990. La vela è tradizionalmente un ambiente maschile, ma sta attraendo sempre più aziende sponsor perché l’idea di una sfida “rosa” scatena la fantasia degli addetti ai lavori, e soprattutto quella degli esperti di marketing, pronti a mettere in campo campagne pubblicitarie ad hoc, giocando sull’eterno confronto tra uomo e donna. «Nell’autunno 2007 un team sempre di veliste ha rischiato di essere iscritto a una edizione della Coppa America», spiega Alberto Morici (socio e co-fondatore del progetto Fuxia Challenge). «L’idea era semplice quanto impattante: un’imbarcazione di atlete, il top del ranking internazionale, su una barca dal design innovativo, giocando su un’accoppiata fashion sotto il profilo cromatico (la barca avrebbe presentato uno scafo nero, argento e fucsia appunto, nda) e sulla presenza di aziende produttrici di beni e servizi che hanno come target le donne. L’agenzia di sports-marketing SportFive (la stessa scelta dalla Juventus per la titolazione del nuovo stadio) era pronta a investire 25 milioni di euro su Fuxia Challenge, ma la querelle legale tra Ernesto Bertarelli, patron di Alinghi, e Larry Ellison (suo sfidante) fece naufragare l’idea di una squadra tutta al femminile… Cinque anni più tardi questa idea scenderà in acqua nella Volvo Ocean race». Resta però ancora molto da fare, avverte Morici. E aggiunge: «Lo sport femminile di alto livello può diventare una incredibile piattaforma di comunicazione e marketing per le aziende sponsor e le consumatrici sono inevitabilmente portate a identificarsi in un progetto che le vede a livello sportivo coinvolte idealmente. C’è un processo di identificazione valoriale che può portare inevitabilmente all’acquisto del prodotto dell’azienda sponsor impegnata in una sfida “rosa”. Chi lo capirà per primo svilupperà fatturati a nove cifre».

NIKE CELEBRA IL FATTORE “D”

Il marchio americano ha festeggiato quest’anno il 40° anniversario dedicato all’ingresso delle donne nel mondo dello sport, con un film dal titolo Voices. Quattro storiche campionesse, di diverse generazioni, hanno raccontato la loro storia e il loro obiettivo comune: realizzare il proprio sogno affrontando le numerose difficoltà della vita (inclusi i sacrifici dell’allenamento). Nike ha dato così voce a un poker di eroine dello sport in rosa: Joan Benoit Samuelson, la prima medaglia d’oro femminile nella maratona alle Olimpiadi 1984 a Los Angeles; Lisa Leslie, quattro medaglie d’oro e “pioniera” della Wnba (la lega basket femminile); Marlen Esperanza, una campionessa femminile nel mondo della boxe e membro del Women’s Boxing Team; Diana Taurasi, di origini italiane, due medaglie d’oro e anche lei campionessa della Wnba. Il video è stato lanciato nello scorso mese di giugno sulla pagina Nike Women Facebook e successivamente trasmesso da Espn e Abc Family. Il film ha raggiunto un successo insperato, stimolando più di 100 mila tweet con l’utilizzo dell’hashtag (#GameOnWorld e #MakeTheRules) e generando 12 milioni di impression. In questo modo sono state incrementate le conversazioni sui social media, dando vita a una community tra donne provenienti da diversi Paesi che praticano quotidianamente sport.

LE PIÙ PAGATE

1

MARIA SHARAPOVA

22 milioni di dollari

2

CAROLINE WOZNIACKI

12,5 milioni di dollari

3

DANICA PATRICK

12 milioni di dollari

4

VENUS WILLIAMS

11,5 milioni di dollari

5

KIM CLIJSTERS

11 milioni di dollari

6

SERENA WILLIAMS

10,5 milioni di dollari

7

YUNA KIM

10 milioni di dollari

8

LI NA

8 milioni di dollari

9

ANA IVANOVIC

6 milioni di dollari

10

PAULA CREAMER

5,5 milioni di dollari

VERE RE MIDA “IN GONNELLA”

