S&P: «Italia fuori dalla recessione». Ma non basta

L'avvertimento dell'agenzia: «La ripartenza è lenta». Colpa di produttività e salari, ma anche delle sofferenze bancarie e del debito pubblico

Standard&Poor’s lo certifica: «L’Italia è fuori dalla recessione». Ma non basta, anzi. L’analisi dell’agenzia di rating sull’economia italiana è impietosa: la ripartenza è debole, i consumi non sono ripartiti, la produttività fatica a risalire (confronta i dati Ocse). «Dopo tre anni e mezzo di recessione, finalmente l’economia italiana si sta muovendo fuori dalla recessione», dice S&P in un report. «Ma nonostante i consumatori italiani abbiano ricevuto gli stessi benefici sulla bolletta energetica, la crescita delle spese è rimasta inferiore alle altre maggiori economie, Spagna in particolare».

JOBS ACT LENTO. In particolare sotto accusa per la mancata ripresa finiscono i salari, per nulla ripartiti anche se la bassa inflazione alla fine dei conti fa apparire in crescita i dati sul salario reale. Tutta colpa della produttività, ferma ai dati del decennio scorso: «Anche se è ancora presto per trarre conclusioni, sembra che il Jobs Act introdotto a marzo sarà lento a mostrare i suoi effetti», scrivono gli esperti. ICon la disoccupazione che non sembra destinata a scendere in tempi brevi, dunque, le prospettive di ripresa del potere d’acquisto non sono positive: +1% nel 2015 e +1,3% nel 2016,(+0,5% quest’anno e vicini al +1% nel prossimo biennio i consumi).

EXPORT FRAGILE. Capitolo a parte merita il commercio estero: l’export risale – ma meno dei concorrenti europei (Germania, Francia o Spagna) e soprattutto punta molto (20%, la Francia è al 16%) sui Paesi emergenti la cui crescita sempre più fragile: «Stimiamo che la domanda estera di prodotti italiani salirà del 2,6% quest’anno, meno del 2014 (4%) vista la continua decelerazione della Cina, e del 3,7% nel 2016», dice S&P. Le uniche note positive arrivano dunque da investimenti privati e scorte, soprattutto nell’edilizia, in crescita dopo sette anni di crisi.

COMPETITIVITA’ E SOFFERENZE. «La crisi globale dopo il 2008 ha colpito l’economia italiana in modo grave. Anni di declino nella formazione di capitale hanno colpito il potenziale di crescita e la competitività dell’economia. La crescita dei salari al di sopra di quella della produttività ha aggiunto un elemento a questo deterioramento», conclude il report, «Il settore bancario ha visto la propria redditività danneggiata dal triplicare dei crediti deteriorati. L’aumento del debito pubblico ha imposto al settore pubblico limiti invalicabili alla capacità di riportare vitalità all’economia. Dalla fine del 2014 ci sono stati segni di ripresa. Ma sarà molto lunga la strada per tornare a tassi di crescita del Pil anche solo superiori all’1,5%».

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