Dal mining sugli asteroidi all’agricoltura: i vantaggi della Space Economy

L’economia dello spazio rappresenta il futuro e l’Italia è tra i Paesi più competitivi in questo settore e punta a giocare un ruolo da protagonista principale

L’economia del futuro volerà nello spazio. Anche quando manterrà i piedi ben saldi a terra. Il cosmo è una vera e propria miniera di opportunità, non solo di business, ma anche per salvaguardare il nostro Pianeta, sempre più in emergenza ambientale, e aiutare i Paesi in via di sviluppo a porre le basi per un futuro di crescita sostenibile. Le buone notizie sono due. La prima è che l’Italia è competitiva in questo campo. La seconda è che, in netto contrasto con quanto avviene sulla Terra, nello spazio la cooperazione internazionale è una costante e i trattati che regolano lo sfruttamento del cosmo vengono mediamente rispettati da tutti i Paesi, inclusi quelli, come la Cina, che sul pianeta tendono a fare sentire con forza la loro prevalenza.

Ma che cos’è l’economia spaziale? E perché nel futuro sarà così importante? Business People ne ha parlato con Simonetta Di Pippo, astrofisica, che in passato ha ricoperto ruoli importanti nell’Agenzia Spaziale Italiana, in quella Europea e alle Nazioni Unite e che dallo scorso marzo è diventata direttrice dello Space Economy Evolution Lab (SEElab), il laboratorio di SDA Bocconi fondato nel 2018, proprio per studiare l’economia dello spazio e le ricadute economiche delle attività spaziali. «L’economia dello spazio», esordisce Di Pippo, «è l’insieme delle attività che generano valore sia nel settore spaziale in senso stretto che in tutti gli altri ambiti che in qualche modo beneficiano dello spazio». Il concetto di spazio, quindi, è oltremodo dilatato, soprattutto se si pensa a quanto le nuove tecnologie abbiano rivoluzionato l’osservazione della Terra, le telecomunicazioni e la geolocalizzazione. Variabili dalle quali dipendono molti settori produttivi, anche, in qualche caso soprattutto, quelli che con l’economia dello spazio apparentemente non hanno nulla a che vedere. Al SEElab lo hanno capito benissimo e con la loro attività costruiscono letteralmente il mondo di domani, anche quello economico. L’obiettivo è quello di diventare un centro di ricerca a livello mondiale, creando sinergie fra istituzioni, mondo accademico, privati e anche la società civile. Perché, per costruire il futuro, bisogna coinvolgere un numero di attori il più ampio possibile.

Le direttrici sulle quali muoversi sono tante, così come le opportunità. Sul medio lungo termine, il SEElab mantiene fede al focus per il quale era stato fondato quattro anni fa da Andrea Sommariva, ossia lo sfruttamento delle risorse spaziali, che consiste nel lavorare su tecnologie che possano essere lanciate nel deep space per raccogliere materie prime che sulla Terra scarseggiano e possono essere causa di guerre o tensioni. «Per esempio», spiega ancora Di Pippo, «immaginiamo di riuscire ad arrivare su un asteroide. Qui potremmo raccogliere cobalto, nichel, platino, oro. Materiali fondamentali per le tecnologie del futuro. Il mining nello spazio è sicuramente uno degli obiettivi principali sul medio-lungo termine. Ma non dobbiamo dimenticare che siamo tutti vincolati a trattati internazionali ben precisi, soprattutto l’Outer Space Treaty, che definisce lo spazio come “provincia dell’umanità”, in altre parole, un “bene comune”, che non può essere appannaggio di una nazione in particolare e che deve essere preservato per le generazioni future».