Abbigliamento sportivo, acque minerali, orologi di lusso e telefonia. Sono i principali settori che investono sulle atlete-top a livello mondiale. Per il settimo anno consecutivo, secondo la classifica stilata dalla rivista Forbes, è Maria Sharapova l’atleta più ricca del mondo (22 milioni di dollari equamente distribuiti tra premi-gara e contratti pubblicitari). La campionessa siberiana è donna-immagine di grandi aziende come Nike, Samsung, Evian, Tag Heuer, Tiffany & Co.. Per capire le potenzialità di questa atleta, unica nel suo genere, basti pensare all’operazione “Sugarpova”, una nuova linea di caramelle, gomme da masticare (un prodotto ha la forma di palle da tennis) e canditi, giocando sul nome “sugar” e su quello della tennista. Al secondo posto c’è la collega Caroline Wozniacki (12,5 milioni di dollari), testimonial mondiale di Adidas e dei vestiti creati da Stella McCartney (designer della casa tedesca) fuori dalla “terra rossa”. Dietro alle due tenniste, c’è la sexy campionessa del volante Danica Patrick (12 milioni di dollari e contratti pubblicitari con Tissot, Coca-Cola Zero e Hot Wheels) che, grazie alla partecipazione alle 500 miglia di Indianapolis (una delle gare-evento dei motori in America), precede altre due regine dello sport con racchetta: Venus Williams (11,5 milioni di dollari) e Kim Clijsters (11 milioni di dollari). Serena Williams è sesta (10,5 milioni) davanti a una pattinatrice sul ghiaccio: la sud-coreana Yuna Kim (10 milioni). Se Serena Williams punta in termini di comunicazione esclusivamente su Facebook e Twitter, la sorella Venus è molto più marketing oriented. È legata a un poker di sponsor (Eleven, Wilson, Jamba Juice e V-Starr). Il suo futuro al termine della carriera è nell’arredamento, ed è per questa ragione che ha aperto una azienda (V-Starr) specializzata in progetti di design per interni per università e alberghi del calibro della catena Intercontinental. Nella top ten è presente anche la tennista cinese Li Na, vincitrice in carriera di una edizione storica del Roland Garros (ha guadagnato nell’ultimo anno circa otto milioni di dollari). Subito dietro c’è un’altra tennista, la bella e forte Ana Ivanovic (sei milioni di dollari), sotto contratto con Rolex, Technogym, Adidas e Yonex. L’ultimo posto sul tetto del mondo in rosa spetta alla golfista americana Paula Creamer (5,5 milioni di dollari), famosa per i capelli color rosa (è sponsorizzata da Adidas e Taylor Made).

IL RISCHIO GHETTIZZAZIONE

Se la vela, in controtendenza con altre discipline, ha mostrato di voler utilizzare le sponsorizzazioni sportive come piattaforma di marketing per sensibilizzare un target, quello femminile, abitualmente predisposto a messaggi pubblicitari o a consigli per l’acquisto, in altri sport non c’è stato questo “sdoganamento” automatico. Se pensiamo al calcio, per esempio, solo nel Nord America e in alcuni Paesi dell’Europa il pubblico femminile inizia ad attrarre sponsor e network Tv. In occasione dei grandi eventi, come Mondiale e Olimpiade, c’è sicuramente un maggiore volano mediatico, ma non si riesce ancora a uscire dalla banalità delle immagini da calendario, e dallo stereotipo delle sexy-atlete, non riconoscendo tra l’altro a queste ultime una dignità pari a quella dei colleghi uomini. Lo sport, quindi, è sempre più nel segno delle donne. Ma non sono ancora molti gli sponsor che vi investono in modo diretto. Da questo punto di vista, le declinazioni al femminile delle pagine di Facebook di Nike (oltre 1,4 milioni di fan) e Adidas confermano come alcune realtà, specie dell’abbigliamento sportivo, sono pronte più di altre a dare centralità al movimento sportivo “in gonnella”. E sicuramente ne trarranno beneficio, a differenza di quei marchi che, invece, continuano a investire solo sul fronte maschile, senza capire il cambiamento dei tempi e soprattutto la crescente importanza del target rosa per il marketing e la comunicazione dei brand.

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