Essere grandi non basta a fare utili: il caso Nestlé

La multinazionale svizzera avvia un buyback da 18 miliardi e pensa alla cessione di alcune partecipazioni non strategiche per aumentare i dividendi

Nestlé avvia un maxi buyback da 20 miliardi di franchi svizzeri (18,3 miliardi di euro, il 7% del valore) che si completerà entro il 2020. Il programma, che potrà essere riadattato in caso di acquisizioni, punta a ottenere un apporto tra debito netto e margine operativo lordo di circa 1,5 per la fine del triennio. La multinazionale svizzera sembra rispondere così alle sollecitazioni di uno dei suoi azionisti, Third Point, che aveva chiesto al gruppo di aumentare i margini. Tra le proposte c’è anche quella di cedere le partecipazioni non strategiche, come la quota in L’Oreal che vale 25 miliardi, per concentrarsi su attività in forte espansione come Nespresso per aumentare l’ebit dal 15,3% dei ricavi (dato 2016) fino al 18-20%.

Nestlé avvia un buyback da 18 miliardi

Con una quota dell’1,3% del capitale, pari a 3,3 miliardi di euro, Third Point è il quinto azionista dopo altri fondi istituzionali come Norges, Vanguard, Ubs e Capital. L’annuncio ha portato subito un rialzo delle azioni del 4,3%, in attesa del prossimo piano istituzionale. Quello della redditività è un punto aperto dopo cinque anni sotto le attese, nonostante ricavi in crescita e costi in calo (con molti tagli, tra cui quelli annunciati anche in Perugina). Nel frattelo, la rivale americana Mondelez fa più utili nonostante un margine operativo lordo pari alla metà di quello di Nestlé. E il fenomeno riguarda tutto il settore: Unilever – che ha detto no al matrimonio con Kraft Heinz – ha annunciato un piano di crescita da +1% nei margini, proprio come Danone.

Articolo modificato il 28/06/2017 alle ore 15.58

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