E, a proposito di futuro, c’è un altro tema che sta particolarmente a cuore alla nostra interlocutrice: il clima. È proprio dall’alto, dal molto alto, che ci si può rendere conto di quello che non va sulla Terra, grazie a satelliti dalle tecnologie sempre più sofisticate e i dati, molti liberi e gratuiti, messi a disposizione da piattaforme americane ed europee. Basti pensare che più della metà delle 54 variabili climatiche selezionate dalla World Metereological Association possono essere monitorate in modo preciso e continuato dallo spazio. Questo apre una miniera di opportunità. «Sono obiettivi a breve termine», sottolinea Di Pippo, «ma sono obiettivi importanti, dove le infrastrutture spaziali possono dare un grande contributo. Con un utilizzo corretto del dato spaziale, si possono aiutare, per esempio, Paesi che non hanno satelliti in orbita, ma possono utilizzare quelli degli altri per dare impulso a uno sviluppo socioeconomico sostenibile: azzerare la povertà, un corretto utilizzo del suolo, smart city. Lo spazio può diventare un acceleratore di questi processi».

Non a caso, tra i settori solo apparentemente estranei all’economia spaziale, ma che invece possono essere molto interessati e progredire grazie a questo mega trend c’è, in testa, l’agricoltura, che, per tornare al discorso iniziale, è purtroppo anche una delle pratiche che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico. I sistemi satellitari possono rivelarsi alleati molto preziosi per monitorare quello che accade e aiutare gli agricoltori a ridurre l’uso dei fertilizzanti e razionalizzare l’impiego di acqua. Il futuro è roseo, quindi, ma bisogna lavorarci. E tanto. La buona notizia è che l’utilizzo dello spazio è già caratterizzato da un ambiente regolatorio strutturato, dove tutti i Paesi con un programma spaziale sviluppato rispettano le regole. Lo sforzo ulteriore deve essere quello di rendere partecipi anche quelle nazioni che non hanno ancora ratificato i trattati internazionali, coinvolgendole nel comitato delle Nazioni Unite che se ne occupa, per incrementare a livello internazionale un atteggiamento ancora più responsabile. Si può e si deve comunque migliorare. E Simonetta Di Pippo lo spiega bene. «Va indicato un elemento: ci sono operatori privati che stanno programmando di lanciare migliaia e migliaia di satelliti, le cosiddette “mega costellazioni”.

Uno di questi è Elon Musk con la Starlink ne ha già lanciati intorno ai 2 mila e prevede di arrivare a 13 mila. Ma ci sono tante altre iniziative. Al momento abbiamo circa 8 mila satelliti operativi, è chiaro che più il numero aumenta più si rendono necessarie misure che permettano un rientro controllato nell’atmosfera e una loro gestione in orbita. La cosa fondamentale è fare approvare un coordinamento per il traffico spaziale, che ritengo debba essere gestito dalle Nazioni Unite. I lavori sono in corso da tempo. La “diplomazia spaziale” può essere un grande strumento anche per far collaborare Paesi che sulla Terra hanno qualche difficoltà a parlarsi. La vita sulla stazione spaziale internazionale non ammette conflitti: tutti devono lavorare nel rispetto di tutti. In gioco non c’è solo la vita degli astronauti, ma la riuscita della missione. E il clima è sempre di grande collaborazione».

Sopra il cielo, insomma, c’è un mondo. E l’Italia è letteralmente sulla rampa di lancio per raggiungerlo. Anche qui, però, c’è da lavorare. Secondo la professoressa Di Pippo, occorre muoversi su due strade. La prima è l’approccio multidisciplinare allo spazio, con la creazione di professionalità ben precise che sappiano accostarsi a questa sfida così importante con tutta la poliedricità del caso, pur mantenendo la loro preparazione di base. SEElab di Bocconi, prima realtà in Italia con questa filosofia, ha proprio questo come obiettivo: formare professionisti che, oltre alla loro competenza verticale, ingegneristica, aerospaziale, giuridica o altro, sviluppino una conoscenza di tutti i sotto-settori che compongono l’economia spaziale. C’è poi il secondo aspetto, al quale Simonetta Di Pippo tiene particolarmente: «Bisogna lavorare tutti per lo stesso obiettivo. La competizione è importante, ma è necessaria una visione coesa e olistica a livello nazionale. Solo così potremo arrivare dove, secondo me, l’Italia merita di stare, ossia al top. In 35 anni di attività professionale ho maturato la convinzione che la diversità sia un valore aggiunto. Vale in tutte le situazioni, anche nello spazio».

© Riproduzione riservata