Nella bolla della finanza rossa i consumatori rischiano 9 miliardi di risparmi

Le avventure nelle banche (Montepaschi e Carige) e in Unipol hanno reso fragile il sistema che dovrebbe garantire i prestiti degli associati. Sarà la prossima bolla a esplodere?

Nel gioco della finanza rossa, a perdere potrebbero essere i risparmiatori italiani: in ballo ci sono 9 miliardi di risparmi del prestito sociale alle Coop. Il sistema è in difficoltà, ma le ragioni della fragilità finanziaria sono altre. Il legame tra le Coop e la finanza si è dimostrato deleterio visti gli investimenti pericolosi in Mps e Carige, tanto che questa potrebbe essere la prossima bolla a esplodere nella nostra economia.

Prestito sociale Coop, la prossima bolla è quella della finanza rossa?

La questione ruota attorno al prestito sociale, cioè i soldi degli associati su cui le Coop pagano gli interessi. Bankitalia non ha potere di vigilanza e già in passato Coop Carnica e Trieste hanno lasciato un buco di alcune decine di milioni nelle tasche dei risparmiatori. «Il problema è che i tassi sono inferiori ai rischi che si corrono», dice Alessandro Pedone di Aduc, una delle associazioni di consumatori impegnata su questo fronte. «Se queste coop emettessero obbligazioni sul mercato dovrebbero pagare tassi due o tre volte più alti».

«Il prestito non è raccolta pubblica di risparmio, come ha chiarito Bankitalia. È un istituto legittimo, remunerativo per i soci che soggiace ad una regolamentazione rigorosa», è la replica di Stefano Bassi, presidente dell’Associazione nazionale delle Coop di consumo. «È intenzione delle coop procedere ulteriormente con altri strumenti sul fronte della vigilanza, controlli e garanzie».

Regole ai limiti

Il problema riguarda le cifre. Bankitalia, per esempio, chiede che il prestito sociale non superi tre volte il patrimonio netto. Ebbene, nel caso di Unipol siamo a cinque volte il valore in Borsa del titolo della capogruppo, Unipol Gruppo Finanziario (Ugf). Tutto ruota attorno al ruolo di Holmo, holding delle coop e azionista di Finsoe, che a sua volta controlla Ugf con il 31,4%: è il valore di quest’ultima il vero problema, visto che subisce oscillazioni amplissime nei stessi bilanci infragruppo, come ha scoperto la Stampa.

E così Alleanza 3.0 – la più grande coop di consumo italiana che gestisce i supermercati Coop tra Emilia, Lombardia e Veneto – portando la partecipazione in Finsoe al prezzo di mercato registrerebbe 643 milioni di euro di buco. E Unicoop Tirreno, attiva nella Costa toscana e nel Lazio e appena beneficiata da un salvataggio da parte delle altre coop per 175 milioni di euro, perderebbe altri 113 milioni violando i parametri di Bankitalia.

A rovinarsi con Montepaschi è stata Coop Centro Italia (Umbria, bassa Toscana e Abruzzo), che ha ancora in pancia 86 milioni di euro di controvalore che oggi valgono zero: un macigno per un gruppo da 173 milioni di patrimonio netto e un prestito sociale da 504 milioni. Coop Liguria valorizza a bilancio il suo 1,4% per Banca Carige come se l’istituto valesse 1,4 miliardi, a fronte di un valore complessivo attuale di appena 200 milioni. In questo caso l’azzeramento non comporterebbe rischi immediati, ma di certo non sarebbe una bella figura.

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